Dobbiamo molto a quel 18 aprile del 1948, il giorno della scelta per gli italiani. E, fortunatamente, fu quella azzeccata con la piena collocazione nel mondo della libertà, della democrazia e del libero dispiegarsi delle autonome dinamiche della società civile. Per questo lo ricordiamo come un vero e proprio spartiacque in un mondo già diviso in due dopo la calata della cosiddetta “cortina di ferro” in tanti paesi dell’Europa dell’Est che passarono dalla terribile occupazione nazista sotto il ferreo dominio dell’ideologia comunista d’impronta sovietica.
Gli elettori optarono per una visione pubblica non ideologica, ma programmatica ed improntata alla valorizzazione del pluralismo politico, sociale ed economico. Non si trattava solamente di lasciare l’Italia indenne dai drammi provocati già allora dalla ideologia marxista leninista in una buona parte d’Europa, cosa che portava di conseguenza la collocazione atlantica e la scelta per l’Occidente. Quel 18 aprile servì a collocare il Paese pienamente nel solco della Carta costituzionale entrata in vigore poco più di tre mesi prima.
Non abbiamo la controprova di quel che sarebbe successo se avesse vinto il fronte contrapposto ad Alcide De Gasperi che di quella vittoria fu il principale protagonista. Consapevole della necessità di sconfiggere gli avversari della democrazia sul terreno della democrazia. E questo spiega le sue successive resistenze ai numerosi tentativi di venire meno al fermo, ma sempre pieno confronto democratico.
Quella vittoria rese possibile la trasformazione dell’Italia uscita dalle macerie della guerra e del ventennio fascista. Una trasformazione cui De Gasperi credette sempre e che concretizzò sulla base di una visione politica che possiamo definire animata dallo spirito di coalizione. Dal giorno dopo quel 18 aprile, avrebbe potuto governare da solo, ma egli non ci pensò un minuto a scartare questa ipotesi. Pure resistendo a quell’ala interna che la pensava diversamente. Certo non per un istinto di sopraffazione, bensì per accentuare la carica della trasformazione. Ma, come disse nel 1973 Aldo Moro, era necessario invece esorcizzare evitare ogni rischio di cadere nell’integralismo.
Oggi, tanta acqua è passata sotto i ponti e molti, e vigorosi, sono stati i colpi portati a quello spirito che favorì e consolidò il 18 aprile di allora. L’Italia, invece, avrebbe bisogno di tornare al rispetto sostanziale della Costituzione e di una dialettica politica diretta alla ricerca del Bene comune e basata sulla valorizzazione di tutte quelle forze vive che sono presenti nella società.