Letizia Moratti e Luciano Violante hanno due storie molto diverse tra di loro. Eppure, su Il Corriere della sera si sono ritrovati con gli stessi sentimenti attorno al significato del 25 aprile. A conferma della sua forza fondativa. E a smentita di tutti coloro che, come scrivevamo ieri (CLICCA QUI), vogliono continuare a considerare il Giorno della Liberazione dal nazi – fascismo come divisivo. In realtà, perché c’è chi ancora vuole mantenere viva una divisione in un Paese che ha bisogno di trovare sempre più le radici comuni di una scelta per la libertà, per la democrazia e per la giustizia sociale.
Letizia Moratti, che ha sempre partecipato alle celebrazioni di questo giorno, forte anche del fatto che suo padre, Paolo Brichetto, fu partigiano e, per questo, deportato a Dachau, si è detta triste per il fatto che “mentre
divampa una guerra per la libertà alle porte dell’Europa, non si riesca a cogliere il significato profondo del 25 Aprile,
che invece andrebbe celebrato da tutti, come il 4 luglio negli Stati Uniti”. A suo avviso il 25 aprile rappresenta una
“pietra miliare del nostro percorso storico. È stato il momento in cui gli italiani hanno deciso di voltare pagina, hanno preso in mano il proprio futuro e si sono liberati: dalla dittatura, dal razzismo, dalla guerra. E hanno fondato una repubblica democratica”.
Secondo Letizia Moratti il riconoscimento del valore di questa giornata deve riguardare la destra come la sinistra e, forse, “dovremmo ripartire dalle città e dalle valli liberate una dopo l’altra dai partigiani e dichiarate allora repubbliche: ecco, si potrebbe partire da lì per riprendere il filo di questa storia e far riscoprire il concetto di libertà e il significato della conquista della repubblica democratica a chi ancora fa fatica a coglierlo. E si tratta di un momento glorioso, patriottico».
Il rischio, infatti, è che alle nuove generazioni giunga solamente l’offuscamento lasciato dalle “strumentalizzazioni superficiali”.
Alla possibilità che il 25 aprile diventi davvero quel che il 4 luglio rappresenta per tutti gli americani, o il 14 luglio dei francesi, fa riferimento anche Luciano Violante, secondo il quale solo una “miscela di ignoranza, presunzione e
nostalgia alimenta lamentose polemiche, per fortuna sono sempre più marginali».
Secondo l’ex Presidente della Camera, sarebbe “un errore bollare Meloni come postfascista, e che è invece a capo di un partito conservatore” perché, a suo avviso, “Giorgia Meloni è estranea al fascismo; sta lavorando per costruire un
partito conservatore italiano. Non sarà mai il mio partito, ma spero che ci riesca. Supererà le nostalgie retrograde
esistenti a destra, e a sinistra, spero, ci si dovrà decidere a costruire un grande partito riformatore”.
In riferimento alle recenti dichiarazioni di Ignazio La Russa sul fatto che nella Costituzione non ci sia una dichiarazione di antifascismo, Violante ricorda che la “Costituzione punisce la ricostituzione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista; riconosce e tutela inoltre tutte quelle libertà che furono soppresse dal fascismo. Mi pare evidente dove stia la verità».
Secondo Violante, il problema non è oggi costituito dai pochi nostalgici intenzionati a difendere il fascismo, bensì dai “rigurgiti di razzismo, antisemitismo, di violenza sui più deboli. Bisogna combattere questi sentimenti chiamandoli con il proprio nome. Parlare di fascismo non è sbagliato, ma alimenta un conflitto puramente ideologico che ci allontana dai fatti e non ci permette di contrastare efficacemente queste degenerazioni”.