Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha ricordato il cinquantesimo anno di nascita delle Regioni sottolineando il ruolo svolto  per l’ampliamento delle basi democratiche del Paese e il rafforzamento del “carattere pluralista delle sue istituzioni” ( CLICCA QUI ).

E’ indubbio da considerare anche come, in quel contesto storico, si posero le condizioni per l’ulteriore inserimento dell’allora Partito comunista nel processo di allargamento democratico e di un altrettanto ulteriore allontanamento di quel partito dall’Unione Sovietica. Il Pci si trovò a partecipare alla gestione della cosa pubblica in importanti regioni soprattutto del centro nord, poi anche del Lazio, e maturò una maggiore consapevolezza sulla complessità dei processi di gestione della cosa pubblica. Dopo una prima immediata preoccupazione, nazionale e internazionale, si capì che l’insistenza di Aldo Moro nel dare vita al sistema di regionalizzazione aveva una sua ragione di logica politica, oltre che costituzionale, e rafforzava il complessivo quadro democratico.

Il Presidente Mattarella ha fatto bene a ricordare che con l’istituzione delle Regioni si concretizza la visione opposta a quella del possibile “carattere autoritario e centralista dello Stato, inasprito dal regime fascista” e si sancisce  che il “principio di autonomia, delle Regioni e degli enti locali, è alle fondamenta della costruzione democratica, perché appartiene al campo indivisibile delle libertà e costituisce un regolatore dell’equilibrio costituzionale”.

Il Capo dello Stato, e non poteva essere altrimenti nella stagione del Coronavirus che ancora ci funesta, ha indicato una possibilità di ripresa legate alla forza che può venire dalle Regioni e dalle autonomie degli enti locali e ha sostenuto che “decisiva sarà la capacità di tenere insieme pluralità e vincolo unitari”. Siamo di fronte alla corretta interpretazione di un ruolo qual è quello del Presidente della Repubblica quale garante e sostenitore dell’unità nazionale e ad un garbato critico riferimento a tutte quelle pulsioni autonomiste e separatiste che in qualche modo persistono, anche se chiaramente smentite dalle vicende legate al Covid 19.

Dopo 50 anni, assieme alle luci, emergono con una certa nitidezze anche le problematicità di un assetto istituzionale che necessità di una vera e propria risistemazione. Alessandro Diotallevi, che ha coordinato il gruppo di lavoro di Politica Insieme dedicato alle istituzioni e all’autonomia, questione seguita particolarmente da Alessandro Risso dei Popolari del Piemonte, ci ricorda come “le regioni – con il loro ruolo legislativo, di programmazione e controllo – hanno mantenuto e persino aumentato negli ultimi anni competenze gestionali per loro improprie, diventando ancor più ipertrofiche”.  E’ quindi necessario che  un  equilibrato sistema delle autonomie locali rifugga sia il centralismo statale sia il neocentralismo regionale. La sostanza è che “le regioni devono quindi ‘dimagrire’ girando coerentemente alle Province molte sacche residue di gestione amministrativa, evitando anche inutili sovrapposizioni di competenze” ( CLICCA QUI ).

Quanto sia importante la questione regionale è del resto confermato dal fatto che la Corte costituzionale deve nella gran maggioranza dei casi sollevati affrontare proprio questioni che riguardano  le competenze delle Regioni e i loro rapporti con lo Stato centrale.

Allora, è necessario che si metta mano a questioni non più eludibili da Politica Insieme ricordate con le con le conclusioni cui è giunto il già citato relativo gruppo di lavoro e che faranno parte del documento politico programmatico in preparazione in vista dell’Assemblea costituente di un “nuovo” soggetto politico d’ispirazione cristiana.

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