7 ottobre una davvero brutta ricorrenza. Una data simbolo per tutti carnefici e vittime, una data che segnerà la nostra storia e quella del Medio oriente. E del resto, come potrebbe essere altrimenti dopo i 1200 morti provocati da Hamas che ha ancora ostaggi tra le mani, ed oltre 42 mila, di cui una gran parte donne e bambini, uccisi sotto le macerie della pressoché distrutta totalmente Gaza? E poi si aggiunge tutto il resto che sta accadendo in questi giorni nel Libano e con il crescente scontro tra Israele e Iran.
Come nasce tutto questo? Semplice. Nasce quando un popolo decide che una certa terra è stata a lui promessa dal suo dio. A questo punto, agli altri abitanti di quella terra vengono proposte tre possibilità:
1 vivere sotto il dominio di quel popolo;
2 andare via;
3 perire.
La risoluzione ONU del ’48 prevede due popoli, due stati e Gerusalemme a statuto speciale internazionale con un referendum da tenersi dopo dieci anni. Ma la comunità internazionale sa che il punto vero in quei luoghi è il controllo di Gerusalemme e levare o rimandare nel tempo la questione tra i contendenti è essenziale per un miglioramento della situazione.
Oggi Gerusalemme è la capitale dello stato di Israele. Non solo. Quella parte di territorio destinata ad una certo controllo palestinese è di fatto aggredita dai coloni israeliani che la occupano con insediamenti stabili. È sempre terra che ritengono loro.
I palestinesi si consegnano all’estremismo islamico e questo a noi fa più paura perché pensiamo che quell’estremismo sia più pericoloso di quello degli estremisti ebrei. E quando ci dicono che essere cristiani in terra controllata dagli israeliani è un problema preferiamo non vedere. La nostra sicurezza vale il sacrificio dei nostri Luoghi santi. Prima o poi ne pagheremo anche noi le conseguenze?
Ci illudiamo che la questione riguardi ebrei e palestinesi, mentre, invece, la questione riguarda le libertà religiose di tutti in un clima in cui sembra che ebrei e palestinesi siano solo impegnati nello sterminio reciproco.
E’ sempre stato così? No. Clinton, Rabin, Arafat: siamo al 13 settembre 1993, vengono ratificati gli accordi di Oslo. Un successo mondiale, sotto la regia degli Stati Uniti: i due contendenti trovano un accordo, Rabin per gli israeliani, Arafat per i palestinesi. Sembra che sia arrivata la pace, anche se sullo sfondo rimane un equivoco di fondo: Arafat guardava alla cartina del ’48, gli israeliani a quella del 1967. Differenza non di poco conto. Comunque, Rabin viene assassinato, 4 novembre 1995, da uno studente israeliano di giurisprudenza. La pace è finita.
Oggi si parla degli Accordi di Abramo. Gli accordi di Abramo non sono accordi tra israeliani e palestinesi ma tra israeliani e paesi arabi. La questione palestinese è oggettivamente tagliata fuori.
Magari i paesi arabi sunniti, in cambio della protezione dall’aggressività iraniana della regione, hanno promesso di smettere di aiutare il popolo della palestinese così che Israele possa ricostituire l’Antico regno? E’ più che un dubbio a serpeggiare tra i palestinesi di Gaza e della Cisgiordania dove i coloni, spalleggiati dall’esercito israeliano continuano ad occupare sempre più terre. E nonostante più volte l’Onu abbia ribadito l’illegittimità delle occupazioni precedenti.
Già, l’Antico regno di Israele che oggi, ancora, comprende terre divise tra Israele, Palestina, Giordania, Libano, Siria: il regno del Re Salomone morto nel 933 a.c.. Magari con qualcosa in più oggi. La pretesa di andare dal Giordano al mare, agitata dagli estremisti palestinesi, è la stessa degli estremisti israeliani.
Insomma, anche dopo questo 7 ottobre, comunque andrà, saranno tempi duri per tutti.
Luigi Milanesi