Gli argomenti a forte valenza bioetica – che sempre più ci incalzeranno nei prossimi anni – rappresentano un impegno sostanzialmente nuovo ed una sfida inedita per la politica che è, da sempre, addestrata ad affrontare tematiche di interesse collettivo piuttosto che questioni che sconfinano nella dimensione più’ intima e nella coscienza personale di ciascuno.
Eppure si tratta di un versante oggi ineludibile che chiede di essere affrontato con un appropriato metodo politico-istituzionale che sarebbe meglio mettere tutti concordemente in chiaro per tempo.
Come immaginiamo di collocare tali argomenti nel quadro di funzionamento complessivo del nostro ordinamento democratico?
Siamo di fronte a temi che possono essere fatti oggetto di una trattativa finalizzata a comporre una maggioranza di governo, a maggior ragione se alla costituzione di quest’ultima concorrono forze che, segnatamente su questioni che attengono il valore della vita, hanno orientamenti culturali di fondo diversi?
Oppure vanno salvaguardati e sottratti alla dinamica di patteggiamenti contingenti, comunque finalizzati ad un dato di governabilità di ordine generale, e piuttosto riservati ad un libero confronto parlamentare in cui ciascuna forza possa esprimere il proprio indirizzo valoriale originario, senza riserve e senza la remora di poter compromettere l’equilibrio politico- istituzionale del momento?
Andrebbe approfondito, ad esempio – sul piano del “metodo” ed a prescindere da contenuti per noi spesso inaccettabili – il percorso intrapreso dal Parlamento francese per avviare una generale e complessiva revisione della legislazione transalpina in campo bioetico.
In definitiva, quando i temi “eticamente sensibili” dovessero di necessità essere ricompresi nel programma di una qualunque alleanza di governo e, quindi, “adattati” a tal fine, già a monte verrebbero sottoposti ad una sorta di torsione impropria e, al di là della mediazione o più banalmente del compromesso raggiunto, resterebbero pur sempre una spina irritativa ed esporrebbero l’intesa raggiunta al potenziale rischio di un vulnus.
Soprattutto quando, in ordine ad un determinato provvedimento, giunti alla stretta finale, la maggioranza e’ costretta, per ragioni generali di tenuta della governabilità, a far quadrato, cosicché ancora una volta si rischia che la natura propria della questione in oggetto venga, tanto o poco, sacrificata e distorta per presunte inappellabili ragioni superiori.
Non è, dunque, forse opportuno chiaramente e concordemente individuate un’area tematica – tra l’altro destinata ad arricchirsi di questioni delicatissime – da riservare alla esclusiva responsabilità della funzione democratica e rappresentativa del Parlamento?
Domenico Galbiati