Paolo Rodari intervista su La repubblica del 9 giugno il Presidente della Cei, Gualtiero Bassetti, che chiarisce la posizione della Chiesa su Matteo Salvini e la Lega. Una presa di posizione forte. Di seguito il testo
Dice che «staccare i fedeli dal Papa è una manovra sbagliata e controproducente». I cattolici votano Salvini? «Significa che è profonda la crisi di altre proposte» e comunque, «non basta dirsi cattolici per diventare De Gasperi». Difende l’azione solidale della Chiesa: «Non è un’opera pia, ma una necessità democratica» e chiede a chi governa di non scaricare «su altri le proprie responsabilità». Attacca la politica «fondata sulla paura e sulle promesse facili» e ricorda che il «debito pubblico non è una invenzione del demonio, ma è frutto di tante nostre miserie». Due settimane dopo il voto delle Europee in vista del quale il vicepremier Matteo Salvini ha usato i simboli religiosi per attirare il consenso dei credenti, con tanto di fischi a Francesco durante un suo comizio, parla il capo dei vescovi italiani, il cardinale Gualtiero Bassetti che, in ogni caso, spiega di non dubitare «che la Madonna e i santi aiuteranno l’Italia, qualunque sia il capo di turno».
Secondo un sondaggio pubblicato ieri da Repubblica cresce il peso dei cattolici che votano Lega. Come giudica questo dato?
«Proprio le indagini sociologiche ci insegnano come sia necessario distinguere tra tradizione culturale, religione e fede. Le trasformazioni sociali di questi anni non hanno cancellato un vocabolario comune, che rimane richiamo e ricchezza a cui tendere anche per tanti che hanno un’appartenenza debole alla comunità ecclesiale. Per noi questo costituisce l’orizzonte di un nuovo impegno di testimonianza e di proposta cristiana. Vorrei però aggiungere un’altra cosa».
Ossia?
«Cercare di staccare i fedeli dai vescovi e soprattutto dal Papa è una manovra sbagliata e controproducente. L’unità della Chiesa è qualcosa di profondo e radicato: rifiuto l’idea che la Chiesa possa essere portata sul piano della battagliapartitica, quasi come pastori fossimo preoccupati di schierarci o con uni piuttosto o con gli altri. La storia ci insegna che non è mai stata una buona scelta quella di rincorrere i potenti, magari confidando di ottenerne consensi e privilegi. La Chiesa italiana è una presenza a servizio di tutti».
Il 41 per cento degli italiani reputa utile l’insegnamento della Chiesa, anche se ciascuno si regola poi secondo coscienza. Questo dato non stride con il consenso che Salvini riscuote tra i cattolici?
«Da una parte, è senz’altro consolante, a riprova di una percezione diffusa di quanto la Chiesa contribuisca alla costruzione del bene comune. Dall’altra, è un dato impegnativo, che ci sprona a essere all’altezza di questa fiducia, liberandoci da scandali e zavorre che sconcertano e allontanano. Nel contempo, è anche un dato preoccupante perché mostra quanto profonda sia la crisi di altre proposte. Questa debolezza non è un bene per nessuno, nemmeno per la Chiesa».
Al governo cosa si sente di chiedere?
«Vorrei che comprendesse più a fondo il ruolo decisivo che è assolto da migliaia di associazioni di volontariato in più ambiti. Sono realtà attraverso le quali il mondo cattolico assicura servizi e prossimità alla popolazione: sottovalutare la portata di questi corpi intermedi, oltre che ingiusto, è un danno per l’intera collettività».
La Chiesa italiana, anche in questi giorni, non si è sottratta all’accoglienza dei migranti.
«L’abbiamo fatto – tanto nel caso di Genova come in quello di Pozzallo – su richiesta del Viminale, in un’ottica di collaborazione sussidiaria, assicurata attraverso Caritas Italiana. Non sfugga, però, che in questo modo la Chiesa sta svolgendo un ruolo di supplenza: la solidarietà non è un’opera pia, ma una necessità democratica, una priorità civile; salvare vite umane non è un gesto di generosità, ma è la via per salvare la dignità della propria umanità. Un teologo come Metz ricorda che “c’è un’autorità riconosciuta in tutte le grandi religioni e culture: è l’autorità di coloro che soffrono”. Se la Costituzione disegna una Repubblica giusta, solidale, attenta ai bisognosi e leale verso chi non ha nulla, allora le istituzioni dovrebbero dare l’esempio, non scaricare su altri le proprie responsabilità. Governare significa studiare da vicino i problemi, cercare alleanze, assumersi la responsabilità delle scelte, chiamare a raccolta chi sa fare».
Se non è il tempo di un partito cattolico, da dove ripartire?
«Si riparte dalla storia, dalle idee e dalle coscienze. La storia appartiene a chi ha l’umiltà di studiarla; idee politiche nuove purtroppo mancano, perché non basta dirsi cattolici per diventare De Gasperi; la coscienza della gente, infine, è ferita e condizionata da un linguaggio aggressivo e da troppi messaggi di odio. Una politica fondata sulla paura e sulle promesse facili è destinata a rovinare quel poco che ancora resta dell’unità nazionale. La Chiesa intende lavorare affinché le donne e gli uomini di questo nostro Paese sappiano conservare il rispetto reciproco. Non dubito, poi, che la Madonna e i Santi aiuteranno l’Italia, qualunque sia il capo di turno o il partito egemone».
Quali sono i punti più critici delle sfide che il Paese deve affrontare?
«L’Italia rimane un paese solido e ricco. Si tratta di distribuire la ricchezza in maniera diversa e insistere sul principio inderogabile della giustizia fiscale e sociale. Il debito pubblico non è una invenzione del demonio, ma è frutto di tante nostre miserie. Scambiare l’oggi per il domani e sperperare denaro che non c’è significherebbe uccidere la speranza dei nostri giovani. Va rovesciata la logica politica fino a dire: dobbiamo tutti fare i sacrifici, scegliamo le priorità e mettiamo al loro servizio solo ricchezza vera, non altro debito. Che i risparmi degli italiani non siano sperperati inutilmente!».