Il dibattito sul fine vita segna ancora luci ed ombre, in vista della fatidica data indicata dalla Corte costituzionale del 24 settembre prossimo. Entro quel giorno, infatti, il Parlamento deve intervenire su quella parte della legge che prevede la responsabilità penale di chi partecipi o collabori a procurare la morte di malati terminali o di quelli in condizioni di drammatica vulnerabilità.
Sullo sfondo resta evidente il tentativo da parte di alcuni di introdurre surrettiziamente una liberalizzazione dell’eutanasia.
Eppure, la Consulta ha ribadito la validità dei divieti di “ scelte suicide” compiute, magari, “ in nome di una concezione astratta dell’autonomia individuale che ignora le condizioni concrete di disagio o di abbandono nelle quali, spesso, simili decisioni vengono concepite. Anzi- dice ancora lo Corte- è compito della Repubblica porre in essere politiche pubbliche volte a sostenere chi versa in simili situazioni di fragilità, rimovendo, in tal modo, gli ostacoli che impediscano il pieno sviluppo della persona umana (art. 3, secondo comma, Cost.)”.
Il dibattito su questo tema, così come quelli precedentemente sviluppati su altre questioni che richiamano fondamentali valutazioni etiche, ad esempio il concepimento della vita e i matrimoni tra persone dello stesso sesso, è stato negli ultimi anni dominato dalle contrapposizioni ideologiche. In molti casi si è finito per privilegiare posizioni minoritarie, ma sostenute molto mediaticamente, piuttosto che quel sentire diffuso e quelle sensibilità che pervadono i convincimenti della maggioranza degli italiani.
Da Roma finalmente è venuto un bell’esempio, da molti inatteso, su come questioni tanto critiche possano invece essere affrontate in maniera costruttiva e de ideologizzata, coinvolgendo quanti sono schierati politicamente in campi diversi, persino avversi, e facendo in modo che la politica le tratti con delicatezza, rispetto e umana sensibilità.
L’occasione è stata quella del convegno promosso dal “ Libero coordinamento intermedio Polis pro persona” formato da decine e decine di gruppi ed associazioni, tra cui Politica Insieme, dedicato ai punti sottolineati dalla Corte Costituzionale sul fine vita.
Al dibattito, preparato da una fitta rete di relazioni dentro e fuori il mondo cattolico, hanno partecipato parlamentari ed esponenti di tutte le forze presenti in Parlamento e nella realtà politica e sociale. E’ stata lasciata un’impronta nuova nel modo di affrontare aspetti tanto complessi. La determinazione, adesso, è quella di proseguire oltre questo primo passo.
Molto lavoro resta da fare, ma un metodo è stato indicato e messo in pratica: riflettere, dialogare, cercare di capire la complessità delle ragioni e delle tante sfumature presenti nel pensiero e nell’animo di ciascuno. Si tratta di lavorare attorno a una sintesi capace di definire una convergenza, piuttosto che puntare sempre e solamente sulla divisione e il contrasto pregiudiziale.
Del resto, anche il modo articolato con cui la Corte costituzionale ha trasmesso la propria sollecitazione al Parlamento spinge all’allargamento del dibattito e all’esame di un’ampia gamma di riflessioni.
Nel corso dell’incontro è stata rilevata nella indicazione della Consulta anche quella che è sembrata una irrituale fissazione di tempi entro cui il Potere legislativo è chiamato ad intervenire. Oltre che l’indicazione di eventuali contenuti, contraddittori con la conferma del divieto di “ scelte suicide”, seguendo i quali è prospettata la possibilità di considerare anche la “ non cura” o la procedura medicalizzata di aiuto al suicidio tra le prestazioni da introdurre tra quelle previste dal Servizio nazionale sanitario.
L’obiettivo importante, adesso, è quello di non aprire alcun varco alla pratica dell’eutanasia e, al tempo stesso, definire meglio le pratiche da mettere in campo per alleviare le sofferenze di chi soffre.
C’è bisogno di creare nuove strutture( anche la realtà della sanità collegata al mondo cattolico può ampliare il numero degli “ hospice” destinati ad accompagnare adeguatamente e dignitosamente le persone verso la morte naturale e non procurata ), di diffondere sempre più le pratiche sanitarie disponibili nel contrasto al dolore, di formare ulteriormente il personale medico e sanitario, di sostenere i familiari impegnati con amore attorno al paziente che si avvia verso la conclusione della vita.
In questo senso è importante ricordare che, fermo restando il rilievo penale per quanti forniscono assistenza o concorrono a procurare una morte non naturale, è possibile prevedere – come ricorda il comunicato finale rilasciato a conclusione del convegno romano- un’attenuazione della sanzione “ a fronte di circostanze concrete ben definite e ragionevoli e individuando a tal fine quale soggetto attivo che conviva stabilmente con il malato, nonché precisando tipologie di condizioni quali il grave turbamento determinato dalla sofferenza altrui che interessa l’autore del fatto”.
E’ stato dunque delineato un percorso di concreta possibile condivisione. E’ stato precisato e delimitato il tema attorno cui è intervenuta l’attenzione della Consulta e su cui è possibile definire un provvedimento di legge sulla base dell’apporto costruttivo di tutti.
E’ bene che il mondo politico trovi sempre più occasioni per indicare un modo nuovo di affrontare le questioni che interessano la globalità dei cittadini e scoprire le moltissime occasioni in cui si possono cogliere elementi costruttivi e positivi. A partire da ciò che non è possibile risolvere solo a colpi di maggioranza, ma di cui la politica e il Parlamento devono comunque occuparsi.
Giancarlo Infante
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