Il Paese reale, operoso, liberale, solidale e autenticamente democratico si è ricongiunto. Utilizzando un tortuoso percorso, scavalcando le mediazioni incongrue di leader partitici, figli del sistema maggioritario, ormai esausto.
La rielezione di Sergio Mattarella era la più razionale delle soluzioni, l’unica che consentiva anche a Mario Draghi di definire davvero il lavoro tanto egregiamente impostato.
Caratteristica di questa scelta: la velocità nel decidere delle due sole persone che, fino a quella mattina del 29 Gennaio, erano stati saggiamente ad ascoltare più che a parlare.
Il Presidente Sergio Mattarella è stato rieletto su iniziativa parlamentare e non partitica(CLICCA QUI, con il secondo maggior numero di voti nella storia della Repubblica, numero che la futura diminuzione dei parlamentari renderà irraggiungibile ed insuperabile.
Dopo il suo generoso sacrificio dei propri propositi di vita, ribaditi in momenti non sospetti e commentati positivamente financo da Papa Francesco, il Paese può vivere un’ordinata e non avventurosa continuità di Democrazia rappresentativa e il Governo può mantenere stabilità, reputazione positiva e prospettive, tutti elementi ai quali si può guardare con fiducia e speranza.
L’iter della settimana iniziata il 24 Gennaio 2022 ha platealmente evidenziato la crisi di rappresentanza dell’intero sistema politico dimostratosi incapace a designare una persona che “desse sostanza all’Unità del Paese” (CLICCA QUI).
La soluzione alla crisi è maturata con il palesarsi della “base”, con la rivolta silenziosa dei grandi elettori parlamentari contro i loro presunti “vertici” e le loro strambe strategie, non sintonici con i bisogni e le sensibilità del Paese reale. Il segno di un distacco dei segretari dei partiti dai parlamentari, dei vertici dalle basi parlamentari. Rende palese, in particolare, che “il problema della classe dirigente del centrodestra è che non c’è”, come ha scritto Michele Serra. Da questa esperienza, Enrico Letta e Matteo Renzi escono maggiormente rafforzati.
I seguaci della Buona Politica hanno ragioni per essere soddisfatti della soluzione adottata e non ha senso, quindi, parlare apoditticamente di crisi della Democrazia, al massimo si potrebbe invece parlare di crisi del criterio di selezione dei ruoli apicali di alcuni Partiti.
I molti errori, la mancanza di duttilità, le rigidità insormontabili: tanto la coalizione di centrodestra quanto i Cinque Stelle hanno dato prova di incapacità a trovare soluzioni praticabili e tra loro condivise. I populisti, l’antipolitica, il leaderismo, l’anticasta, la Repubblica dei partiti, fini e non mezzi, escono sconfitti dallo scontro con la Buona Politica che riesce a cogliere i sentimenti dei cittadini e della loro rappresentanza più attenta, incarnata dalla maggioranza parlamentari, grandi elettori, che nei giorni finali della settimana elettorale, spesso si è espressa in manifesto contrasto con le indicazioni dei presunti leader, autoproclamatisi “King Maker”. E’ stata superata la illogica logica di fazione; gli inadatti, gli impreparati, i cambiatori di idea, i supposti vertici di qualcosa, i seguaci di “uno vale uno”, non sintonici con gli umori del Paese, hanno perduto, si sono autodistrutti e per loro sono prevedibili tempi politicamente assai difficili. Si è definitivamente disciolto il rischio della tempesta perfetta, rappresentata dalla elezione di un Presidente della Repubblica privo o priva della indispensabile esperienza sui due piani, nazionale ed internazionale, necessaria alla gestione del ruolo nel difficilissimo momento e scenario presenti sulla base della disposizione all’ascolto, all’inclusione, alla competenza e alla ragionevolezza. Dopo il 29 gennaio 2022 sarà più difficile, financo, pensare di “aprire” il Parlamento come una scatola di tonno.
La scelta del Presidente Mattarella di non incontrare i segretari dei partiti ma i responsabili dei Gruppi Parlamentari, comunicata al Presidente del Consiglio Mario Draghi, e la successiva richiesta a Draghi di comunicare lui ai Segretari dei partiti le condizioni per l’accettazione di un secondo mandato alla Presidenza della Repubblica, illuminano di luce costituzionale antica, e perciò nuova e positiva, il rapporto tra gli attori dello scenario.
L’elezione di Sergio Mattarella, Presidente amato dalla collettività dei cittadini (che glielo ha dimostrato in innumerevoli occasioni), va vista come un successo dell’Italia, del Parlamento, della stabilità dell’azione del Governo. Ammesso che servisse la controprova, essa è arrivata dai comportamenti quieti dei mercati finanziari in tutte le loro componenti.
Il ruolo del Presidente del Consiglio esce rafforzato dalla plateale disfatta, neanche ben dissimulata, dei suoi avversari. Mario Draghi, con la sua esperienza internazionale ha ricevuto dai fatti un’investitura esplicita. L’auspicio è che il raggiungimento degli obiettivi del Piano Nazionale di Resilienza e Ripresa sia traguardo più agevolmente a portata di mano così come la possibile approvazione di una nuova legge elettorale proporzionale, che il Partito INSIEME ha proposto in modo da consentire ai cittadini di scegliere i propri rappresentanti in Parlamento attraverso l’indicazione reale delle preferenze e per a contribuire a superare il negativo fenomeno dell’astensionismo.
E’ evidente che i partiti della Seconda Repubblica, figli del sistema maggioritario, non rappresentano più il sentire della collettività. Non hanno scienza e coscienza della cornice culturale che dovrebbe supportare i loro vertici ondivaghi nel compimento delle scelte. Il sistema dei partiti appare in crisi, dunque, in modalità difficilmente reversibile. Inevitabile l’assunzione della consapevolezza da parte della collettività nazionale che nulla sarà mai più come prima del 29 gennaio 2022. Dopo la fine della Seconda Repubblica ai avrà l’avvio della fase di nuova composizione del sistema politico nazionale, partendo da metodi e criteri della selezione dei protagonisti politici.
Massimo Maniscalco