E’ opinione diffusa che in una larga parte d’Europa, assieme al tema della guerra in Ucraina, sul recente voto molto abbia influito  la questione della transizione ambientale. E quindi dei costi che spaventano una parte del sistema produttivo e i ceti più deboli convinti di essere loro, alla fin fine, a pagarne i costi più alti.

Anche in Italia questa questione è stata ampiamente utilizzata dalla destra, in maniera più o meno esplicita, ma con decisione in forma molto forte in termini subliminali. Quelli che, a volte possono essere persino più forti ed incisivi.

Eppure, c’è qualcosa che non torna se si getta un occhio al recente rapporto dell’Istat sulle preoccupazioni ambientali degli italiani nel 2023. Anno in cui i cambiamenti climatici hanno fatto toccare con mano a tutti la conseguenza del mancato rispetto dell’impegno assunto per mettere in atto politiche in grado di riuscire a contenere l’innalzamento medio delle temperature entro la soglia di 1,5°. Difatti, il 58,8 per cento della popolazione dai 14 anni su, fu del 56,7 per cento nel 2022, si dice estremamente preoccupata. E’ una delle questioni che più costituisce un fattore di ansia seguita ad una certa distanza da quella dei rifiuti e dell’inquinamento dell’acqua che si attestano attorno al 40%.

I conti non tornano guardando al risultato elettorale che ci dice come le destre abbiano raggiunto un ottimo risultato, comunque considerando che non è andata al voto la maggioranza del corpo elettorale e che è ulteriormente cresciuto il numero delle schede trovate nell’urna bianche o annullate.

Dobbiamo pensare , allora, che quel 58,8% di cui sopra costituisca il grosso degli astenuti? Probabilmente non è così e dobbiamo ritenere che le preoccupazioni climatiche siano trasversali e che interessano anche una parte dell’elettorato di destra. E questo significa che la preoccupazione resta solamente a livello intimistico? E che, nel complesso, la questione non riesce a diventare una presa di coscienza integrale che richieda anche una conseguente posizione politica coerente?

E’ il mondo dell’ambientalismo ad essere chiamato a rispondere. Facendo in modo che la questione vada oltre quella dimensione che la destra ha facile gioco a definire ideologica, mentre sappiamo bene che quel suo gioco esprime uno dei punti più alti di conservazione e di ostacolo alla politica di transizione, più che mai destinata a restare assolutamente prioritaria per il futuro dell’umanità.

C’è tutto un mondo, altro, quello della Laudato si’, per intenderci, sollecitato ad offrire un’opzione politica che ricordi come al centro di ogni politica ambientale deve restare la Persona e il necessario equilibrio da trovare tra salvaguarda ambientale e sviluppo. Altrimenti, resteremo prigionieri di un incoerente contrapposizione tra due tesi, entrambe non esaurienti a fornire risposte adeguate, e condannati a rimandare per chissà per quanto tempo interventi concreti indispensabili per creare una nuova economia, a nuovi sistemi di vita, e ad uno sviluppo equilibrato che sia occasione per creare nuova occupazione e tutela del Creato.

Parlare di ambiente oggi significa guardare anche ad una visione antropologica adeguata al livello dei problemi che affrontano la Terra e gli esseri umani che la popolano perché si tratta di questioni che incidono nel profondo nelle persone. E non sarebbe male, a questo riguardo, se i nostri decisori leggessero anche le conclusione di una nuova ricerca scientifica secondo le quali esistono, oltre quelli “diretti”, come eventi climatici estremi, anche degli impatti “indiretti” che vanno ad interessare un senso di angoscia che coinvolge ed interessa anche i bambini. Si è costretti a parlare di ecoansia anche tra i minori che vivono anche la questione ambientale con un senso di marcata preoccupazione.

Nella loro semplicità e schiettezza, i bambini credono che la soluzione debba venire dalla partecipazione di tutti per affrontare i problemi del Pianeta.

Alessandro Di Severo

 

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