­Come sovente accade, i fenomeni sociali vengono presi in considerazione dalla Politica e dalla pubblica opinione solo quando drammatici fatti costringono a non fare altrimenti. E spesso confermando il detto secondo cui il saggio guarda alla Luna e lo stolto al dito che la indica.

Gli organi di comunicazione hanno dato un grande risalto alla morte del giovane bracciante indiano Satnam perché era inevitabile che fosse così. Troppo crudele la sua morte perché potesse passare sotto silenzio. Come i tanti dettagli che, ancora una volta emergono, in vicende di sfruttamento disumano che quotidianamente, oltre che inutilmente, riempiono le cronache.

Veniamo, così , a sapere che il Presidente della cooperativa per cui Satnam lavorava a cottimo, in nero, e con i soliti massacranti turni di lavoro, ricompensati con molto di meno di quanto previsto dal contratto di lavoro, è da cinque anni inquisito per caporalato. Cinque anni! Un tempo che si può spiegare solo in un modo: con la evidente volontà di non andare al fondo della cosa in una zona storicamente votata alla produzione agricola e, quindi, tra le più emblematiche per lo sfruttamento degli immigrati irregolari? E come già fatto ieri, non possiamo che riproporre la stessa domanda: non siamo in una metropoli abitata da milioni di abitanti, bensì in un territorio dove tutti sanno tutto di tutti (CLICCA QUI) .

Abbiamo sentito anche  raccontare che la ditta in questione ha visto pressoché dimezzati i suoi ricavi nel corso di un anno e il commento che, dunque, ai suoi imprenditori non restava che comprimere i costi, a partire da quelli del lavoro.

Non abbiamo letto, però, sui giornali che hanno ampiamente parlato della tragica vicenda che una particolare riflessione sarebbe stata gradita non solo da quei comuni lettori che prediligono le pagine delle “buone notizie”, bensì  anche dai loro editori e da quelli che finanziano la stampa attraverso le inserzioni pubblicitarie. I quali, in molti casi, contano più delle vendite presso le edicole. Parliamo delle grandi imprese e del sistema finanziario che si attendono la difesa dei loro diretti interessi e dei “valori” che sarebbero emanati da un sistema economico in cui spesso la Persona e la dignità, ma anche la sicurezza, del Lavoro vengono ben dopo altro ben più importante a cui si dovrebbe pensare. E questo ce lo ricorda nel suo ultimo intervento anche la Segreteria di INSIEME (CLICCA QUI).

Ma allora on è solo lo stolto a guardare al dito. Fa così anche chi ha interesse che oltre non si veda, che non vada al cuore dei problemi , che soprattutto non ci vadano la Politica, il Parlamento e il Governo, Anche  magari sempre più sollecitati da un’opinione pubblica, che però s’indigna a fasi alterne.

“Il Lavoro in Italia ha progressivamente perso dignità e ruolo, con il risultato di avere più disoccupazione e precariato,  meno sicurezza e un aggravamento degli squilibri sociali e geografici”.

Questo è quanto, già molto tempo fa scriveva INSIEME nella propria petizione  sul Lavoro (CLICCA QUI). La finanziarizzazione dell’economia, la legittima corsa al profitto, ma senza assunzione di una responsabilità sociale, le profonde distorsioni presenti nelle catene produttive hanno il loro peso in vicende come quelle di Satnam il cui leitmotiv dominante in queste ore sembra essere ridotto solamente a quello della mancanza dei controlli.

C’è, invece, soprattutto nella filiera della produzione e della commercializzazione dei prodotti agricoli e della trasformazione nel settore agro alimentare, ma questo vale in realtà per una buona parte dei comparti in cui vige il sistema dei subappalto, una relazione diretta tra lo sfruttamento, la corsa al profitto fine a se stesso e l’impoverimento e la perdita di capacità contrattuale e, quindi, dei diritti e della sicurezza del mondo del Lavoro. Che lo ripetiamo ancora una volta non coinvolge solo i lavoratori, regolarizzati o meno che siano, bensì anche quelle aziende che stanno nel mercato rispettando le regole e i loro dipendenti.

E’ a questo che dovrebbe guardare la Politica. A partire dalla destra che ama definirsi sociale, ma che sembra assolutamente non pervenuta proprio da quando ha assunto responsabilità di governo. Per non parlare poi di una sinistra che ha smarrito da decenni il senso di una piena responsabilità assunta nei confronti del mondo dei Lavoro quale essenza e giustificazione della propria esistenza. E che dire di tanti cattolici immersi nel riflusso intimistico o nell’autocompicente “ozio” del prepolitico, se non addirittura nel coinvolgimento con una destra del tutto indifferente verso la solidarietà.

Tutta la Dottrina sociale della Chiesa guarda alla dimensione umana nella sua interezza.

Nata nel momento in cui prese corpo la disumanizzazione dei luoghi di lavoro, sin con i primi passi della rivoluzione industriale di fine ‘800, meriterebbe una sua riscoperta. Oggi, ai tempi in cui un Satnam muore 800 volte l’ anno nel nostro Paese civile e moderno.

Giancarlo Infante

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