Il bell’articolo di Domenico Galbiati di ieri sulla situazione in Francia finiva con “…siamo tutti figli di una stessa umanità e dobbiamo avere il coraggio e la franchezza di riconoscerlo” (CLICCA QUI).
Riconoscersi come figli implica riconoscere di avere un inizio che è altro da sé, e di conseguenza riconoscere di avere un limite.
Sempre ieri, ma sul Corriere della Sera, c’era un articolo che segnalava come l’asse terrestre si è inclinato di quasi 80 cm ed è “colpa” della estrazione dell’acqua dal sottosuolo che l’umanità sta “smodatamente” compiendo: la notizia è riportata in forma di Letters su Geophysical Research da un gruppo di ricercatori sud-coreani.
Peccato che un articolo di review su le Scienze del 31 gennaio scorso – “Il Nucleo della Terra si è veramente fermato?” – concludesse con “…Nonostante i progressi, la nostra immagine della Terra interna è ancora sfocata e siamo ancora nella fase di scoperta”. Non si va oltre alle ipotesi e alle possibili correlazioni.
Quello che ha colpito il giornalista del Corriere rispetto all’articolo scientifico citato che nella sua versione tecnica è molto più sfumato e problematico di quanto poi sintetizzato, è che l’uomo con le sue azioni è in grado di modificare anche l’asse terrestre! Altro che avere un limite!
In fondo, il vero successo comunicativo delle teorie ambientaliste sui danni e sui rischi apocalittici causati dall’uomo sull’ecosistema naturale deriva dal mix emozionale suscitato in chi ascolta: il terrore –giustificato – si mescola con l’autocompiacimento, dissimulato, della potenza assoluta dell’uomo che è in grado da solo di sconvolgere il pianeta: più onnipotente di così….
Sull’Huffpost, Mattia Feltri – di solito molto acuto – ha pubblicato un articolo sulla “maternità surrogata” richiamando un recente articolo di Giuliano Amato che aveva invitato ad accogliere l’ipotesi di riconoscere la possibilità di avere due madri, una biologica e l’altra no, pur sapendo che la legge italiana riconosce la fecondazione eterologa solo a coppie eterosessuali, quasi evocando un istituto più snello rispetto al percorso delle adozioni: a ben riflettere “adottare” implica mettersi a disposizione di un altro da sé “figlio della stessa umanità”, iscrivere alla anagrafe vuol dire far riconoscere un proprio diritto, in ultima analisi anche di proprietà sul figlio, se nato con modalità non naturali.
E comunque in quella intervista, Giuliano Amato ribadiva la impossibilità di un riconoscimento “tout court” ai figli di “maternità surrogata” e “svicolava” sulla maliziosa domanda del giornalista di Repubblica sul fatto che con il suo punto di vista si sarebbero creati figli legittimi e illegittimi (quelli nati da GPA o utero in affitto), come ai tempi dell’oscurantismo italiano a riguardo dei nati fuori dal matrimonio.
L’intervista di Amato non era quindi strettamente attinente alla GPA, ma come non assecondare su un giornale liberal, il grido di “siamo madri, non criminali?”
Pervasive sui giornali “progressisti” le istanze che evidenziano in continuazione “atroci discriminazioni” nei confronti delle coppie omosessuali: “non ci affittano casa perché siamo gay”, sempre domenica su Repubblica. E di nuovo sempre su Repubblica un articolo dove si annuncia che ci sarebbe una rivolta in Lombardia (ignoto chi la stia compiendo) contro la mozione di FDL che intende chiedere a Regione Lombardia di vietare le “carriere alias” a scuola, ossia la possibilità data ai ragazzi che non si riconoscono nel loro sesso biologico, di utilizzare il nome d’elezione da loro scelto e che rappresenterebbe la loro reale identità di genere.
Il 23 giugno, sempre sul Corriere della Sera, viene riportato un articolo inerente una profuga del Nord Corea di 29 anni che negli USA avrebbe dichiarato che “l’indottrinamento politicamente corretto” in atto nelle scuole e università USA è simile al lavaggio del cervello praticato dal regime comunista della Corea del Nord da cui si è salvata e che così si distruggerà la civiltà USA. Apriti cielo! E anche il Corriere sembra propendere per l’ostracismo che i media americani “liberal” stanno agendo nei confronti della profuga nord-coreana, accusandola – larvatamente – di avere fatto carriera e di essere simpatizzante con la destra USA.
Poi, sul Giornale: “Basta Buonismo”, dove si argomentava a proposito del caos in Francia “…il collasso disastroso di una cultura della accoglienza obbligata e del multiculturalismo ad ogni costo che in nome della dell’integrazione hanno disintegrato la società…”.
E sempre sullo stesso quotidiano, un altro articolo lì accanto, dal titolo: “Nelle periferie ghetto di Torino, Milano e Roma: Isole criminali tra risse, spaccio e baby-gang”.
Evidente il richiamo al recente efferato delitto di Primavalle e facile il cortocircuito emotivo che viene indotto in chi legge tra accoglienza, profughi, criminalità.
Riconoscersi figli di una stessa umanità, vuol dire riconoscere di avere dei limiti: e probabilmente ciò porterebbe a interrogarsi sul fatto che se siamo “figli”, qualcun’ altro, diverso dall’uomo, deve pur esserci da qualche parte.
E questo è il vero nodo antropologico sottovalutato anche da una parte del magistero della Chiesa Cattolica che ha continuato ad affannarsi sulle regole del “buon vivere cristiano”, non essendosi accorta che nel frattempo era sparito Dio, qualunque Dio, dai radar del pensiero occidentale: possono rimanere in piedi le regole se salta il fondamento?
Anche nel mondo laico occidentale sono saltate le regole fondanti il Diritto: il Diritto è fondato sulla Legge, a sua volta fondata su norme costitutive o costituzionali, a loro volta fondate su valori e dichiarazioni di principio universale (carta dell’ONU, dichiarazione universale dei diritti americana e francese): in fondo, l’illuminismo occidentale era pur sempre figlio della cultura religiosa cristiana (anche se combattuta) e aveva tra i valori fondanti l’esistenza di un DIO: e anche le radici greche o romane, se proprio vogliamo ripudiare quelle giudaico-cristiane, si fondavano sul convincimento nella presenza di un Olimpo divino, poi sostituito da un Caesar, che traeva la sua potestà assoluta sempre da una divinità superiore, esterna a lui.
Se si toglie il fondamento esterno al “diritto”, è fatale che l’intera costruzione diventi illogica, possa diventare addirittura immorale e alla fine essere strumento del totale arbitrio del più forte, generando una Babele Universale.
Riconoscersi figli di una medesima umanità, apre la strada a vedere nell’altro il “bisogno”: anche in un mondo completamente ateo, è l’unico ancoraggio per definire il Diritto: il Diritto è figlio di un Bisogno di un Altro che ha in comune la mia stessa umanità, al di là di etnia, cultura, orientamento sessuale, ricchezza o povertà.
Non tutti i Bisogni hanno la stessa cogenza e urgenza, e di conseguenza non è vero che tutti i diritti sono uguali: peraltro il “diritto al Gender” più che un diritto è un delirio, ma la “dittatura” di cui parlava la profuga nord-coreana, impedisce di definirlo come tale, anche perché fa toccare con mano la potenza smisurata dell’IO che può addirittura contrastare e smentire la biologia sessuata: più potenti e onnipotenti di così….
Lasciamo alle Chiese e ai filosofi il problema antropologico e culturale. Al politico il compito di provare a “regolare” il vivere comune, evitando di assecondare le mode autodistruttrici che ci circondano senza cadere nel fascino di improbabili Vandee Come fare a evitare quei ghetti spaventosi che sono le Banlieue?
Come evitare i massacri in mare, evitando le urticanti giaculatorie sul dovere astratto dell’accoglienza che suonano stonate quando non sono pronunciate da autorità religiose e morali all’interno di un discorso di fratellanza che implica il riconoscimento del limite umano? I laici che maggiormente predicano accoglienza – in particolare quella mediatica – sono i primi a rifiutare il senso del limite, ossia la medesima figliolanza e quindi l’esistenza di un Dio, così come quelli che si scagliano contro la GPA sono i primi a rifiutare il riconoscimento della fraternità che implica l’uguaglianza dei bisogni!
La vicenda è molto complessa: non riusciamo a mettere un limite agli obbrobri del web in nome della “libertà” (??) (e poi pazienza se un imprenditore decide di limitare i social per questioni di opportunità commerciale o peggio ancora decidendo chi può postare la sua opinione e chi no, in nome del politically correct), assai più complicato gestire l’evoluzione di culture e di differenti civiltà in movimento, anche perché dietro l’oggettivo “bisogno” ci sono interessi di potere e economici.
Probabilmente andrebbero studiate meglio e adattate al nostro contesto attuale le antiche regole sulla cittadinanza, sapientemente sviluppate dagli antichi romani: in fondo, erano un vero esempio di società multietnica e multiculturale!
Servirebbe per prima cosa un nuovo patto di cittadinanza tra gli autoctoni: sovranismo, populismo e affini tutto sono tranne che un patto comune di rinnovata cittadinanza.
Meno norme burocratiche e illogiche, meno fughe in avanti di sedicenti progressisti manipolati da interessi economici, meno sanfedisti convinti che la “legge morale” si sia fermata agli albori del secolo scorso.
Nel mentre, probabilmente, con tutti i rischi del caso, servirebbe un gigantesco piano di investimenti nei paesi africani per offrire lì migliori condizioni di vita: sempre che superiamo lo scrupolo moralistico del passato coloniale (comodo alibi per non fare nulla) accettando che la cultura africana abbia una sua naturale diversità e non può essere asservita alle nostre regole occidentali (democrazia – trasparenza –corruzione e familismo compresi).
Molto più complessa ancora la vicenda delle migrazioni dei popoli medio-orientali: senza un coinvolgimento attivo del mondo religioso mussulmano, non è possibile immaginare (prima ancora che realizzare) una possibile evoluzione. Ma un coinvolgimento attivo, nasce da una conoscenza e una accettazione reciproca e paritetica: difficile per noi che partiamo dal pre-concetto che non esiste e non può esistere nessun DIO o simulacro di Dio. Come si può dialogare su queste basi?
Compito politico immane, che richiederà sforzi di generazioni.
Per favore, almeno noi di INISIEME, asteniamoci dal “buttar la palla in tribuna”, ricorrendo a facili sdegni emotivi e altrettanto facili polemiche partitiche. Facciamoci “promotori di umanità”, con concrete iniziative politiche, su singole e precise istanze, come ottimi strumentisti di una vera orchestra sinfonica, all’interno di un disegno complessivo solidamente fondato che ormai abbiamo ben interiorizzato. E cominciamo a cercare i fondi per poterle realizzare.
Massimo Molteni