E’ bene ribadirlo per tempo, prima che si aprano le urne e si conoscano i risultati elettorali. L’ Italia – qualunque sia l’ esito del voto europeo ed il caracollare o meno sulla cresta del 4% di Renzi o di Calenda – non ha bisogno, come ripetiamo da anni, di un “centro”, inteso come forza di interposizione tra i due poli di un sistema politico malato. Di fatto giunto al capolinea, che sopravvive a sé stesso solo in virtù della reciproca convenienza delle parti a mantenere in vita leggi elettorali maggioritarie di dubbia costituzionalità, ma tali da creare una sorta di cordone sanitario che, concordemente, protegga entrambi dall’ intrusione di altri soggetti.
L’ Italia ha bisogno – come diciamo da anni a questa parte, si veda il nostro originario Manifesto del 30 novembre 2019 – di un processo di radicale “trasformazione” del nostro sistema politico. Che consenta, in primo luogo, di restituire al popolo italiano la sua effettiva sovranità, compressa e confiscata da troppo tempo.
La crisi della rappresentanza, sacrificata alla governabilità, è ad un tempo causa ed effetto della crisi della democrazia.
E’ lecito sperare, forse sognare un soprassalto di consapevolezza del popolo italiano ed un incremento di partecipazione al voto di ieri e oggi?
Difficile dirlo, eppure un ulteriore incremento dell’astensionismo non sarebbe piu’ solo un campanello d’allarme, ma una minaccia incombente sulla nostra capacità di tenuta democratica.
Ad ogni modo, se puo’ essere utile per capirci meglio e senza impiccarci al profilo lessicale di una questione che è di ben altro spessore, chiamiamolo pure “centro”. Ma senza cadere nella tagliola interpretativa di categorie abusate, quasi fossimo posseduti da una “coazione a ripetere” che evoca parole significative a loro tempo, ma oggi, in un nuovo contesto, irrimediabilmente sfuocate.
Se un merito va riconosciuto alla proposta di riforma costituzionale avanzata dal governo della destra è il fatto di rappresentare un discrimine che non ammette ambiguità. L’attacco alla Costituzione, condotto in nome del “premierato”, mette in campo – come su queste pagine è già stato ampiamente osservato da tempo – una pregiudiziale costituzionale e repubblicana da cui non si puo’ decampare.
Non ci sono spazi di mediazione possibili e chi li invoca sta già dall’ altra parte.
Il che non significa che non si debbano ricercare – a cominciare, ad esempio, dalla “sfiducia costruttiva” – altre modalità dirette a garantire e rafforzare la governabilità del sistema.
In altri termini, il nodo centrale che siamo chiamati ad affrontare nei prossimi mesi concerne la difesa del nostro ordinamento costituzionale.
Sì riparte da lì : chi sta da una parte e chi dall’altra.
Vale per Forza Italia e vale per qualunque altra forza politica, associazione o singolo cittadino.
La madre di tutte le riforme, come l’ ha evocata Giorgia Meloni, è , in effetti, la “madre di tutte le battaglie” e va combattuta, senza ambiguità, a viso aperto.
Domenico Galbiati