Che sorpresa! il Cavaliere è l’unico ad affrontare il tema “esteri” con lucidità.
Berlusconi e la politica estera. Un rapporto complesso, travagliato composto di tanti traguardi e altrettante occasioni perse. La lettera che il 7 gennaio ha scritto al Corriere della sera impone di riprendere in mano quanto fatto dal Cavaliere nei suoi anni di governo, confrontarlo con quanto ha scritto e trarne utili spunti di riflessione.
Nella sua lettera al Corriere l’ex premier, forse sollevato da una eccessiva focalizzazione su piccole questioni di bottega italiane che “a volte” lo hanno “distratto”, rivendica l’importanza della presidenza dei tavoli internazionali e la necessità di una politica concertata sui temi di politica estera che, per loro natura, dovrebbero essere affrontati in maniera assai distinta dalle beghe partitiche contingenti.
Nel deserto totale della nostra “politica estera” che non fa emergere nemmeno in filigrana una “idea di politica e di visione per il futuro del nostro paese”, Berlusconi finisce per essere l’ultimo vero uomo politico rimastoci.
Come si può contestare al Cavaliere l’appello affinché si sviluppi una politica estera organica? Come dargli torto quando ricorda che si stanno preparando occasioni uniche che determineranno il corso del prossimo futuro, almeno per decenni? Come si può non sottoscrivere quell’appello accorato affinché la politica si ricordi della sua missione? Certo, nel merito si potrebbero discutere le sue posizioni riguardo la Cina, una difesa comune europea, il ruolo della NATO… ma, accidenti, sono anni che non si sentiva un invito pubblico a una riflessione su una linea di politica estera.
Purtroppo. è da quando Silvio è stato silurato in circostanze poco chiare che l’Italia si è risolta alla politica estera del “cappello in mano”. Attivata solo per elemosinare spiccioli e flessibilità dai nostri partner europei, trasferendo la logica dei piccoli interessi di bottega anche sul palcoscenico internazionale, ignorando completamente che l’Italia può avere un suo ruolo sia nel Mediterraneo, sia in Europa e nel resto del mondo. Ovviamente, il ruolo sul palcoscenico globale sarà meglio svolto se si agirà di concerto con le istituzioni europee troppo spesso evanescenti per ciò che riguarda una politica estera comune. A proposito, qualcuno si ricorda della commissaria Mogherini?
Non dimentico come l’ultimo ad aver dato una direzione ai rapporti esteri italiani tentando un approccio razionale a problematiche complesse sia stato Marco Minniti, ovviamente titolare del dicastero degli… interni.
A Berlusconi possiamo imputare tante colpe a partire dal pasticcio in Libia ma, nel bene o nel male, a torto o a ragione, fu fautore di un attivismo atlantico del nostro paese che ci portò ad essere presenti in Iraq (A posteriori scelta alquanto discutibile) e in Afghanistan, cosa che ci diede poi la possibilità di operare in Libia e consentì all’Italia d’interloquire con Washington, ottenendo un certo margine di manovra.
Berlusconi è stato capace di promuovere buone relazioni con la Russia di Putin che favorirono anche la collaborazione tra Alenia e Sukhoi nella realizzazione degli aerei di linea SSJ (nulla a che spartire con le opache interconnessioni leghiste…). Ricordo anzi che proprio l’amicizia di Berlusconi con Putin e le evidenti simpatie di Bush nei suoi confronti permisero al nostro di porsi come serio interlocutore per entrambi nel corso di quelli che furono, probabilmente, gli anni più distesi dei rapporti tra Washington e Mosca; anni in cui la collaborazione con Mosca non pareva proprio così impossibile. Poi venne Obama che individuò nel Cremlino la fonte di tutti i mali e spinse Mosca nelle braccia della Cina, l’Italia perse importanza a livello internazionale e, sull’onda della crisi libica, Berlusconi dovette rinunciare al governo.
I maligni vociferano che la rimozione di Berlusconi fosse stata “agevolata” dalla BCE e dalle altre cancellerie europee. Mancano le prove a suffragio di questa teoria, ma certamente la storia parla: con Berlusconi messo fuori gioco, Gheddafi fu solo, e la Libia divenne la polveriera che conosciamo, e le primavere arabe furono malamente interpretate dagli USA, che ottennero solo una grave destabilizzazione regionale di cui il bagno di sangue siriano è il triste epilogo. Grazie a questi eventi l’Italia perse un ventennio buono di progressi diplomatici acquisiti con la sponda sud del Mediterraneo a tutto vantaggio di Francia e U.K. che però non hanno saputo sostituirsi all’Italia e, de facto, hanno lasciato mano libera alle velleità imperiali neo-ottomane di Erdogan.
Un decennio dopo quei fatti e dopo innumerevoli esempi di avvilente assenza di una visione e, di conseguenza, di una politica estera, non possiamo che riconoscere la saggezza delle parole del Cavaliere e considerare, amaramente, che dopo di lui…il nulla, almeno per ciò che riguarda l’attenzione alle questioni internazionali.
Mattia Molteni