Flavio Briatore non è nuovo ad uscite infelici. Solo recentemente si era imbarcato in una discussione con taluni amministratori pugliesi sulla necessità che, a suo avviso, si riempisse di alberghi per ricchi. Solo loro, a suo dire, assicurerebbero un ulteriore lancio in una delle regioni che turisticamente, comunque, ha fatto assistere ad un vero e proprio boom già da sola.
Il fatto è che la vita concepita da Briatore è molto unidimensionale. Conta solo il “dio quattrino”. Le relazioni umane, i sani rapporti di lavoro, un’altra idea della vita sembrano cose davvero lontane dalla sua dimensione.
L’ultima sua esternazione è stata quella sui poveri. Ha detto: “Non hanno capito che chi crea ricchezza sono le aziende, gli investimenti. Non ho mai visto un povero creare un posto di lavoro”. Mischiando categorie tra di loro del tutto differenti, a meno che per lui i poveri non siano anche i lavoratori, e partendo da un’idea che soprattutto nel nostro Paese continua a rivelarsi molto astratta. E cioè che esista una intera classe d’imprenditori in grado davvero di fare quello che lui dice. “Il ricco investe sempre”, ha sentenziato. Mentre la storia d’Italia non conferma e ci parla della mancanza di una cultura dell’impresa, di un’attitudine a non investire se non arrivano i soldi pubblici. Un clamoroso esempio viene dal mondo della ricerca per la quale la nostra imprenditoria è sempre stata latitante.
Le vicende della Fiat, che ora se ne è andata in Olanda, la spoliazione del patrimonio pubblico attraverso le famose privatizzazioni, i “capitani coraggiosi”, che hanno ridotto l’Alitalia a poca cosa e ora sentiamo nuovamente Ita a battere cassa; tutte cose rimaste ben ferme nella memoria degli italiani. I quali sanno bene che da decenni si continua a puntare sul lavoro sottopagato, sulla precarietà e, persino, sia pure in dimensioni marginali, su vere e proprie forme di neo schiavismo gestito dalla malavita e che ha per oggetto molti immigrati, soprattutto quelli coinvolti nelle attività stagionali.
Ovviamente, abbiamo tantissimi imprenditori di grande valore per il quale può valere il ragionamento di Briatore, ma questo conferma solamente che la questione, insomma, è un po’ più complessa di come la mette giù Briatore.
Egli ha comunque ragione, forte anche della sua personale esperienza di successo, che un tempo piaceva molto di più lavorare. E’ vero che molto spesso alcuni giovani si presentano per chiedere un lavoro e, per prima cosa, si assicurano sui fine settimana e sulle ferie perché come dice lui “la gente vuole avere più tempo libero”. Ma ci sono tanti giovani che lavorano stringendo i denti, magari, per pochi euro l’ora di compenso, e sottoposti a orari massacranti. Oppure, come si sa accade in tanti esercizi commerciali delle grandi città, c’è un’infinità di giovani che si sentono proporre finti contratti di prova e poi, dopo un mese, sono rimandati a casa per provare a sfruttarne altri.
Le cose del mondo sono più complicate, è sicuramente più facile parlare …
Alessandro Di Severo