E’ successo un po’ come quando un tennista ha una palla-match, ma la spreca con un doppio fallo al servizio. A quel punto, l’avversario, inevitabilmente, lo rimonta e vince il tie-break”.
Il PD ha ottenuto un risultato eccellente, ma, a maggior ragione, è proprio il rilievo della sua performance, unita alla sconfitta, a dimostrare sperimentalmente – e non solo sul piano di analisi e deduzioni teoriche – che il cosiddetto “campo largo” non ha respiro. Perde in Liguria, diversamente che in Sardegna, anche perché questa volta la partita si é risolta nella classica prova muscolare, giocata del tutto sul “ring” del sistema bipolare, mentre Alessandra Todde ha saputo creare un traino ed ha coinvolto, attraverso le liste civiche autentiche che hanno concorso al suo impegno, un coinvolgimento di strati della società civile che, ieri l’ altro, sono andati, invece, ancora una volta, ad ampliare l’ astensionismo.
Per di più in Liguria non era praticabile quel voto disgiunto che in Sardegna ha “elasticizzato” il sistema, almeno quel po’ che l’ ha sottratto alla logica pregiudiziale di una polarizzazione algida e cieca. Il Movimento 5 Stelle lascia sul campo decine e decine di migliaia di voti, benché giocasse in casa (del fondatore ), senonché era investito da una crisi societaria che, in un certo senso, si e’ risolta non giubilando il “mister”, ma mandando a casa il padrone, come non succede neppure nella più scalcagnata squadra.
Sull’ altro fronte, Forza Italia questa volta soccombe alla Lega nella gara dei secondi, ma soprattutto va osservato con attenzione il risultato di Fratelli d’Italia che perde per strada quasi dodici punti, nel giro di pochi mesi. I suoi dirigenti locali imputano un calo cosi’ netto alla presenza di liste civiche – o meglio di “supporto tattico” – che però significativamente hanno drenato voti esclusivamente dal partito di Giorgia Meloni ed, in nessun modo, da Lega e da FI. Un po’ come se sia stato messo in luce il torsolo strutturato del voto di appartenenza di FdI, che non è poca cosa, ma pur sempre la metà o quasi del consenso complessivo.
Ci sono, insomma, tratti o sia pure lievi increspature nel comportamento elettorale dei liguri che non vanno trascurate. Nulla di drammatico, eppure sottili segnali sismici che potrebbero essere interpretati come sciame di leggeri sommovimenti del suolo che precedono un piu’ vasto movimento tellurico.
Restano in campo due questioni tutt’altro che da sottovalutare. Un astensionismo galoppante ed inarrestabile che rischia letteralmente di prosciugare le fonti della nostra vita democratica ed, in ogni caso, già la impoverisce al punto di materne in discussione l’effettiva aderenza al vero “sentimento” degli italiani. E, in secondo luogo, quella che possiamo chiamare “questione settentrionale”. Che tutte le Regioni del Nord, cioè le più vitali per lo sviluppo del Paese, siano governate dalla destra – soprattutto a fronte dell’ “autonomia differenziata” – non è problema di poco conto ed andrebbe messo a tema di una analisi approfondita.