“I detenuti e gli internati hanno diritto,al pari i dei cittadini in stato di libertà alla erogazione delle prestazioni di prevenzione, diagnosi. cura e  riabilitazione.efficaci ed appropriate , sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali ed uniformi di assistenza individuati nel Piano sanitario nazionale,nei piani sanitari regionali ed in quelli locali”.

L’affermazione di principio e contenuta nel D.Lgs. 22/6/1999 n.230 (1),riguardante il riordino della medicina penitenziaria,che costituisce attuazione del principio sancito dall’art.32 della Costituzione in materia di diritto alla salute nella parte m cui la norma stabilì che “la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo” e che “la legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana”.                        

Al di là di vuote affermazioni nel dibattito scaturito dall’approvazione dell c.d. Decreto Nordio del 4 Luglio e della mancanza,nel provvedimento,di benefici premiali per i detenuti più meritevoli o con pene brevi da scontare,come ma anche per quelli affetti da gravi patologie psico-fisiche,occorre avviare una riflessione sulle condizioni sanitarie in cui versano i ristretti, nonostante i ripetuti appelli rivolti al Governo dalle Organizzazionu Umanitarie e dalla stessa UE, rimasti inascoltati…

II diritto alla salute del detenuto,non hs ancora ricevuto un  pieno riconoscimento da parte dell’Ordinamento poiché esso è stato sempre condizionato dalla gravità della pena e non dalla malattia sofferta,con conseguenze devastanti sul Sistema Carcerario. .

Per contro,la stessa Suprema Corte (2),.giudicando in tema di differimento della esecuzione della pena nei confronti di persona in condizioni di grave infermità fisica,ha da tempo stabilito che in tali casi “occorre fare riferimento soltanto all’oggettiva gravità di questa per stabilire se essa sia tale da dar luogo,cumulata all’ordinaria attività della restrizione della libertà, ad un trattamento contrario al senso di umanità e ad una sostanziale elusione del diritto individuale costituzionalmente garantito alla tutela della salute da parte dell’Ordina mento, a nulla rilevando l’eventuale incompatibilità dello stato patologico con la perma nenza in carcere sotto il profilo di apprestamento delle opportune terapie”.

La Cassazione,quindi,modificando il proprio precedente orientamento(3)con cui aveva affermato,da una parte,che il diritto alla salute del detenuto prevale sullo stato di detenzione,quand’anche potesse ricevere adeguate cure in ambito carcerano,ma, dalls ‘altra,aveva limitato tale possibilità solo alle persone “in condizioni di grave infermità fisica ” demandando l’accertamento dell’affezione alle indagini peritali.

Nondimeno si trattava di un notevole passo avanti nella direzione della tutela della salute  in ambito carcerano atteso che la nostra Costituzione annovera la salute come un diritto assoluto dell’individuo,ne riconosce la appartenenza ai diritti che stanno alla base di qualsiasi comunità sociale e la cui negazione equivarrebbe alla negazione  di un diritto assoluto “erga omnes ” azionabile come diritto soggettivo(3-bis).

La stessa norma dell’art.11 dell’Ordinamento Penitenziario(4),disciplinando il servizio sanitario in carcere,riconosce i limiti effettivi della assistenza carceraria,demandando cure ed accertamenti diagnostici ad Ospedali Civili e luoghi esterni di cura,laddove gli stessi non poddsno essere apprestati all’interno del Sistema Carcerario.

La norma è andata nel tempo scontrandosi da una parte con la cronica carenza di servizi offerti in ambito carcerano e dall’altra con le nuove patologie sempre più diffuse tra i reclusi e preoccupanti dal punto di vista sanitario.

Pertanto,il Legislatore,con il Decreto citato,ha sentito la necessità di adeguare la prece dente normativa al dettato costituzionale ed alle più recenti riforme in materia sanitaria allo scopo di assicurare anche al cittadino detenuto condizioni di tutela della salute e ” livelli di prestazioni analoghi a quelli garantiti per i cittadini liberi”’.

Altra importante enunciazione di principio è stato il riconoscimento  di tale diritto anche ai detenuti stranieri poiché “tali soggetti hanno parità di trattamento e piena uguaglianza di diritti rispetto ai cittadini liberi,a prescindere dal regolare titolo di permesso di soggiorno in Italia”(6)

In linea con la riforma dell’assistenza sanitaria nazionale,la Legge  ha affida.to,quindi,la erogazione delle prestazioni sanitarie alla AUSL cui  spetta la gestione ed il controllo dei servizi sanitari negli istituti penitenziari,mentre alle Regioni sono demandate le compe tenze in ordine all’ organizzazione e  programmazione dei servizi sanitari regionali negli Istituti penitenziari ed il controllo sul funzionamento dei servizi stessi(7).

La Legge affida,inoltre  alle Regioni la definizione degli indirizzi generali volti a garantire gli obiettivi di salute dei detenuti e degli internati al fine di conseguire un “miglioramento continuo dell’assistenza negli istituti penitenziari”(8).

Le modifiche introdotte dal Legislatore agli artt.275,276268-bis,299 del Codice di Rito ed agll’artt.146 del C.P.e l’introduzione dell’ari.47-ter nell’O.P. e dell’art.211-bis del C.P.,lungi dal regolare solo la materia relativa al trattamento dei malati, meritano un attento esame in relazione ai c.d. malati gravi detenuti.

Il comma 4-bis dell’art.275 ha esteso. infatti, il divieto di custodia cautelare anche ai detenuti colpiti da “patologie particolarmente gravI per effetto delle quali le condizioni di salute risultano incompatibili con lo stato di detenzione e comunque tali da non con sentire adeguate cure in caso di detenzione m carcere”.

In tali casi ‘se sussistono esigenze cautelari di eccezionale rilevanza e la custodia cautelare presso idonee strutture penitenziarie non è possibile il Giudice dispone la misura degli arresti domiciliari presso un luogo di cura o di assistenza o di accoglienza”(comma 4-ter).

Il ricorso a strutture sanitarie esterne e per le necessarie cure viene ancora ribadito nel comma 3 dell’ari..286-bis laddove la norma stabilisce che “quando ricorrono esigenze diagnostiche ovvero terapeutiche ,se tali esigenze non possono essere soddisfatte nell’am bito penitenziario ,il Giudice può disporre il ricovero provvisorio in idonea struttura del Servizio sanitario nazionale per il tempo necessario. adottando,ove occorra,i provvedi menti idonei ad evitare il pencolo di fuga”.

Inoltre,sono state apportante modifiche all’art.146 del C.P.,che disciplina il rinvio obbligatorio della esecuzione della pena,necessitate dalla dichiarazione di illegittimità della norma  nella parte in cui prevedeva che il differimento avesse luogo anche quando l’espiazione della  pena potesse avvenire senza pregiudizio della salute del soggetto e di quella degli altri  detenuti(9-bis).

Tuttavia,non risulta modificato l’art.147 del CP,in materia di rinvio facoltativo della pena, per il quale il carattere cronico ovvero inguaribile della malattia non assume alcuna rile vanza atteso che tale fattispecie non è contemplata dalla norma (!!).

In tali ipotesi si ritiene,invece,necessario che il Giudice valuti se l’infermità fisica del soggetto abbia o meno la possibilità di trarre giovamento  nello stato di libertà sottoponendosi a terapie e trattamenti sanitari diversi e più efficaci di quelli che pos sono essere prestati nelle strutture sanitarie penitenziarie.

In conseguenza,la mera asserzione di “compatibilità “dell’infermità col regime peniten ziario non soddisfa pertanto l’obbligo di motivazione sulla sussistenza o meno del diritto al differimento della esecuzione della pena,mancando,in tal caso,l’esame e la valutazione dell’eventuale incidenza dell’infermità addotta,in caso di permanenza del regime carce rano, sulla salute del detenuto(9-ter) (!!) atteso che tale ipotesi non risulta normata..

In ogni caso,l’accertamento della gravità della malattia è sempre demandato ad una perizia che. nei pur brevi termini stabiliti dall’art299,comma 4-te C.P.r.accerti la incompa tibilità con lo stato di detenzione, creando una situazione di discrezionalità che finisce con il costituire un serio pregiudizio della salute del soggetto anche a causa della diversità di giurisprudenza fra i vari Tribunali di Sorveglianza (10).

Infine,la Legge n.165/1998(c.d.”legge Simeone”),accogliendo proprio una richiesta proveniente dalla Magistratura di Sorveglianza,ha introdotto una nuova fattispecie di detenzione domiciliare per ragioni di salute aggiungendo l’art.47-ter,comma 2 bis che prevede una forma di detenzione domiciliare per qualsiasi titolo di reato,senza limiti di tetto di pena.con un sistema “a termine” imperniato sullo stato di avanzamento della malattia legato a successive verifiche da parte dello stesso Tribunale di Sorveglianza che la concede 11).

Appare,quindi, evidente che,con un sistema normativo così delineato,il diritto alla salute del detenuto si scontri da una parte con i limiti dell’assistenza sanitaria penitenziaria e dall’altra con le esigenze di sicurezza della collettività.

In questo.pur controverso,quadro normativo è stato emanato il D.M. 21/4/2000 concernente il Progetto per la tutela della salute in ambito penitenziario(12), così come previsto dal D.Lgs. 230/1999 innanzi citato.

Il Progetto denuncia ,innanzitutto,una importante lacuna costituita dalla inesistenza di un sistema di rilevazione nazionale delle patologie in ambito penitenziario evidenziando soltanto i dati (parziali) disponibili relativi a quelle maggiormente diffuse in ambito carcerano (13).

Manca, inoltre, ogni riferimento alle patologie sofferte dai detenuti stranieri all’atto dell’ingresso in Carcere frutto delle condizioni sanitarie dei Paesi di provenienza.

Le patologie infettive,psichiatriche e gastroenterologiche sono quelle più diffuse che costringono l’Amministrazione Penitenziaria ad un notevole impegno economico per l’acquisto dei farmaci.

Inoltre il Progetto sottolinea che “‘il carcere,per molti aspetti  è causa di rischi aggiuntivi per la salute fìsica e psichica dei detenuti,degli internati e dello stesso personale addetto alla sorveglianza e all’assistenza” atteso che “nella condizione di restrizione della libertà personale i problemi della quotidianità risultano determinanti per lo stato di salute,inteso come benessere psico-fisico di ciascuno e di tutti “(14).

Inoltre,“il regime alimentare, gli ambienti malsani,la mancanza di movimento e di attività sociale,l’inedia. gli atti di violenza e di autolesionismo, fino al suicidio,sono le questioni cui con priorità deve essere rivolta l’attenzione e Iniziativa dei servizi sanitari “.

Infine, il Progetto,pone in risalto “lo stato delle strutture edilizie con vecchi edifici impropriamente  adattati a carceri e degradati dal tempo e dall’uso e con stabilimenti di più recente costruzione ma ugualmente inadatti e nocivi”, a cui si è cercato di porre rimedio con un aumento della capienza attuale ma senza provvedimenti di sorta merntre si è ritenuto utile aumentare il numero degli Agenti preposti alla sorveglianza,nonostante le gravi carenze dell’attuale organico.

Peraltreom,la Giustizia Riparativa,introdotta dalla Riforma Cartabia anche per l’esecuzio ne penale,demanda ai Tribunali di Sorveglianza ogni decisione in ordine alla richiesta di benefici premiali  imn base ad una volontà riparatoria manifestata dal detenuto ma, in questa ipotesi, si registrano ritardi a causa della carenza dei Centri appositamente istituiti per l’avvio della c.d. mediazione penale con la Vittima di reato…

Tutta la gravità della situazione in atto traspare a dal costante aumento dei suicidi in Carcere a cui, peraltro,il Decreto Nordio non pone alcun rimedio specie sull’accertamento dello stato psichico del detenuto allo scopo di impedire il gesto estremo.

Dopo questa breve panoramica oltremodo desolante della condizione carceraria del detenuto-malato,il D.M.,innanzi citato,delinea i possibili rimedi a tale situazione deman dando alle ASL i “modelli organizzativi atti ad assicurare il soddisfacimento della domanda di cura dei detenuti e degli internati” e la organizzazione di “percorsi terapeutici che garantiscano la tempe stività degli interventi.la continuità assistenziale, l’adeguatezza e la qualità delle prestazioni e la verifica dei risultati anche attraverso apposite linee guida”(15),ma si tratta,evidentemente,di una mera affermazione di principio rimasta pressoché intonsa..

In materia di assistenza ai Migranti detenuti,il Progetto sottolinea come propedeutico a qualsiasi intervento migliorativo delle condizioni di salute degli stessi sia “la conoscenza delle  lingua atteso che la non conoscenza delle lingue straniere da parte del personale” e la “non conoscenza dell’immigrato delle norme e dei regolamenti che disciplinano le attività sanitarie negli istituti penitenziari” ne impediscano, di fatto, l’acesso (16).

Quanto inna zi  vale a denunciare,ancora una volta,il cosiddetto “gap” linguistico che impedisce allo straniero di esercitare, durante la detenzione, i propri  diritti sanciti dalla Convenzione Europea per i Diritti dell’Uomo e le libertà fondamentali, primo fra tutti il diritto di difesa(17),nonostante la Corte Costi­tuzionale abbia da tempo espresso il proprio orientamento in senso favorevole a tale riconoscimento(18) snche a Sezioni Unite..

Sul punto,va ricordato che, secondo la statistica,la popolazione carceraria di origine straniera risulta essere di circa 1/3 di quella italiana.(sic!!), aggravando la situazione già pesante del Sistema..

Le malattie infettive,sempre secondo il D.M.,”assumono una particolare rilevanza nelle condizioni che si determinano nelle comunità penitenziarie in cui si verifìcano situazioni abitative,alimentari e comportamentali che ne facilitano la diffusione e la acquisizione delle infezioni”(19) come la scabbia,la tubercolosi e le malattie veneree,anche in danno del personale preposto alla sorveglianza o cura.(!!)

Inoltre,in materia di tutela della salute mentale della popolazione carceraria, il Progetto sottolinea come “sia ormai riconosciuta a livello intenazionale l’esistenza di un disagio psichico maggiore e diffuso negli istituti penitenziari”(20) che rende. improcrastinabili

“interventi  miratii di prevenzione, cura e riabilitazione dei disturbi mentali”.

Nondimeno “sono assegnati agli istituti o servizi speciali per infermi e minorati psichici gli imputati ed i condannati,ai quali nel corso della misura sopravviene una infermità psich ica che non comporti l’applicazione provvisoria della misura d sicurezza del ricovero nei REIMS o in case di cura e custodia nonché. per l’esecuzione della pena,i soggetti condan nati a pena diminuita per vizio parziale di mente”(21).

Infine il pur articolato Progetto, in tema di riabilitazione psico-fìsica ,sottolinea la necessità di una “riorganizzazione ed implementazione delle attività riabilitative(spesso assenti) per realizzare in ogni Istituto Carcerario spazi attrezzati per lo svolgimento delle attività di riabilitazione”(22).

Tuttavia,dopo avere denunciato le pur condivisibili carenze del sistema sanitario carcera no ed il pregiudizio delle condizioni di salute del malato-detenuto, il D.M. non ne trae le necessarie con­seguenze in linea con il riconoscimento del diritto dei detenuti e degli internati alla erogazione delle prestazioni di prevenzione,diagnosi,cura e riabilitazione efficaci ed appropriate sulla base degli obiettivi generali e speciali di salute e dei livelli essenziali e uniformi di assistenza individuati previsti nel Piano sanitario nazionale,come enunciato nell’art 1 del D. Lgs .22/6/1999 n.230.

Il Progetto si limita a suggerire “il ricovero in una unità operativa di degenza esterna al carcere preposti.alla cura degli stati acuti di malattia dei soggetti detenuti” (!!) senza fornire nessuna indicazione in ordine alla prevenzione ed accertamenti in tale ipotesi .

In conclusione,se vi è stato  negli anni trascorsi dalla emanazione dei citati provvedi menti in materia, un riconoscimento pieno del diritto alla salute del detenuto-malato tuttavia,è ancora opinione diffusa che “le ragioni della sicurezza dell’Amministrazione Penitenziaria(…comportino…)l’esigenza di limitare il ricorso al ricovero esterno ai soli casi necessar “(23) quantunque, si affermi da altri parti,che “mai le ragioni della sicurezza possono mettere a rischio la salute e la vita dei detenuti” e benché “il trasferimento dell’assistenza sanitaria negli istituti penitenziari al Servizio Sanitario Nazionale consente di superare una separatezza storica tra culture diverse che hanno una finalità comune:la salute delle persone, sempre ed in ogni caso,tenendo conto della specificità delle condizioni ambientali (24).

Non si può,a questo punto,non cogliere la discrepanza tra affermazione del diritto alla salute del malato-detenuto, che e Organizzazioni Umanitarie che assistono i ristretti e dalla Stampa denunciano quotidianamente,con le attuali condizioni sanitarie carcerarie con il limite costituito dalla possibilità di ricovero esterno unicamente per le malattie gravi o gli stati acuti di malattia del detenuto,quantunque la stessa malattia possa essere stata causata ovvero aggravata dallo stesso stato di detenzione che appare la causa più evidente dei numerosi suicidi in carcere..

Nonostante,quindi,l’intervento del Legislatore che con la L.230/1999 aveva esteso il ricovero esterno al Carcere,sia pure in regime di arresti domiciliari,per salvaguardare le esigenze di sicurezza della collettività,il Progetto non ha prodotto le dovute conseguenze individuando le condizioni obiettive e le patologie che necessitano,in tutta evidenza,un ricovero ospedaliero alla luce della carenza dei servizi sanitari carcerari,ammessa dalla stessa Autorità .Penitenziaria ..

Il diritto alla salute del detenuto-malato,quindi,ancora una volta, risulta compresso e limitato dal Legislatore proprio da quella “separatezza storica tra culture ed esperienze diverse che hanno una finalità comune:la salute delle persone, sempre ed m ogni caso,tenendo conto della specificità delle condizioni ambientali”‘ in spregio ai più elementari diritti umani da tutelare per i ristretti..

E” questa,nei fatti,la logica che da sempre danneggia il riconoscimento di diritti fonda mentali costituzionalmente protetti nei confronti del detenuto-malatoche, proprio a causa della malattia,è un soggetto debole che menta comprensione,assistenza e cura alla stregua di ogni cittadino libero che,in quanto tale,può sottoporsi alle cure del caso.

Occorre fare,quindi, un vero e proprio salto di qualità nell’assistenza sanitaria al detenuto -malato affinché la custodia cautelare ovvero lo stato di detenzione siano sostituiti,in tutti casi,dal ricovero ospedaliere, in case di cura o REMS che consentano un trattamento idoneo alle condizioni di salute dello stesso come pure con la rimessione in libertà ovvero gli arresti domiciliari,tranne nei casi di esigenze cautelari di eccezionale rilevanza.

E’ auspicabile quindi che il Legislatore riveda complessivamente la materia ed emani rapida­mente le norme attuative nel rispetto del diritto alla salute del cittadino libero o detenuto sancito dall’art.32 della Costituzione senza ulteriori indugi di sorte.

Mario Pavone

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