Il 18 agosto u.s. in due consessi diversi, la Prof.ssa Marta Cartabia, Presidente della Corte Costituzionale e il Prof Mario Draghi ex Governatore della Banca d’Italia ed ex Presidente della BCE , hanno dato prova della loro autorevolezza istituzionale, esprimendosi su due tematiche di alto profilo culturale e lo hanno fatto con rara competenza e pertinenza di trattazione: nell’anno in cui si ricorda un secolo dalla scomparsa del filosofo e sociologo Max Weber si potrebbe senza piaggeria affermare che hanno saputo interpretare al meglio il concetto di “lavoro intellettuale come professione”, quel Beruf weberiano, appunto, che è sintesi di capacità, motivazione e vocazione.
Ciò che in gergo attuale potrebbe esprimersi come know how, un mix vincente di “essere, sapere e saper fare”.
La Presidente Marta Cartabia ha tenuto la lectio magistralis all’annuale convegno di Pieve Tesino della Fondazione Alcide De Gasperi, Presieduta dal Prof. Giuseppe Tognon, sulla figura dell’illustre statista trentino, la cui grandezza è testimoniata dalla autorevolezza della sua guida politica e dalla rettitudine morale che lo caratterizzava, che vengono rinnovate e raccolte continuamente con nuovi studi che alimentano una già sterminata bibliografia.
“Costituzione e ricostruzione”: il titolo della relazione ma anche il senso di un percorso di coerenza e continuità di cui De Gasperi fu indiscusso protagonista, non “un “ politico ma “il” politico a cui l’Italia affidò la ripartenza del Paese dopo la seconda guerra mondiale e la sua riedificazione dopo le macerie, restituendogli senso e dignità, non dimentichiamolo, anche nel consesso europeo a partire dal famoso discorso alla Conferenza dei Parigi del 10 agosto 1946.
Una lectio magistralis esposta senza concedere mai una parola alla retorica, legata a doppio filo agli avvenimenti della Storia e alla personalità dello statista, in un intreccio che lo rendeva un “tutt’uno”, come politico, cattolico, uomo di cultura nella vita pubblica e privata, testimoniando – non dobbiamo dimenticarlo – una assoluta coerenza con la sua vita anche quando questo gli era costato molto, compreso il carcere. Uno statista umile e coraggioso, che immedesimava nel suo agire l’idea del bene comune, l’interesse del Paese, con una visione lungimirante e dalle prospettive foriere di speranza, che solo il declino politico e morale del Paese e della politica dopo di lui hanno potuto, nonostante le sue illuminanti premesse, travisare.
Confrontando la sua esperienza politica e il suo senso dello Stato con le irrilevanti pochezze del recente passato e del presente, riusciamo a capire quanto una guida retta, competente e responsabile sia determinante per le sorti del Paese: trovo significativo che una altissima carica dello Stato, qual è la Presidente della Corte Costituzionale, abbia reso omaggio alla figura e all’opera di un uomo politico di siffatta statura morale, tanto sarebbe impossibile e imparagonabile il poterlo fare oggi, per qualsiasi uomo politico del presente, senza cadere nelle contraddizioni degli sconfinamenti e dei torbidi intrecci che legano giustizia e politica e tracciano una immagine deleteria del concetto di potere. Un forte richiamo all’uomo e al suo esempio, quello della Presidente Cartabia, che segnando un confine etico con un presente fondato sul servilismo, il doppiogiochismo, la selezione clientelare della classe dirigente del Paese, rilancia il coraggio di un uomo che seppe unire e coniugare la competenza non ostentata con l’esercizio della responsabilità intesa come servigio reso al Paese.
E come a dimostrare che la coerenza esprime una virtù che unisce le riflessioni “alte” (quelle che vanno lette, ascoltate e custodite come scrigni preziosi cui attingere insegnamenti per la vita) , ecco che quel coraggio Degasperiano diventa – nella sua relazione al Meeting di Rimini, lo stesso giorno, un passaggio cruciale per Mario Draghi, che cita lo statista quando nel 1943 “scriveva la sua visione della futura democrazia italiana”. Richiamando i cardini dell’azione politica e dei decisori delle sorti dell’umanità, che aveva esposto all’Università Cattolica di Milano, il giorno del conferimento della laurea honoris causa: “conoscenza, coraggio e umiltà”: “la conoscenza per cui le decisioni sono basate sui fatti, non soltanto sulle convinzioni; il coraggio che richiedono le decisioni specialmente quando non si conoscono con certezza tutte le loro conseguenze, poiché l’inazione ha essa stessa conseguenze e non esonera dalla responsabilità; l’umiltà di capire che il potere che hanno è stato affidato loro non per un uso arbitrario, ma per raggiungere gli obiettivi che il legislatore ha loro assegnato nell’ambito di un preciso mandato”.
Guardando al presente e al futuro, alla crisi e alle speranze, sempre orientato ai valori etici dell’esempio che rendono la vita una lezione degna di essere appresa e resa di giorno in giorno migliore, ecco che dal cilindro di Mario Draghi spunta la centralità del tema generazionale: forse nessuno come lui ha maturato una esperienza così significativa nel consesso europeo da autorizzarlo a sfrondare tentennamenti e paure, incertezze e lusinghe demagogiche e populiste, mirando dritto al cuore del tema dominante della sua relazione: i giovani e il mondo che troveranno domani, che dovrà essere sostenibile, compatibile con l’ambiente, capace di utilizzare le risorse umane e finanziarie secondo un principio di moltiplicazione delle occasioni e delle possibilità di trovare lavoro, partecipare alla promozione del bene comune, crescere senza discriminare o dar luogo ad ingiustizie palesemente rinvenibili nel passato e rinnovate nel presente.
Ciò senza bypassare le angosce dell’oggi, legate al Covid 19, che tormentano l’umanità e spingono verso lo sconforto e l’abbandono, in attesa di una sconfitta del virus ma senza dimenticare che si tratta di una storia che può ripetersi, visti i conflitti, i dubbi, le debolezze della scienza stessa di fronte ai destini imperscrutabili del mondo impreparato.
Per questo diventa centrale la scelta di mettere i giovani al primo posto di ogni scelta perseguibile.
Richiamando la centralità dei temi economici e l’imperativo della crescita, Draghi non ha disgiunto questi aspetti dal significato e dal fondamento etico che deve caratterizzare ogni azione umana.
Senza forse nominare questa parola, Marta Cartabia e Mario Draghi , hanno ricalibrato attorno al termine “valore” il senso della narrazione che unisce passato e presente e conferisce continuità alle azioni dell’uomo.
Le lezioni dei due autorevoli relatori non esprimono il luogo comune della retorica di Stato ma vanno assunte come “sintesi alte” di riflessioni di lunga deriva, meditate e significative.
Francesco Provinciali