La Bce può anche fermare i rialzi dei tassi, ma il rischio che i salari non tengano il passo dei prezzi, anche alimentari, rimane. Questo è l’incipit dell’articolo di Paolo Annoni pubblicato su IlSussidiario.net (CLICCA QUI) e che affronta la questione dell’inflazione a seguito della pubblicazione da parte dell’Istat del  “conto trimestrale delle amministrazioni pubbliche, reddito e risparmio delle famiglie e profitti delle società” del primo trimestre 2023.

Secondo Annoni, “Il problema, nel contesto attuale, è tutto spostato sulla crescita dei salari perché finite le politiche
monetarie espansive, finiti i deficit fuori scala e finiti i risparmi eccezionalmente accumulati nel 2020 e nel 2021 quello che rimane sono prezzi molto più alti di due anni fa. la pubblicazione offre alcuni dati utili a partire dall’aumento del potere d’acquisto delle famiglie, salito del 3,1%, rispetto al trimestre precedente” e che “l’Istat dice molto altro. Spiega che l’indebitamento netto delle amministrazioni pubbliche rispetto al Pil nel primo trimestre è stato del -12,1%; è il secondo peggior saldo primario dal 1999 dietro solo al dato del 2021. La politica fiscale è stata ancora espansiva. La pressione fiscale nello stesso trimestre è stata del 37%, in diminuzione dello 0,9%, rispetto al primo trimestre del 2022. La propensione al risparmio delle famiglie è salita di 2,3 percentuali, al 7,6%, rispetto al quarto trimestre 2023. Soprattutto la quota di profitto delle società non finanziarie, al 43,7% nel primo trimestre, ha fatto registrare il dato più alto dal 2010 per il primo trimestre.

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