C’è voluto il rumore delle armi nel cuore dell’Europa per riportare all’attenzione diffusa una situazione internazionale che ormai investe la vita di tutti e tutti i giorni. Prima della drammatica aggressione russa all’Ucraina tenevano stancamente banco le solite faccende di casa nostra: le contese dei partiti o presunti tali, la curva del Covid, le dispute sui vaccini, il bullismo dei minorenni, lo spread.
Sino ad oggi, a parte gli interventi autorevoli del Presidente del Consiglio e il minimo sindacale del Ministro degli Esteri davanti al parlamento, si legge solo qualche dichiarazione dei leader di partito di poche righe. Speriamo che le forze politiche si esprimano, non tanto sugli eventi in corso ma su quanto si dovrà e potrà fare di fronte alla vastità dei problemi che l’esplosione del conflitto ha aperti e sulle prevedibili conseguenze in tutto l’Occidente.
Bisogna riconoscere che la nostra stampa quotidiana e i media audiovisivi informano con dovizia di spazi, di corrispondenze e con analisi anche di pregio sugli eventi in corso. Conviene peraltro richiamare qualche lettura che da tempo ci avvertiva della esigenza di non limitarci alla cronaca corrente di tutti i giorni.
Torna di grande attualità una analisi proposta pochi anni fa da Henry Kissinger (“Ordine Mondiale”, Mondadori, 2015) sull’assetto globale del mondo attuale: “un ordine che non è mai esistito nella storia perché le diverse civiltà hanno sempre considerato la propria cultura e le proprie leggi come universalmente valide”. Già si parlava con preoccupazione nello stesso testo delle tensioni tra la Russia e l’Ucraina, delle debolezze dei confini, delle divisioni nell’Europa centrale, della flessibilità delle alleanze.
Attuale anche il lavoro di Noah Arari(“Ventuno lezioni per il XXI secolo”,2018, Bompiani) che nel quadro di analisi più ampie richiamava l’occupazione russa della Crimea come esempio storico più recente di violazione di trattati e leggi internazionali e che nell’era “della post verità, le notizie false durano per sempre”. Dopo avere negato il coinvolgimento della Russia nell’operazione, Putin aveva dichiarato che si trattava di gruppi di autodifesa che avevano acquistato l’equipaggiamento nei negozi locali (!). Eseguita l’annessione, il motivo addotto è poi stato quello “di ricostituire l’integrità della sacra nazione russa”. Un falso quindi, sostiene a tutte lettere Harari, perché durante i mille anni di ipotetica unità russa Kiev e Mosca sono appartenute allo stesso Paese per soli trecento anni.
Più recenti i pregevoli lavori di Tim Marshall sulla geografia che spiega il mondo (“Il potere delle mappe”, Garzanti, 2021) . Pur non analizzando quell’area tra i dieci ambiti presi in esame, l’autore spalanca i problemi aperti in un quadro ben più vasto che va dall’est europeo al Medio Oriente, dimostrando come nei Balcani l’assetto degli Stati resta instabile; come il conflitto latente fra Grecia e Turchia dura da cento anni ed ora è pericoloso; che le tre repubbliche baltiche (Estonia, Lettonia, Lituania) sono costantemente a rischio.
Profetico uno degli ultimi saggi di John Mearsheimer, professore a Chicago, (“La tragedia delle grandi potenze”, Luiss, 2019) che dalle decine di conflitti che si sono intensificati nell’ultimo trentennio trae la conclusione che la tragicità consegue alla ricerca di dominio, di zone di influenza o di sicurezza a spese dell’altro. Dello stesso autore è possibile ascoltare una conferenza in lingua inglese di alcuni anni orsono proprio sul rischio di invasione dell’Ucraina ( You Tube, J.Mearsheimer, “Why is Ukraine the West falt?”)
Anche Francis Fukuyama, il professore dell’ Universita’ di Stanford, in un lavoro dedicato ai nazionalismi, populismi e crisi delle democrazie( “Identità” Utet, 2019) definisce le indipendenze di Georgia e Ucraina e il percorso verso l’identità nazionale, come “una forza in grado di spostare le frontiere per adattarle alle preesistenti popolazioni linguistiche e culturali, un processo tanto più irresistibile, in un tempo dove la gente dispone di ampi strumenti tecnologici in grado di smentire i regimi autoritari”.
Importante questa ultima analisi citata, anche se c’è voluto il rumore delle armi per riportarci a convinzioni che pensavamo ormai consolidate dopo decenni di pace, almeno nel nostro continente e a parte la tragedia jugoslava. La cronaca quotidiana smentisce queste relative sicurezze. Solo la Storia potrà confermare la speranza che la forza dei popoli è irresistibile.
Guido Puccio