Una via d’uscita dalla scabroso questione del Mes è stata quasi subito indicata, in una maggioranza divisa, utilizzando la ciambella di salvataggio della decisione finale lasciata al Parlamento.

La ‘riscoperta” del ruolo del Parlamento avviene mentre, in realtà, s’ infittiscono le pratiche dei veti incrociati e la decretazione d’urgenza è portata a sistema. E non si tratta neppure di quella “centralità” di cui si parlava tanti decenni fa quando i due “vincitori”, Dc e PCI, dovevano trovare una modalità per non bloccare il Paese e, al tempo stesso, per non perdere la faccia. Ma così facendo si procedeva lungo l’utile via del reciproco riconoscimento di dignità tra la maggioranza e gli altri.

In qualche modo, la questione del Mes è più complicata. Visto che c’è stata la narrazione di una maggioranza uscita dalle urne con il controllo pieno di entrambe le Camere. Unita su tutto per rispondere al mantra del “fare” e del cambiamento persino dell’arte del governare. Così ovviamente non è su un tema tanto delicato qual è quello della ratifica di un Meccanismo europeo contro cui si sono sempre lanciati Giorgia Meloni e Matteo Salvini.

La prima, però, sta assaggiando oneri ed onori delle relazioni internazionali. E sa bene quanto pesino quegli impegni, scritti o impliciti, connessi alla “generosità” con cui l’Europa ha deciso di far diventare l’Italia il paese beneficiato dai tanti miliardi del Pnrr. Salvini, invece, non demorde e non sembra intenzionato a votare per la ratifica, checché ne pensi il suo pur ministro di peso all’economia Giorgetti.

Giorni fa abbiamo parlato, allora, di quanto il Mes possa rivelarsi “galeotto” (CLICCA QUI) e persino implosivo per il Governo. Al punto che, semmai, il trasferimento dell’ardua decisione al Parlamento potrebbe rischiare di farla diventare ancora più dirompente.

È forse per questo che Giorgia Meloni ha deciso di rinviare tutto a settembre senza esporsi sull’idea di un’effettiva possibilità che il tutto venga fatto dipendere dal libero voto del Parlamento. Dove, in ogni caso, si vedrà chi conferma o meno le proprie posizioni di principio e giungere ad una concreta verifica della tenuta della maggioranza. Andare al voto oggi significherebbe, infatti, vedere approvata la ratifica del Mes da Fratelli d’Italia, Pd, Calenda e Renzi con tutti gli altri contrari. Come ne uscirebbe il Governo. Meglio far decantare.

Un’altra parziale riscoperta della “centralità” del Parlamento la potremmo avere per quanto riguarda la questione di Daniela Santanche’ oramai diventata un affare di Stato. Giorgia Meloni si è detta sempre rassicurata dalla sua ministra del Turismo, ma circolano voci sul fatto che sia stata anche lei a convincere la sua fedelissima a presentarsi  alle Camere sulle vicende denunciate dalla stampa in merito alla gestione delle sue aziende per cui c’è il rischio del fallimento.

La via del dibattito parlamentare consente a Giorgia Meloni di evitare un suo diretto intervento a fronte delle richieste delle dimissioni avanzate sempre più a voce alta dalle opposizioni. Ma è evidente che la Santanche’ sarà chiamata a fornire adeguate spiegazioni su questioni delicate che non riguardano solo le sue capacità d’imprenditrice e cioè il biglietto da visita da lei usato finora per occupare una discreta parte dello scenario della destra.I giornalisti che si sono occupati di lei hanno parlato anche di questioni più delicate e bisogna vedere cos’altro emergerà da parte di un’agguerrita opposizione che non ha certo ignorato taluni distingui emersi tra le fila degli alleati di Giorgia Meloni.In ogni caso, l’impressione è quella che la “centralità” del Parlamento la si tiri fuori quando può servire per uscire da situazioni che andrebbero affrontate da veri statisti, ma mancano i fondamentali.

About Author