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Che ci fa Tajani da “quelle parti”? – di Domenico Galbiati

Forza Italia ha un problema. E lo deve risolvere.

Non saranno i petardi di Renzi, né le reprimenda di Calenda ad accendere un possibile nuovo percorso nella vicenda politica del nostro Paese. Ma Forza Italia, sì. Potrebbe farlo.

Va detto con onestà intellettuale, e con franchezza, anche da parte di chi non ha mai condiviso Berlusconi. Va riconosciuto come oggi, oggettivamente, quello che fu il suo partito ricopra, nella costellazione complessiva del nostro attuale sistema politico, una posizione preminente.

Non in termini di peso elettorale – inferiore al 10%, molto lontano dai fasti di un tempo – ma nella misura in cui rappresenta la chiave di volta di una possibile evoluzione del quadro politico, alternativo al governo delle destre. E, nel contempo, sul piano strutturale, l’attore, anche qui, di una possibile evoluzione, nel segno di un necessario superamento del bipolarismo maggioritario.

“Pacta sunt servanda”: è comprensibile ed ovvio, quindi, che, finché la barca va, anche Tajani debba remare in quella direzione, immergendo i remi del partito che dirige, in modo più o meno determinato e convinto, in acque che forse cominciano ad apparirgli infide.

La questione si pone, però, fin d’ora, nella prospettiva della prossima scadenza elettorale, pur dovesse giungere – e così sarà, con ogni probabilità – alla conclusione fisiologica dell’ attuale legislatura.

Che ne facciamo dell’Italia? L’abbandoniamo in mano alle destre, oppure tentiamo un nuovo cammino, quello che su queste pagine, da tempo, evochiamo come “coalizione popolare e liberal-democratica”?

Non c’è, del resto, “campo largo” che tenga e, se anche ci fosse, dovremmo guardarcene. Infatti, se pur si dovesse rabberciarne i confini e stabilirne una fisionomia passabile, tale e tanta è stata la fatica fin qui spesa attorno ad un progetto che non decolla, da convincere gli italiani che, se pur vi fosse una vittoria elettorale aritmetica della sinistra, non ne conseguirebbe una vera ed autentica facoltà di governo.

Ce li immaginiamo Schlein e Conte al governo insieme?  Con chi? Con Renzi e Calenda? Ed il conforto di Fratoianni?
Occorre una proposta che interpelli, ovviamente, anche le forze del fronte progressista e lo ponga nella condizione di decidere quale anima intenda far prevalere a sinistra.

È possibile un ritorno alla vocazione “popolare”, da parte dei cattolici, anzitutto, ma anche da una componente schiettamente di sinistra, che ha tale vocazione nella propria memoria storica, come momento fondativo della sua identità?  Oppure è destinata a prevalere una impostazione di stampo “radicale” che si è abbarbicata da tempo alla sinistra storica, con la quale, peraltro, idealmente, a voler essere schietti, non ha gran che da condividere?
È urgente restituire agli elettori la titolarità a concorrere. Anzitutto tornando a votare con convinzione, alla costruzione di una visione e di un progetto che sappia dar conto delle attese e delle legittime ambizioni che gli italiani – i giovani, soprattutto – hanno in animo.

Le forze politiche – nessuna esclusa – devono affinare la loro capacità d’ascolto. Anziché ingrottarsi l’una nell’altra, nelle “matrioske” di aggregazioni più o meno posticce, dovrebbero – ciascuna per la sua parte – mostrarsi per quel che sono, secondo la singolare cultura politica in cui ognuna affonda le proprie radici.

In altri termini, i partiti, anziché avocare a sé in esclusiva la funzione “politica, quasi sequestrandola dentro il “palazzo”, dovrebbero favorire un nuovo protagonismo della società civile. Tocca, infatti, anche a quest’ultima, anziché rinserrarsi per compartimenti stagni dentro la particolarità dei mille interessi che la attraversano, maturare una più spiccata capacita’ di “pensare politicamente” e di orientare le proprie articolate voci verso una ricerca sincera dell’ interesse generale dell’Italia. Unica cornice in cui anche la specificità degli interessi di ognuno vengono orientati verso una prospettiva di “bene comune”.

Questo significa – e torneremo sulle forme e modalità possibili ed opportune – rafforzare la rappresentanza. Ma, per tornare a bomba, in quest’ottica – come su queste pagine è già stato ampiamente detto – è lecito attendersi che Forza Italia rinverdisca quella sua originaria vocazione “liberal-democratica” che è sicuramente alternativa alla sinistra tout-court, ma, altresì, incomponibile con le destre di Giorgia Meloni e di Matteo Salvini.

Domenico Galbiati 

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