Il G20, nato nel 1999, si è tenuto per la prima volta in Italia in un momento storico caratterizzato dalla ripresa della pandemia. Al vertice hanno partecipato le principali economie mondiali con la presenza dei Capi di Stato e di Governo. A questo appuntamento ha fatto seguito la Cop26, ventiseiesima Conferenza delle Parti sul Cambiamento Climatico prevista nel 2020 a Glasgow e rinviata a novembre 2021 a causa della pandemia di Covid-19, presieduta dal Regno Unito in partnership con l’Italia.

Gli incontri dei due eventi mondiali, il G20 e a seguire la Cop26, hanno evidenziato come i danni provocati ultimamente dall’uomo all’ambiente stanno mettendo in serio pericolo la vita sul nostro Pianeta. “Abbiamo una sola casa” affermano a gran voce gli ambientalisti e il “Friday for future”, movimento globale nato in Svezia nel 2015 dall’impegno di Greta Thumberg, e migliaia di studenti del mondo dimostrano una nuova sensibilità verso una sfida del nostro tempo che va affrontata al più presto.

L’esigenza è di una forte mobilitazione politica, una unità dei Paesi di tutto il mondo se si vuole ottenere un risultato a breve, ma il summit ha mostrato numerose falle negli accordi ed assenze clamorose di nazioni come Cina, Russia, India. Essi sono i Paesi che consumano il 60,2% del carbone a fini di produzione elettrica usato sull’intero Pianeta, sono i paesi dei disastri nucleari, da cui dipendono le emissioni più nocive: per questo sono la causa e la soluzione del cambiamento.

L’urgenza del problema richiede scelte innovatrici, i danni inflitti al nostro habitat naturale rivestono il carattere dell’urgenza e della drammaticità. I Paesi ancora poco allineati ai protocolli d’intesa che i grandi della terra hanno recentemente firmato, antepongono la crescita economica e lo sviluppo alla prevenzione dei danni climatici e ai disastri ambientali. Il nostro futuro, invece, non è solo nella crescita del PIL ma nel rispetto e nell’attenzione alla salute della Terra e di rimando alla salute dell’uomo. Le nuove generazioni vanno educate ad un “futuro green” con comportamenti responsabili, individuali e collettivi. Lo sviluppo ad ogni costo, l’indifferenza al problema, gli interessi delle grandi industrie del mondo non sono più accettabili e nel sistema delle alleanze dei Paesi, come emerso dal summit, si definiranno nuove alleanze e nuove strategie geo-politiche.

“L’America è tornata” ha dichiarato Joe Biden alla conferenza del G20, sottolineando il ruolo centrale dell’Europa e del Mediterraneo nella battaglia ambientale e non solo. Dal suo insediamento alla Casa Bianca, il Presidente ha ribadito il suo impegno per investimenti socialmente positivi che evitino il rischio di disoccupazione, e disuguaglianze, ma secondo priorità che sono l’uso di energia pulita e compatibile con l’ambiente. Sulla stessa linea il Segretario Generale dell’ONU, Antonio Guterres, ha avvalorato questa dichiarazione affermando: “Se non vogliamo essere ricordati come la generazione che sapeva cosa andava fatto ma mise la testa sotto la sabbia”.

Ma il punto su cui bisogna riflettere è che Stati Uniti ed Europa non possono da sole fronteggiare le emissioni nocive entro il 2030 se anche paesi altamente industrializzati come la Cina non offriranno il loro contributo. Il rischio delle emissioni di C02 , lo sfruttamento dei mari e del suolo, l’inquinamento senza fine, potrebbero innescare un fenomeno migratorio verso l’interno dei continenti , con lotte per lo spazio vitale ed innescare una crisi di vari settori economici, mentre usare le risorse, specie quelle energetiche pulite ed ecosostenibili, consentirebbe di utilizzare  e gestire le materie prime come l’acqua, i minerali e il legno, con maggiore efficienza, seguendo il ciclo di utilizzo, smaltimento, riutilizzo. Esse non sono risorse inesauribili ed inoltre tutto l’ecosistema, se danneggiato ulteriormente, non potrà rigenerarsi: da qui la necessità della tutela della biodiversità come ribadito più volte dalle direttive UE al fine di “garantire” all’uomo una serie di servizi e beni rinnovabili. L’anidride carbonica presente attualmente nell’aria, non potrà mai scomparire del tutto, ma il lockdown introdotto a causa della pandemia, ha abbassato per un periodo i livelli di inquinamento nell’aria delle grandi città con effetti sicuramente benefici.

Un altro grande tema collegato alla difesa ambientale è quello della salute: il Covid-19 e le malattie che devastano il mondo (Ebola, AIDS, Malaria) hanno mostrato come violando l’ecosistema, accorciando le distanze fra habitat animale e ambiente umano attraverso una incontrollata deforestazione, allevamenti intensivi, uso incontrollato di pesticidi ed altre sostanze tossiche, le conseguenze possono essere molto gravi. Al G20 si è evidenziato il rapporto tra ambiente-sviluppo sostenibile e le ripercussioni sulla salute mondiale e come molti Paesi del mondo, anche evoluti ed economicamente sviluppati, non garantiscano ai cittadini il diritto alla salute mentre nei Paesi poveri del mondo l’assenza di cure, soprattutto di vaccini, inneschi un meccanismo di mutazione dei virus quanto mai pericoloso per l’intero pianeta.

Anche nell’ “Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”, siglata dalle Nazioni Unite il 25 settembre del 2015, l’impegno che ciascun paese deve affrontare prevede di ridurre sostanzialmente il numero di decessi per malattie da sostanze chimiche pericolose e da inquinamento e contaminazione dell’aria, dell’acqua e del suolo e sostenere la ricerca e lo sviluppo di vaccini e farmaci per le malattie trasmissibili e non trasmissibili che colpiscono soprattutto i paesi in via di sviluppo, rafforzando la prevenzione dei rischi per la salute di tutti i popoli del Mondo. Ora è chiaro che necessita uno spirito di collaborazione globale, basato sulla solidarietà e l’attenzione verso i più poveri e vulnerabili. Dal G20 e dalla Cop26 è scaturita l’opinione condivisa che solo salvaguardando ambiente e salute sarà possibile anche una sostenibilità economica e sociale, ma che le strategie di economia circolare e di sviluppo vanno condivise in una visione politica universale non solo dell’UE e degli Stati Uniti d’America ma della Cina, Russia e dell’India.

Gli obiettivi essenziali per raggiungere uno stato di equilibrio del pianeta richiede un forte impegno dei Governi mondiali a perseguire almeno quattro punti in comune. Proteggere le comunità e gli habitat naturali; emissioni zero entro il 2050 raggiungendo la temperatura ad un massimo di 1,5 gradi; completare il finanziamento di almeno 100 miliardi l’anno da parte dei paesi ricchi; passare dal complicato consenso raggiunto recentemente ad un efficace attuazione del regolamento previsto dall’Accordo di Parigi del 2015.

E’ necessario accelerare una forte azione Culturale e una Mobilitazione delle coscienze da parte della Società civile, prima ancora dell’osservanza delle leggi, degli impegni e della collaborazione dei Governi e delle Imprese, per frenare la incombente crisi climatica del pianeta Terra.

Pasquale Cuofano

 

Pubblicato su www.genteeterritorio.it

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