E’ sempre più evidente che la rottura di Luigi Di Maio, e degli oltre 50 parlamentari che lo hanno seguito, con i 5 Stelle era matura da tempo. Cosa lo dimostra? Intanto la motivazione. Di Maio ha fatto lo strappo la sera stessa in cui sia lui, e i suoi, sia tutti i 5 Stelle hanno votato la stessa mozione di sostegno al Governo sulla questione Ucraina.
Emerge, inoltre, la fitta rete di relazione intessuta con tanti spezzoni presenti in Parlamento. Quelli che subito si sono messi a plaudire all’iniziativa che ha portato il gruppo di Giuseppe Conte a non essere il più grosso. Quanti già parlano della costituzione di quello che si potrebbe definire un “corpaccione” destinato a far ritrovare al Governo Draghi, in caso di estrema necessità, i voti necessari a superare ogni ostacolo, se Conte si dovesse mettere di traverso. Gli esperti ci dicono che ci sarebbe, infatti, alla Camera uno scarto di 80 voti e di 30 al Senato.
Ma quello che più conta è che già c’è chi parla della nascita, appunto, di un “corpaccione” destinato a divenire soggetto politico. E, magari, c’è chi già sogna la formazione di un “partito di Draghi” destinato, prima o poi, a materializzarsi assemblando insieme pezzi più o meno grandi di quella frammentata e variegata compagine in cui si è ridotto il Parlamento italiano. Stiamo in qualche modo tornando alle vicende degli inizi dell’anno scorso, anche se sembrano cose lontane un secolo, viste tutto ciò che si è andato affastellando in poco più di 12 mesi in Italia, e al di là dei confini. Allora si parlava dei “responsabili”: iniziativa che partì per allungare la vita al governo “Conte 2” e poi servita a dare vita a quello Draghi. Un’operazione di grande raffinatezza politica che non è alla portata proprio di tutti.
Comunque sia, Luigi Di Maio ha pensato che fossero giunti i tempi per regolare i conti in un Movimento 5 Stelle sempre più alla deriva e, per di più, in sofferenza per il pesante silenzio del suo fondatore, Beppe Grillo. Forse il vero grande sconfitto di quella idea utopistica che il “vaffa” potesse trasformarsi in un autentico e duraturo progetto politico.
Dobbiamo constatare, ed è un vero peccato doverlo fare perché parliamo sempre di un partito ancora magna pars del processo politico decisionale, che molto di ciò che segna la parabola dei 5 Stelle potrebbe essere sintetizzato utilizzando la colorita, ma efficace espressione romana, del far le cose a “pizza e fichi” o, dicendola alla Treccani, “alla carlona”. Se nella gustosa pietanza pizza e fichi c’è molto di bio e di sviluppo sostenibile, nei 5 Stelle finora troviamo molto poco di capacità e, persino, di coerenza politica.
Che la nascita del nuovo partito di Luigi Di Maio sia stato fatto a “pizza e fichi”, o alla “carlona”, lo ha indirettamente confermato ieri la trasmissione “Un giorno da pecora”, che da due giorni imbarazza il neonato partito per l’aver utilizzato la denominazione “INSIEME per il futuro”. Quando si sa che esiste già un partito nazionale che si chiama INSIEME, quello che anche Politica Insieme ha contribuito a far nascere. Ebbene, il coordinatore del nuovo partito, Vincenzo Stadafora, che è stato ministro e uno dei sottosegretari alla Presidenza del consiglio, uno che non va affatto avanti a “pizza e fichi”, ha candidamente ammesso che, in realtà, quello è un nome pensato all’ultimo momento: non sarà neppure utilizzato per denominare quel qualcosa di nuovo che Di Maio e lui si accingono a mettere in piedi.
Apprezziamo la sincerità, moneta con poca circolazione di questi tempi, ma ci chiediamo perché, per evitare l’oggettiva confusione fatta con l’utilizzazione della denominazione INSIEME, non si scelgono già subito un altro nome.
La politica italiana non ha bisogno di aggiungere confusione a quella che già regna sovrana, e da un già troppo lungo pezzo. C’è invece bisogno di guardare al futuro. Pensare a come si possa costruirlo in un contesto che porta un po’ tutti, invece, a immiserirsi nel passato.
Il “corpaccione” che arriva, ammesso che arrivi, più che ad assemblare nomi dovrebbe servire ad uno scatto di dignità che, per chi svolge una funzione pubblica, significa progettare il domani.
Giancarlo Infante