La proposta di legge Zan-Scalfarotto-Boldrini in merito all’omofobia ci porta ad esprimere la nostra totale contrarietà all’impiego, generico e disinvolto, del concetto di “discriminazione”. Rischia d’introdurre ad una china pericolosa per le stessi basi della convivenza civile e democratica. La pretesa di definire, su basi largamente soggettive, la fisionomia di un reato penalmente perseguibile, passibile di gravi pene detentive, scivola di fatto verso la “criminalizzazione” di un’ opinione.
Il che, oltre ad essere inaccettabile nel caso di specie, rappresenta un precedente pericoloso a livello giuridico e, soprattutto, sul piano del costume civile. Induce la pubblica opinione a ritenere che l’enfatizzazione unilaterale di un certo indirizzo di pensiero possa rappresentare la normale e legittima modalità di sviluppo della dialettica politica, contro quella moderazione del confronto che, al contrario, necessariamente s’impone, soprattutto laddove siano in gioco valori fondativi della nostra comune umanità.
In buona sostanza, come sempre quando si estremizzano le posizioni gli estremi si toccano e si rovesciano l’uno nell’altro, cosicché anche la legge in oggetto, concepita contro la “discriminazione”, di fatto, approda esattamente all’assunto che vorrebbe negare. Ha in sé, sostanzialmente, una contraddizione di principio che dovrebbe consigliare, perfino a chi ne condividesse il merito, una valutazione negativa.
In secondo luogo, va segnalato come la pretesa di codificare sul piano giuridico una particolare concezione antropologica possa rappresentare il pericoloso incipit di un’inarrestabile deriva verso vetuste forme di Stato etico, per quanto riverniciate con i colori di un liberismo fallace.
A suo modo, siamo di fronte ad un caso di scuola di quell’approdo illiberale – nel caso addirittura liberticida – cui necessariamente esita, come chiaramente argomentato da Papa Benedetto, il relativismo etico.
Infine, sottolineiamo come la complessiva “cifra” valoriale di tale proposta di legge nulla abbia a che vedere con quella strategia di rivendicazione dei “diritti sociali” che rappresentano il cardine della vita delle famiglie. Diritti alla casa e al lavoro, all’educazione dei figli, alla salute, alla cultura e alla salubrità dell’ambiente, dovrebbero costituire l’effettiva priorità per le forze popolari di quella stessa sinistra che, al contrario, si attarda a combattere battaglie radicali le quali, in fondo, neppure appartengo alla sua vocazione originaria.
Domenico Galbiati
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