Pubblicando l’ennesima “provocazione” dell’amico Massimo Brundisini, ci limitiamo a ribadire ancora una volta che la valutazione politica di posizioni e di personaggi che le esprimono, in questo caso sul “pacifismo” del generale Vannacci, non può far dimenticare tutto il resto. Quel resto che ci allontana di molto del suo pensare ed agire politico.
Certo, esiste il problema della via per raggiungere Pace, ma c’è anche da chiedersi se quella indicata dal generale, oggi tra le file leghiste e di indubbia formazione di estrema, estrema destra, e quindi con il suo carico anche di chiusura preconcetta, vedi la questione dei “tratti somatici”, sia risolvibile con “quattro discorsi” propagandistici fatti da chi non è stato invaso.
Quando una teoria è, o appare, convincente, riesce a vincere la sfida del tempo. Ne è un esempio la teoria dei “Corsi e Ricorsi Storici” di Giambattista Vico, con la quale presumo che tutti noi ci siamo dovuti confrontare almeno una volta negli anni dei nostri studi. Non sono uno storico, per cui invito a prendere le mie riflessioni (e le mie volute provocazioni) con beneficio di inventario.
Il ritorno in Europa delle destre è ormai un fatto conclamato, e ancora una volta è proprio l’Italia a incidere i sentieri. Tralascio analisi specifiche sulle cause del fenomeno, perché se ne fanno anche troppe. Mi limito a una considerazione lapalissiana: il voto a destra è la diretta conseguenza del malcontento diffuso. Mi soffermerò invece su una differenza evidente delle posizioni destrorse in Italia.
Parlerò di Vannacci, ed essendo il personaggio molto divisivo, forse mi attirerò moltissime critiche, ma sarà pur sempre un rischio infinitamente minore di quello che corre ogni singolo soldato, per lo più in giovane età, impegnato in uno qualunque dei tanti, troppi, fronti aperti. Non avendo io certezze assolute, le critiche mi potranno servire ad approfondire la tematica. L’argomento è ostico, e pur essendo un fanatico della sintesi, non potrò permettermela in questo particolare caso.
Mi sono ritrovato a riconsiderare la teoria del Vico dopo essermi imbattuto, durante una delle tante navigazioni sul web, nel discorso del vituperato, ma anche osannato, generale Vannacci al Parlamento Europeo. L’occasione: il divisivo voto sull’ulteriore escalation nella tragica vicenda ucraina. L’intervento del generale è stato sicuramente di grande impatto e di una impressionante volitività, caratteristica poco ricorrente nei discorsi politici, troppo spesso conformisti ed asserviti. Ognuno potrà farsi una propria idea: personalmente sono stato colpito dalla grande sicurezza e anche chiarezza dell’esposizione che, vive la difference, non era sostenuta da alcuna memoria scritta. E confesso anche di essermi ritrovato in perfetta sintonia, in questa occasione, con le affermazioni del neo parlamentare europeo con il record di preferenze: ho condiviso il suo intervento parola per parola. Memorabile il piglio con il quale ha attaccato Dombrowsky e Borrell (CLICCA QUI).
Ma quale la connessione con le teorie del Vico? Bè, per certi versi ritengo che Vannacci sia la personificazione vivente di quelle teorie, e cercherò di spiegarmi. Come è sempre accaduto, un determinato corso storico si esaurisce, più o meno naturalmente, e dalle sue contraddizioni emerge il nuovo corso che, secondo il Vico, presenta spesso, o magari sempre, i connotati di un ricorso, e avanti così ad libitum. Notoriamente le idee di Vannacci vengono ascritte ad una generica appartenenza a quelle che vengono considerate posizioni di destra, ma ascoltando il suo discorso si rimane spiazzati: si parla infatti di Pace, quando solitamente alla destra vengono attribuite pulsioni guerrafondaie, e le posizioni molto, troppo, intransigenti, della Meloni ne sono un esempio ben chiaro. Ecco quindi un primo distinguo che colpisce.
La reazione di Vannacci sembra segnare la fine di un ciclo storico, con il rifiuto delle vecchie logiche e dei vecchi schemi. La sua, e prendo in considerazione solo l’argomento del discorso di cui sopra, è chiaramente una reazione a una politica che non riesce a mettere in campo iniziative di pace. Ora tutti sappiamo che reazione, ricordando Don Peppone, è di solito sinonimo di destra. Ma destra è anche quella interventista della Meloni, i cui discorsi a New York per l’Atlantic Award e alle Nazioni Unite, a mio avviso, e almeno per quel che riguarda l’Ucraina, sono caratteristici del vecchio corso: la sua difesa dei valori occidentali è comprensibilissima, ma ha dovuto anche accennare agli errori, e per alcuni, vedi Sachs, proprio la guerra in Ucraina è uno dei più madornali. Sullo stesso argomento, segnalo l’attacco frontale di Robert Kennedy jr, alfiere del nuovo corso, che anche in questo caso sembrerebbe poi il ricorso delle visioni di suo padre e suo zio, tra l’altro, a mio avviso, tutti grandi interpreti della tradizione cristiana. Chiaramente la Meloni non conosce o reputa marginali tali posizioni: le prossime elezioni negli USA forse saranno uno spartiacque (CLICCA QUI). Bisogna riconoscere però alla Meloni una capacità dialettica non indifferente ed anche un buon inglese.
Si deve quindi concludere che quella di Vannacci è si una reazione al vecchio che muore, ma potrebbe anche essere ascritta a una politica di semplice buon senso. Tale posizione, auspicabilmente, potrebbe tirarci fuori dalle secche maleodoranti, protervamente e reiteratamente antiumane, in cui le vecchie logiche ci hanno costretto. Ci potrà così essere restituita la possibilità di poter immaginare, nella prospettiva di un nuovo corso, che è poi un ricorso, un futuro pacifico e luminoso per il genere umano. E comunque non dovremmo mai dimenticare Fatima, Fulda e Medjugorje.
In ideale sintonia con le posizioni di Vannacci, segnalo alcune riflessioni del fisico Carlo Rovelli, che nel 2019 è stato inserito nella lista dei 100 migliori pensatori del mondo («Global Thinkers») dalla rivista Foreign Policy, grazie al suo saggio L’ordine del tempo. Chi vorrà le potrà leggere al seguente link (CLICCA QUI) Curiosamente “È questo il mondo che vogliamo” è anche lo slogan stampato sulle magliette alla kermesse di Viterbo dei seguaci del generale.
Sempre per chi avesse tempo, e sempre in sintonia ideale, ecco un dibattito molto esplicativo e franco tenuto da due dei più importanti pensatori statunitensi, Jeffrey Sachs e John Mearsheimer (CLICCA QUI e QUI) Nel confronto ad altissimo livello sui massimi sistemi della geopolitica planetaria (sottotitolato), definito da uno degli intervenuti il miglior dibattito di sempre, Sachs, tra l’altro, ci ricorda sarcasticamente che un ordigno nucleare può rovinarci l’intera giornata!
Conclusione: negare una verità solo perché proclamata da una persona ritenuta di destra (o fascista), anche se non è il solo, è una di quelle assurdità in linea con il cosiddetto “politicamente corretto” (o anche ”ideologia woke”), retaggio del vecchio corso, che inesorabilmente si traduce in “politicamente corretto e oggettivamente stupido”. Il fatto che a parlare di Pace sia un generale è una differenza non da poco, e io, come obbiettore di coscienza, non ho alcun problema a dichiararmi in sintonia, perlomeno in questa circostanza, con un militare di professione.
Massimo Brundisini