Dopo la relazione di Rimini giudicare Mario Draghi accomunandolo ad Alcide De Gasperi può sembrare, a causa della nota avversione dello statista trentino per l’economia, una forzatura, dettata solo dalla nostalgia,
In effetti, mio Padre mi ha raccontato che, quando De Gasperi partecipava alle assemblee dei gruppi parlamentari che dovevano approvare importati riforme economiche, interveniva rimanendo, però, visibilmente mortificato perché confondeva i milioni con i miliardi e con le migliaia di lire. La risposta era un lungo e caloroso applauso dei parlamentari che approfittavano del suo disagio per testimoniargli la massima fiducia nella sue capacita di riformatore della politica economica.
Una fiducia ben risposta perché De Gasperi aveva sempre impostato il suo impegno politico sulla necessità di non limitarsi alla semplice statuizione di principio ma di completarla con l’indicazione delle norme di comportamento atte a garantirne l’effettiva realizzazione, affrontando coraggiosamente i rischi che ne derivavano. Così, la sua campagna elettorale per l’elezione al Parlamento di Vienna si distinse da quella del socialista Cesare Battisti non solo per un programma ispirato all’Enciclica Rerum Novarum, ma anche per la creazione delle casse rurali che sottrassero i contadini trentini alle angherie degli usurai e dall’incuria del Governo di Vienna.
Questa profondità di analisi lo convinse che, per uscire dalla drammatica crisi del dopoguerra, non era sufficiente statuire le necessarie riforme di struttura, ma bisognava avere il coraggio di passare all’azione per garantirne l’effettiva realizzazione. Fu cosi che, pur essendo allergico all’economia, compì un gesto che segnò la fine dell’impermeabilità alla scienza economica della Pubblica Amministrazione: affidò ad un gruppo di economisti(Ezio Vanoni, Pasquale Saraceno, Donato Menichella) la realizzazione di dette riforme che, in breve, trasformarono un paese arretrato e distrutto dalla guerra in una moderna economia.
Questa felice coniugazione raggiunse il livello massimo con il gesto coraggioso di affidare la realizzazione dell’intervento straordinario nel Mezzogiorno ad uno strumento, la Cassa per il Mezzogiorno, alternativo a quello tradizionale dei ministeri, anche per la sua autonomia dal potere politico. Infatti, l’anima bancaria consenti alla Cassa di reperire i mezzi finanziari non dalla paterna benevolenza del Ministro di turno, ma dal mercato. Ne consegui un’efficienza che ha determinato un risultato unico nel dopoguerra: il reddito pro/capite del Sud si avvicino a quello del Nord.
Quando la classe dirigente non ebbe più questo coraggio dell’azione e soppresse l’anima bancaria e la sostituì, inserendo nel consiglio di amministrazione della Cassa i rappresentanti delle regioni. In tal modo, la ricostituita dipendenza dal potere politico ha determinato la fine dell’efficienza dell’intervento straordinario, tutt’ora non rimediata.
Ora, Mario Draghi presenta lo stesso legame tra profondità del pensiero e coraggio dell’azione, anche se diversamente motivato. In particolare, la profondità dell’azione è basata sul suo modello della “Qualità delle istituzioni” elaborato leggendo il significato dell’istituzione dell’euro e cogliendone la connessione con un avvenimento, apparentemente distante. L’applicazione della moneta europea ha dimostrato che solo la qualità delle istituzioni è in grado di creare le condizioni per far crescere stabilmente salari, produttività occupazione e il nostro Stato Sociale. Questo schema, recepito dalla riforma costituzionale del 2012 e dalla normativa di attuazione, ha dato vita ad un nuovo rapporto Stato/Enti locali in vigore dal 1 /01/2016 .
In questo caso, il coraggio dell’azione è costituito dall’aver sostituito la vecchia “Amministrazione per procedure “, ingessata da ipertrofia legislativa e atrofia dei risultati, con l’Amministrazione “per risultati” che pone al centro dell’analisi l’esperienza amministrativa, i suoi risultati e la relativa valutazione. Proprio a questo nuovo concetto di “Buona Amministrazione “si deve la conciliazione tra l’uscita dalla disastrosa situazione creata dalla pandemia ed il conseguimento di risultati superiori a quelli della Francia e della Germania in termini d’incremento del PIL, di riduzione del rapporto Debito Pubblico/PIL e dell’aumento del tasso di occupazione.
Aggiungasi, poi, il coraggio d’aver imposto con il PNRR il completo cambiamento della programmazione delle riforme rispetto al passato attuata con iniziative casuali, determinate da interessi elettorali, peraltro, rimaste, in gran parte, inattuate per le ristrettezze del bilancio. Invece, la “qualità delle Istituzioni”, non partendo da circostanze accidentali ma dalla programmazione complessiva delle riforme voluta dall’iniziativa europea, indirizza l’Italia verso le riforme comuni agli altri Stati membri, assicurandone la realizzazione. Infatti, essendo la fornitura di risorse a carico della UE, il legislatore ha quindi minori possibilità di essere condizionato dal ciclo del bilancio, rispetto a tutte le precedenti esperienze di programmazione.
In conclusione, la relazione fatta da Draghi dinanzi al Meeting di Rimini (CLICCA QUI) propone il modello DeGasperi/Draghi (profondità di analisi /coraggio dell’azione )perché ha subito il più severo collaudo ipotizzabile: ha realizzato l’uscita positiva dalle due più gravi crisi congiunturali del dopoguerra smentendo tutte le previsioni catastrofiche sul nostro Paese.
Pertanto, poiché la programmazione delle riforme del PNRR è vincolante anche per il prossimo governo, indipendentemente dalla maggioranza che lo esprimerà, non sarà possibile dimenticare che la politica economica di questi mesi ha messo su basi solide la possibilità di seguire un percorso basato sulla compatibilità tra crescita economica, giustizia sociale e sostenibilità dei conti pubblici.
Antonio Troisi