La destra “postmissina”, giunta al potere, si sente in obbligo di darsi un decoro culturale. Ma chi mettere nel Pantheon della propria storia? Non certo Mussolini, almeno in modo così sfacciato e palese. Tutt’al più lo si trattiene nel cuore ed, in effige, sul comò di casa.

E’ necessario inventarsi altri presunti ascendenti; meglio se questa esplorazione – ammesso che qualcuno abbocchi all’ amo – consentisse di accennare di soppiatto ad una qualche lontana affinità con quel mondo democratico da cui ci si lamenta di essere sempre stati pregiudizialmente emarginati ed esclusi. Ed ecco, dunque, la rievocazione di Enrico Mattei, il più eminente dei partigiani cristiani, primo oratore – cosi’ volle De Gasperi – al primo Congresso Nazionale della Democrazia Cristiana, nel 1946.

Giorgia Meloni gli ha intitolato il suo Piano di relazioni e di sostegno ai Paesi africani, di cui si è perso traccia. E, in fondo, a buona ragione ove si guardi a quanto Mattei ha saputo difendere e promuovere l’ interesse “nazionale” nel settore assolutamente strategico dell’ energia. Ma, forse, scordando che Mattei ha esattamente rovesciato quella postura “nazionalista” che aveva allineato anche l’ Italia alla logica predatoria dei Paesi colonizzatori.

Ora – per non farsi mancare nulla – tocca a De Gasperi. Ci aveva già provato Berlusconi a cercare di rivestirne i panni o, meglio, aveva provveduto per lui uno sprovveduto parlamentare democristiano che si era piccato di riconoscere nella sagoma del Cavaliere, la figura del grande statista trentino. Ora ci riprovano i Fratelli d’ Italia che, la scorsa settimana, in occasione della celebrazione a Montecitorio del settantesimo anniversario della scomparsa di De Gasperi, attraverso un loro autorevolissimo ed accreditato esponente, si sono arrampicati su per i tornanti di una tesi ardita.

Vi sarebbe una “discrasia” – almeno così ha riferito letteralmente la stampa – tra la Costituzione e la visione politica di Alcide De Gasperi. Senonché, fortunatamente, la panacea per appianare la suddetta “discrasia” c’è quello che si chiamerebbe “Premierato”.

Anche facendo lo sforzo di riconoscere la buona fede, non si può fare a meno di notare come sia francamente inaccettabile la furbata di voler cogliere due piccioni con una fava. Da un lato, alludere ad una lontana paternità degasperiana del “Premierato”, dall’ altra, di fatto, eccepire e forse qualcosa di più nei confronti della Costituzione che sarebbe, in qualche modo, discosta dal pensiero e dall’azione politica di colui che ha ricostruito il Paese, riscattandolo dal deserto materiale e morale cui l’aveva condotto il fascismo. Il che – a maggior ragione se detto con una finezza che altri “Fratelli” neppure immaginano – conferma due assunti che innervano gli epigoni del Movimento Sociale.

Da un lato, la ricerca di una dimensione che sono consapevoli di non avere, eppure necessaria per avanzare un’egemonia che vada oltre quel consenso elettorale che oggi c’ è e domani potrebbe venir meno. Dall’altro, il costante assedio alla Costituzione, studiando il momento di una possibile sortita ostile. Vedi, appunto, il premierato.
Si mettano il cuore in pace.
Alcide De Gasperi appartiene a ben altra dimensione.

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