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Dignità e Umanita’ : verso un “carcere europeo” ? – di Claudia Trani

Già agli inizi del XX secolo, Filippo Turati, nel discorso alla Camera dei Deputati dl 18.3.1904 (DPU fascicolo 2/21) e dopo aver scontato un periodo di reclusione a seguito  dei moti popolari del 1896, definì gli istituti penitenziari quali fabbriche di delinquenti o scuole di perfezionamento dei malfattori. 

Ebbe a dire inoltre che solo l’esperienza diretta può toccare l’animo umano sull’indifferenza verso il sistema carcerario: nessuno ne sa nulla perché non vi è comunicazione tra il nostro mondo e quei cimiteri dei vivi che sono le carceri (F. Turati: I cimiteri dei vivi; ed. Il Papavero, 2021).

Da allora poco è cambiato, nonostante sia stata istituitala Commissione Europea dei Diritti dell’Uomo (1954) sostituita nel 1998 dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.

Benché la Corte di Strasburgo abbia condannato in diverse occasioni, l’Italia per violazione dell’art. 3 della CEDU,che proibisce la tortura e il trattamento o pena disumano o degradante(caso Sulejmanovic vs. Italia-decisione dd. 16.7.2009; caso Torreggiani vs. Italia-sentenza pilota che accomunava ben 7 ricorsi tra il 2009 e il 2010), la situazione carceraria nel nostro paese è rimasta piuttosto statica, anzi, si è fatta sentire sempre più stringente, come del resto la situazione nel resto d’Europa che non ècerto migliore

Nel 2020 l’Amministrazione comunale di Gorizia, città crocevia di cultura latina, slava e germanica, capitale della cultura 2025, ha varato,unitamente alla competenza di Enrico Sbriglia,il primo progetto, allora ancora utopistico, per la creazione di un carcere europeo, rispettoso dei diritti e della dignità umana, con spazi sufficienti a garantire la salute fisica e psichica di ogni cittadino ristretto nell’area geografica comunitaria. Per la sua realizzazione dovrebbero essere coinvolte le migliori menti europee nei diversi campi interessati tanto da definire tale progetto un laboratorio ideale per una grande sfida (Ristretti orizzonti: Gorizia, il nuovo carcere europeo; D. Alessandro dei Rossi 11.7.2020).

Ma quali sono attualmente le condizioni dei detenuti in Europa?

Nell’aprile 2023 il Parlamento Europeo pubblica uno studio commissionato dalla LIBE (commissione per le libertà civili, giustizia e affari interni) relativo alle Carceri e condizioni di detenzione nell’UEe dal documento emerge una situazione generalizzata di violazione dei diritti umani che rappresentano, tra gli stati membri, anche un impedimento alla cooperazione giudiziaria in materia penale.

Nel 2023 la UE redige la Raccomandazione 2023/681 sui diritti procedurali di indagati e imputati sottoposti a custodia cautelare e sulle condizioni materiali di detenzione con lo scopo di fissare negli Stati membri tre principi fondamentali: custodia cautelare quale misura di ultima istanza; facilitazione nel reinserimento sociale dei detenuti ad evitare eventuali recidive; applicazione della raccomandazione senza alcuna distinzione di genere, etnia, età o altro tipo.

Lo studio sopracitato esamina dettagliatamente la detenzione in un contesto transfrontaliero e, più specificamente, le condizioni carcerarie dei ristretti a seguito di mandato europeo (MAE).

In questa realtà c’è un minore disallineamento tra la giurisprudenza della CGUE e la CorteEDU, disallineamento che però non è confermato nelle pratiche dei singoli stati europei. 

Infatti, al punto 10 e relativa nota della Raccomandazione (periodo 2016-2019) si legge che le statistiche sul MAE rilevano che gli Stati membri ne hanno rifiutato o ritardato l’esecuzione per motivi legati a un rischio reale di violazione dei diritti fondamentali e, in circa 300 casi, anche a causa di condizioni materiali di detenzione inadeguate.

Ecco che in questo contesto un carcere europeo sarebbe un ottimo esempio di uniformità nei comportamenti degli istituti dei singoli Stati e, come scritto da E. Sbriglia, una struttura carceraria evoluta, rispettosa della dignità umana che accolga detenuti in custodia cautelare o condannati per reati di evidente natura europea.

Recentemente  i crimini europei, che sono per lo più di natura economica-finanziaria, sono stati esaminati attentamente dall’EUROPOL, che ha pubblicato in aprile 2024 una Valutazione della minaccia della criminalità   finanziaria ed economica in Europa 2023.

Questi reati si stanno sviluppando in maniera importante perché spinti dalla nuova tecnologia e dalle difficili condizioni geopolitiche globali e regionali dei nostri giorni; i soggetti criminali hanno maggiori conoscenze economico-finanziarie, sono abili manipolatori e le vittime aumentano più che nel passato. Di fronte a questa prospettiva è d’obbligo  prendere coscienza che rieducare e risocializzare chi è privato dalla liberta può rappresentare un forte escamotage al verificarsi di recidive.

Ma c’è ancora un punto problematico che si affianca in maniera importante al carcere europeo ed è la questione del lavoro.

L’art. 21 O.P. – Modalità del lavoro -al 1°comma recita L’amministrazione penitenziaria prende tutte le  iniziative per assicurare ai detenuti e agli internati il lavoro meglio rispondente alle condizioni ambientali e dei soggetti, organizzandolo sia nell’interno degli istituti sia all’esterno di essi. I dati forniti dal DAP per il 2023 vedono un numero totale dei detenuti alle dipendenze di datori di lavoro esterni pari a 3029 unità che rappresentano solo il 5% del totale dei detenuti. Una percentuale troppo bassa per soddisfare le esigenze dei ristretti tanto psicologiche che economiche. 

Nel 2000 entra in vigore la legge c.d. Smuraglia(193/2000) che prevede un credito di imposta in favore dei datori di lavoro che impiegano persone detenute o internate. Questa disposizione avrebbe dovuto portare un incremento di dipendenti ristretti ma non si è mai raggiunto il risultato sperato. Sul sito del Ministero di Giustizia è visibile il dato al 31 dicembre 2023: il totale dei detenuti lavoranti è di 20.071, di cui 17.042 alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria e 3.029 esterni, su una popolazione penitenziaria di 60.166, il 33,36%; al 31 dicembre 1999 la percentuale era del 22,97, un incremento troppo basso in un lasso di tempo piuttosto lungo, un risultato che l’avv. Smuraglia non avrebbe voluto vedere ma, per una questione economica, la l. 193 non è mai stata interamente applicata (XVIII rapporto Antigone).

Claudia Trani

 

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