Due massi d’inciampo stanno mettendo in difficoltà Giorgia Meloni nell’ultimo miglio verso la “porta stretta” che l’attende in sede europea. Un appuntamento di non poco conto e che segue comportamenti ondivaghi. In particolare, sull’atteggiamento da tenere nei confronti di Ursula von der Leyen. Il Partito popolare europeo l’ha riproposta alla guida della Commissione europea pur avendo, lei, il grosso ostacolo rappresentato da quella che sarebbe una inedita riconferma, ma soprattutto perché la Germania andrebbe per la seconda volta di seguito ad occupare una posizione tanto importante.
La von der Leyen ha a sua disposizione il grande peso rappresentato dalla crescita del Ppe, ma ha scoperto di avere degli avversari interni. E tra questi, si è distinta la nostra Forza Italia. Si è giunti ad assistere all’oscuramento della partecipazione della Commissaria europeo al primo congresso degli azzurri organizzato da Tajani. Ci potrebbero essere dei franchi tiratori al momento del voto con cui il Parlamento di Strasburgo, e a voto segreto, confermerà o meno gli equilibri che in queste ore si stanno precisando, per tenere conto sia del peso dei partiti, sia dei paesi?
Giorgia Meloni ha fatto di quella europea una delle “madri” di tutte le sue battaglie. Ne ha intraprese tante, ma questa è quella che l’ha proiettata in una dimensione internazionale. L’obiettivo era, e forse resta, quello di fare la “rivoluzione” a Bruxelles come pensa di averla fatta a Roma. Ma i risultati delle ultime elezioni europee le sono, sì, venuti in aiuto, visto il calo delle sinistre, dei versi e dei liberali, ma non certo al punto di metterle nelle mani il destino dell’Europa.
Anzi, subito dopo il responso delle urne, la von der Leyen e gli altri autorevoli esponenti di quella che per cinque anni è stata la maggioranza in sede europea hanno ribadito l’intenzione di continuare così. Con il tentativo della Presidente della Commissione di allargare la sua base di consenso. Reciprocamente, sia lei, sia la Meloni, si sono scambiate apprezzamenti per la collaborazione instaurata. Ma l’allargamento ai conservatori guidati da Giorgia Meloni non sembra stare nelle cose. Anche perché mancano, e di molto, i voti per seguire un progetto del genere. La Meloni comunque reclama una posizione importante per l’Italia. Che è cosa diversa da ambire da principale esponente dei conservatori. Noi, ovviamente, facciamo il tifo per lei perché l’Italia ha bisogno di essere nel cuore del motore della vaporiera d’Europa.
In ogni caso, a lei, e a noi, non fanno bene i veri e propri massi che all’ultimo miglio Giorgia Meloni si è trovata dinanzi. Proprio nel momento di abbordare la “porta stretta” rappresentata dalla decisione da prendere sul quale ruolo vorrebbe davvero giocare in sede europea. Il primo di questi massi d’inciampo è quello fatto precipitare a valle dall’inchiesta giornalistica condotta sull’organizzazione giovanile di Fratelli d’Italia i cui componenti pare viaggino a suon di melanconie fasciste, ricordo di camerati terroristi e grida nazistissime come il famigerato “Sieg Heil!”. Al che, le reazioni immediate da parte degli uffici della von der Leyen sono stati, al tempo stesso, di condanna della simbologia fascista e d’imbarazzo. Il polacco Tusk, una delle figure più importanti dei popolari europei, ha tagliato corto:” i voti della Meloni non c’interessano”.
Il secondo masso è altrettanto delicato e che, come una bomba a grappolo, va in direzione sia della von der Leyen, sia della nostra Presidente del consiglio. Secondo una rivelazione di Politico.eu, la prima avrebbe ritardato la pubblicazione di un rapporto europeo sulle condizioni della libertà di stampa in Italia. E questo, si spingono a sostenere i maligni, potrebbe far parte di un possibile “inciucio” tra le due in sede di voto segreto.
Qualunque sia la maggioranza che uscirà fuori, all’Italia comunque un commissario spetta. Bisognerà valutarne il peso e la qualità. Giorgia Meloni ne chiede uno di peso. E c’è chi parla anche di quello alle politiche migratorie. Ecco, speriamo che non si tratti di una polpetta avvelenata in cui qualcuno pensa d’infilarsi per cantare una facile vittoria “ideologica”, senza guardare a tutte le insidie che una ipotesi del genere si porta dietro.
Vedremo come andrà a finire. In ogni caso ne viene una grande lezione di cui non siamo affatto certi ne faranno tesoro Giorgia Meloni e i suoi di Fratelli d’Italia: la retorica, la propaganda, ma anche i comportamenti, diciamo “poco lineari”, per non parlare di doppiezza, come tutti i nodi finiscono sempre al pettine. Speriamo che le conseguenze non le paghiamo noi italiani.