Nel capitolo 6 del Vangelo di Luca si legge: “27Ma a voi che ascoltate, io dico: amate i vostri nemici, fate del bene a quelli che vi odiano, 28benedite coloro che vi maledicono, pregate per coloro che vi trattano male …”. Si è invitati ad amare persone che commettono contro di noi vere e proprie ingiustizie [odiano, maledicono, trattano male, percuotono sulla guancia (leggi “tolgono l’onore”), strappano il mantello (leggi: “tolgono il riparo dal freddo della notte”), rubano del nostro]. Gesù non edulcora la pillola: chiama il male col proprio nome e tuttavia chiede ai suoi seguaci l’esercizio del perdono. Dunque, il male va definito come male, colui che lo commette va ricoperto di misericordia. A sua volta, la misericordia va accordata nella verità e non nella falsità. È la stessa dinamica del cammino verso il perdono: la Chiesa ci ammonisce a non negare l’entità del torto subito (a Roma: “m’beh ddai … nun è successo gnente … volemose bbene”) ma proprio a partire dalla verità di quanto ci è stato inflitto e dal ricordo delle nostre colpe perdonateci mille volte da Dio siamo spinti a ricambiare all’altro (persecutore) quello che sempre ci è stato accordato da Dio.
Per quanto sopra, i renitenti al vaccino si configurano – quandanche in buona fede convinti del contrario – come pericolosi per la comunità civile e ostili al Bene comune: essi appartengono alla categoria dei “nemici”. È un buonismo ambiguo e sconveniente velare o negare questo loro aspetto, pubblicamente come all’interno delle comunità parrocchiali: anche se, proprio in quanto “nemici”, essi sono destinatari del perdono, della preghiera e dell’amore accordati in nome di Cristo, per grazia dello Spirito Santo.
Come una persona che ruba viene correttamente definita come un ladro, anche se nessuno può ritenersi moralmente migliore di lui e autorizzato a giudicarlo, così il dato inoppugnabile derivabile dalla realtà scientifica non va confuso con il giudizio morale. Nessuno può ritenersi autorizzato a formulare un giudizio morale, a ritenersi moralmente migliore del proprio nemico poiché tutti – in quanto peccatori – siamo nemici di Gesù Cristo, tutti siamo causa della sua incarnazione, passione e morte sulla croce. Inoltre, nessuno ha piena contezza della storia di vita, dei traumi, delle sofferenze, delle pene patite che inducono i nostri nemici a farci del male, a volte inconsapevolmente. Considerarli obiettivamente nemici non significa affatto (non può e non deve significare!) giudicarli moralmente.
Gesù, inchiodato sulla croce, ha confessato il male oggettivamente inflittogli da persone concrete (esecutori e mandanti, per lui realmente nemici) ma ha interceduto per loro: “Padre, perdonali perché non sanno quello che fanno” (Lc 23, 34). Nella richiesta di intercessione (“perdonali”) è sotteso il riconoscimento del torto patito, del danno ricevuto da persone che semanticamente non possono sfuggire alla categorizzazione di “nemici”; la loro giustificazione, invece, ne fa inconsapevoli catalizzatori dello splendore della Redenzione del genere umano. Dio non si arrende al male, che vede e definisce senza ambiguità “pelose”, ma ne fa scaturigine di un bene immensamente superiore!
Quanto sopra è in buona sostanza la distinzione fra errore ed errante richiamata efficacemente da San Giovanni XXXIII. Essa può essere ulteriormente arricchita meditando sul sorprendente comando che Gesù dà in Mt 5, 23-24 (“Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono”) e poi in Mt 7, 3-5 (“Perché guardi la pagliuzza che è nell’occhio del tuo fratello, e non ti accorgi della trave che è nel tuo occhio? Come dirai al tuo fratello: «Lascia che tolga la pagliuzza dal tuo occhio», mentre nel tuo occhio c’è la trave? Ipocrita! Togli prima la trave dal tuo occhio e allora ci vedrai bene per togliere la pagliuzza dall’occhio del tuo fratello”). Cristo, nel contesto di un torto subito, invita con forza a verificare sinceramente se l’offesa ha generato un giudizio nel cuore dell’offeso (la “trave”) ed eventualmente a chiederne perdono prima che quello dispieghi tutto il suo effetto divisivo. In questa logica evangelica che così tanto ci trascende, se non avvenisse quanto Gesù raccomanda di fare il persecutore acquisirebbe immediatamente lo status di vittima.
Per un inopportuno timore di essere divisivi, nelle comunità parrocchiali all’interno della Chiesa – nonostante la posizione del Papa – non c’è sempre la necessaria parresia di definire il variegato pensiero NO-VAX come un male certo e scientificamente indiscutibile rivolto contro cittadini la cui salute e vita sono esposte ad un rischio statistico sicuramente maggiore. Personalmente, sarei molto più sereno se tanta “misericordia” venisse rivolta sì a coloro che a vario titolo scelgono di non vaccinarsi ma negata all’infondatezza scientifica dei loro convincimenti (recentemente riconosciuta anche con sentenza del Consiglio di Stato N. 06401/2021 REG.PROV.CAU. del 01.12.2021: “ragioni mai scientificamente provate”).
Secondo il mio parere, un’altra posizione ambigua è quella per cui per entrare per le funzioni liturgiche nel luogo chiuso che sono le chiese non si richiede attualmente il possesso del Green Pass (almeno di base). Mentre dilaga nel mondo la variante omicron del COVID-19, mentre in Italia la terza dose di vaccino è lontana dall’essere stata somministrata a tutti quelli che dovrebbero riceverla, stante la quarta ondata di sindemia la Chiesa italiana dovrebbe fare – a mio avviso – un gesto di grande coraggio civico. Accusata, a torto, di acquiescenza e sottomissione ai “diktat dei DPCM dello Stato italiano” ai tempi del confinamento, essa ha poi assicurato ai suoi fedeli un privilegio incomprensibile e dannoso. È vero che, considerando lo scarso affollamento delle Messe festive (e la presenza poco più che simbolica a quelle feriali), si potrebbe ritenere che il rischio di contagio sia basso (se le mascherine venissero indossate sempre e correttamente, cioè anche sul naso, e il distanziamento di almeno un metro venisse rispettato, anche dai congiunti a garanzia per gli altri). Tuttavia, per la stessa logica per cui in Italia la mancanza del cosiddetto Green Pass rafforzato proibisce ai non vaccinati l’ingresso nei cinema e nei teatri anche quello nelle chiese andrebbe impedito. Come ai tempi del lockdown, tutti i renitenti al vaccino potrebbero seguire la Santa Messa grazie alle note emittenti televisive mentre guadagnerebbero forza ed efficacia l’invito del Papa e del Governo. Con le spalle protette dalla netta posizione di Francesco, la CEI dovrebbe disporre in tal senso spontaneamente e presto: ne guadagnerebbero la sua immagine pubblica e la salute dei fedeli.
Il rispetto, la considerazione, l’affetto e l’obbedienza dovuti al “dolce vicario di Cristo in terra” sono negati al Papa argentino da larghe frange di orientamento ultraconservatore e di (ultra)destra politica, soprattutto del nord-Italia, a causa dei suoi ripetuti inviti alla vaccinazione. Papa Francesco considera il vaccinarsi un dovere morale: egli chiede che i vaccini siano resi disponibili per tutti, soprattutto per i paesi poveri, liberati dai vincoli dei brevetti. Dopo la sua apertura ai migranti (accusata di filo-comunismo), dopo il suo slancio ecologista (accusato di idolatria verso la natura), dopo la riorganizzazione della Curia e dei ministeri vaticani (accusata di aver fatto piazza pulita dei conservatori, strenua falange resistente alle “stranezze del gesuita”), dopo le sue iniziative ecumeniche (accusate di attentato al Magistero e all’identità cattolica), dopo la sua Enciclica Fratelli tutti (accusata di imbelle e ingenua sottomissione ai “musulmani tagliagole”) il suo atteggiamento esplicitamente PRO-VAX ha fatto esplodere nei suoi confronti un livore, un’acrimonia simile a quella dei protestanti dei tempi peggiori. Tutti i suoi acerrimi detrattori sono costretti a pregare per lui durante ogni Messa, ma augurandogli in cuor loro di arrivare presto in Paradiso affinché un nuovo Papa corregga tutti i suoi errori, addirittura le sue eresie.
L’estrazione politica di gran parte dei contestatori di Papa Bergoglio è tale da spingerli ad avvertire un fumus ruber in ogni provvedimento dell’attuale governo italiano: in ordine al suo rovesciamento sembra loro lecito cavalcare ogni argomento, ogni rivendicazione, ogni discostamento dalla esigita perfezione. E quando proprio non possono più dire nulla … allora sollecitano con grande forza polemica l’attuazione di ciò che è già stato approvato e messo in pratica da tempo. Un esempio: l’esaltazione delle cure domiciliari (praticamente la somministrazione degli anticorpi monoclonali ai già contagiati con sintomi medio-gravi, che è codificata ed attuata da diversi mesi) strumentalizzata per bocciare la fase preventiva dei vaccini.
Il gruppo di bioetica della CEI ha pubblicato il 20.04.2021 una nota sulla valutazione etica dei vaccini anti-COVI-19 (CLICCA QUI) sviluppati facendo ricorso – nel processo di produzione (vaccini dell’Università di Pittsburgh, di Janssen e dell’Università di Oxford e di AstraZeneca) e testazione (vaccini di Pfizer/BioNTech e di Moderna) – a linee cellulari che provengono da tessuti ottenuti da aborti volontari. Il parere definitivo è stato di liceità morale, ma questo ai “duri e puri” non è bastato: essi si ritengono più competenti (effetto Dunning-Kruger!!) e al riparo dal condizionamento che Jorge Bergoglio eserciterebbe con pugno di ferro sui Dicasteri vaticani. In tali atteggiamenti essi sono spinti e confermati da siti “cattolici” che fanno dell’acrimonia al Papa la loro bandiera. Come coloro che ingenuamente si illudono di un Mattarella-bis, essi sognano un ritorno di Joseph Ratzinger sulla cattedra di Pietro. E quando Benedetto XVI ci mette la faccia e scrive nero su bianco la sua approvazione e il suo appoggio incondizionato all’operato di Francesco, essi piluccano alcune sue affermazioni, decontestualizzandole sia storicamente sia teologicamente, convinti di potersene comunque fare scudo.
Un altro malinteso è quello secondo il quale “la paura non è cristiana!” perché “il cristiano non ha paura”: e via con assembramenti, rifiuto della mascherina e dei vaccini! In realtà, la paura (come il dolore) è una sensazione teleologicamente ordinata all’evitamento di pericoli. I martiri cristiani hanno ricevuto da Dio il dono di vincere paura e dolore durante i tormenti disumani affrontati per dare testimonianza alla Verità, cioè alla signoria di Cristo sull’Universo. Gli operatori della sanità (come le forze dell’ordine, i vigili del fuoco etc.) superano più volte al giorno quei sentimenti guadagnandosi meriti civili che sono ancora troppo poco riconosciuti e premiati (anche economicamente). Molti preti e suore, assieme a tanti laici, hanno rischiato o perduto la vita durante epidemie e pestilenze per dare assistenza e conforto a malati e moribondi. Esiste tuttavia la temerarietà che è affatto encomiabile: essa è imprudenza, avventatezza, incoscienza, ardire – talvolta anche sfrontati – nell’esporsi a un pericolo o nello sfidare chi è notoriamente più forte. Il confine fra coraggio e temerarietà è a volte sottile: il discrimine può essere basato sulla rilevanza morale oggettiva dello scopo da perseguire. Il carattere distintivo del cristiano è proprio il retto discernimento: difendere la Verità in ordine a Dio fa guadagnare la palma del martirio, esporsi (ed esporre) inutilmente a un virus pericoloso per difetto di accettazione della evidente realtà è tutt’altro che meritorio. Ne deriva anche che non è censurabile la paura di chi non vuole esporre a pericoli potenzialmente gravi la propria persona per banalità o comportamenti dannosi altrui basati su convincimenti scientificamente indifendibili.
Inoltre, non andrebbe ignorato un corto circuito, una trappola in cui non pochi cattolici (sacerdoti compresi) sembrano cadere: l’assimilazione tout court del perseguimento della salute con l’idolatria del corpo e del benessere. Mentre il primo è un dovere personale e civico (la nostra Costituzione stabilisce che la salute è un bene anche sociale, non solo personale) la seconda è una perversione del primo. In certuni scatta la stessa molla che per troppo tempo ha fatto della sessualità un contro-valore nell’immaginario collettivo di tanta cattolicità “periferica”: in realtà essa è voluta da Dio ed è cosa buona ed auspicabile nei dovuti modi e contesti. Il fatto che moltissimi ne usino male non autorizza a considerarla sempre e solo un’occasione di peccato.
Andrebbero anche stigmatizzati gli atteggiamenti che facciano dell’accettazione della volontà di Dio (che certamente ha misteriosamente permesso una simile catastrofe sindemica) un motivo per ironizzare, banalizzare, irridere, combattere il ricorso alla corretta prevenzione delle malattie e – quando questa fallisca – alle loro giuste cure, se disponibili. Spesso le persone che propagandano questo modus operandi sono le prime a ricorrere ai medici – non poche volte con insistenza pedante e sgradevole – e a cocktail di farmaci autoprescritti quando sono afflitte da qualche malanno. Sarebbero contente, queste persone, se a fronte di una frattura l’ortopedico le apostrofasse dicendo: “Cosa vuole da me? Si è rotto un osso del piede: vorrà dire che Dio lo vuole zoppo. Vuole forse opporsi alla Sua volontà?”. Invece, i moltissimi miracoli compiuti da Gesù, le guarigioni che il popolo cristiano continua a chiedere nei tanti santuari mariani, l’elevazione agli onori degli altari di santi e sante, anche in forza di risanamenti prodigiosi, testimoniano che – di fronte ad una malattia – è assolutamente lecito chiedere a Dio la salute senza poter essere accusati di non voler sottostare alla Sua volontà. Anche Gesù ha chiesto che gli fosse risparmiato il “calice” che gli era posto dinanzi: avuta risposta negativa, si è piegato alla volontà di Chi lo aveva inviato. Non a caso la Chiesa ha sempre rispettato ed onorato la professione di medico, a cominciare da San Luca per finire con quanti hanno perso la vita per curare i pazienti affetti da COVID-19: erano costoro oppositori della volontà di Dio in quanto curavano le malattie? Per quanto sopra va rimandato al mittente ogni tentativo – esplicito o velato – di spacciare l’approccio PRO-VAX come un’idolatria della salute.
Un’altra declinazione, a mio avviso impropria, del ricorso alla volontà di Dio è quella secondo cui “Se Dio ti chiama in cielo … il vaccino non è in grado di impedirlo…” e viceversa “Puoi fare a meno di vaccinarti perché se Dio non ti chiama in cielo … non ti succederà nulla”. Mentre la prima affermazione è condivisibile, non lo è la seconda perché spinge a non vaccinarsi pur non essendo nota a nessuno, in anticipo, la effettiva volontà di Dio. Finché questa non si manifesti inoppugnabilmente (cioè non sia solo arbitrariamente presunta), il cristiano è vincolato al diritto-dovere di curarsi con i mezzi leciti disponibili. Al contrario dei pagani che rivendicano il diritto a disporre totalmente della propria vita e a ricorrere al suicidio conclamato o consumato in modalità variegate quando ne abbiano voglia.
Uno slogan molto in voga nel mondo parallelo in cui si sono blindati i cattolici NO-VAX è quello secondo cui “il vero nemico è il demonio e non il COVI-19!”. Tale espressione ha alcuni sottotesti: “gli scienziati, i medici, i sedicenti esperti, i politici sono asserviti all’influsso diabolico”; “il diavolo li rende, quand’anche loro malgrado, strumenti per la distruzione della Fede attraverso provvedimenti di limitazione della libertà, falsità scientifiche, vaccini veicoli di modificazioni del DNA e/o di microchip per la riduzione in schiavitù degli esseri umani”; “la produzione artificiale ed intenzionale del virus e delle sue varianti così come l’allarmismo creato ad arte vorrebbero irretire i pochi veri cattolici rimasti e spingerli all’apostasia”. Come il populismo, il sovranismo e il negazionismo (quando non addirittura il terrapiattismo) anche l’ “ismo” del complottismo a sfondo religioso-apocalittico di cui sono imbevute simili convinzioni tradisce un vissuto impermeabile ad ogni confronto con la realtà: più viene smentito dai dati di fatto più si alimenta.
Anche i bambini cristiani in età di Prima Comunione sanno che il nemico numero uno dell’uomo è il demonio: questa ovvietà di fede religiosa – impropriamente traslata sul piano scientifico della salute della popolazione – non può essere strumentalizzata per motivare all’esitazione o alla rinuncia al vaccino anti-COVI-19.
Una tentazione ancora più sottile in cui sembrano cadere alcune “anime buone” (anche molto attive alla radio) è quella per cui esse affermano che “Gesù è più del vaccino” e che “È Gesù che ti salva, non il vaccino!” e altre simili boutade ad effetto. Sono affermazioni ambigue che creano – come quella precedente – una pericolosissima confusione fra il piano religioso e quello sanitario. Assumere il vaccino non è garanzia di immortalità né caparra di benessere garantito: questo va detto, certamente! Ma i due contesti, di fede e di scienza, devono essere ben esplicitati: certe frasi ad effetto, se gettate lì senza la corretta contestualizzazione sortiscono l’effetto di autorizzare erronee convinzioni e pericolosi comportamenti.
Il credente ben formato sa bene che unico salvatore dell’uomo è il Figlio di Dio. La Trinità ha il potere di operare miracoli fisici e spirituali; in essa confidiamo per poter accedere allo stato di Paradiso dopo l’ineluttabile passaggio della morte corporale. A Dio, alla Madonna e ai Santi sono stati attribuiti infiniti miracoli, testimoniati dai Vangeli e dalla Chiesa. Se un vaccino può al massimo rimandare la nostra morte ma mai abolirla, da Dio attendiamo invece anche la risurrezione del nostro corpo, definitamente liberato dal potere della morte. Fede e fatti concreti ci autorizzano abbondantemente a credere che Gesù sia infinitamente più potente ed efficace di un vaccino fino a farne un’ovvietà. Ma, da simili corretti convincimenti siamo forse autorizzati a non vaccinarci e a seminare scetticismo? Proprio no, a mio avviso.
Il libro dei Numeri (Nm 21, 4-9) ci dice che per poter guarire dai morsi di serpentelli velenosi del deserto il popolo di Israele doveva guardare verso un serpente di rame issato su un bastone da Mosè su comando di YHWH. Molte “anime candide” si saranno rifiutate di fare quel piccolo gesto di affidamento brandendo il concetto di onnipotenza diretta dell’Adonai che non ha bisogno di niente e nessuno per sprigionarsi: sta di fatto che quando un serpente aveva morso qualcuno quello restava in vita solo se guardava il serpente di metallo! Il travaglio interiore del generale siriano Naamàn (2 Re, 5), riottoso ad immergersi nel Giordano per guarire dalla lebbra, è altrettanto significativo. E che dire di un San Pietro che (Mt 14, 22-33) avesse preteso di essere salvato dallo sprofondare nelle acque del lago di Tiberiade rifiutando la mano tesa del Nazareno perché questi, in quanto figlio di Dio, poteva (e doveva) salvare prescindendo da un braccio di carne ed ossa?
Insomma, il discernimento ordinario è che se Dio mette a disposizione dei mezzi di guarigione leciti è bene e doveroso servirsene. Prima di rifiutarli in nome di una pretesa purezza adamantina di fede occorre il vaglio di una introspezione spietata per essere certi che un diabolico angelo di luce (stavolta sì, è il caso di tirarlo in ballo) non stia abbagliando, divertendosi moltissimo con ghigni orrendi, la nostra mente superbamente altezzosa ma sempliciotta. “Non metterai alla prova il Signore Dio tuo” (Lc 4, 12) è quanto si deve fuggire!
Quando, infine, la sindemia sarà stata debellata i cattolici dovranno porre mano (e cuore) al ciclopico impegno della ricostruzione dell’unità nelle comunità parrocchiali. La presenza di persone ad orientamento NO-VAX a volte con percentuali interne del 30-50% ne ha minato, spesso sconvolto, l’unità. Le persone che si riteneva di conoscere a fondo, con cui tanto si era condiviso, con cui si dava per scontata una comunanza di pensiero hanno finito per rivelarsi drammaticamente ostili, duramente impermeabili ad ogni ragionamento e ad ogni evidenza, pervicacemente convinte delle proprie idee. Coloro sulla cui fratellanza si faceva affidamento per resistere da cristiani in tempi di colonizzazione ideologica pagana si sono rivelate di fatto nemiche. L’inimicizia da cui già si era messi a dura prova ab extra è divenuta quasi insopportabile perché sperimentata anche intra mœnia. Quanto grande dovrà allora essere la grazia dello Spirito Santo per rifondare ciò che sembra sgretolarsi sotto i nostri occhi giorno dopo giorno! E quanto aspro sarà il cammino del perdono reciproco. La speranza tuttavia è incrollabile perché fondata sulla potenza e sulla misericordia di Dio, l’Onnipotente. E sulla Sua promessa: “non prevalebunt”.
Roberto Leonardi