“Governare”, cioè mantenere alta la pretesa di orientare o addirittura dirigere il corso degli eventi è più difficile oggi di quanto non fosse quando la società era più semplice e stratificata, quando i cittadini trovavano, ciascuno nella sua aggregazione di appartenenza sociale, un importante fattore complementare alla costruzione dell’identità personologica di ognuno. Ora si tratta di “domare la complessità” che non è solo un fenomeno culturale, sociale e politico che concerne la dimensione collettiva della vita civile, bensì anche e forse soprattutto una condizione esistenziale che attraversa il vissuto di ogni persona.
Viviamo in un mondo liquido e, ad un tempo complesso, che scorre in modo torrentizio, formando salti, vortici e mulinelli, ora accelerando il suo corso, ora rallentandolo e poi, d’ improvviso, precipitando di nuovo.
Il luogo della composizione del conflitto, cioe’ lo spazio in cui le contraddizioni che caratterizzano il nostro tempo possono trovare un punto di equilibrio non consiste piu’ solo nella creazione di un ordinato mosaico capace di ricondurre all’ interesse generale del Paese, le spinte settoriali che lo attraversano.
Non si riconquista quel tanto di coesione sociale che, come presupposto di un franco discorso pubblico, consente di dar corso ad una dialettica politica strutturata e sensata, se non ricomponendo i conflitti e le contraddizioni anzitutto nella coscienza e nell’ interiorità di ognuno. “E’ nelle fibre sottili (della società ) che ci sono problemi, nei femminicidi, nella violenza giovanile: dove non conta il denaro, ma l’esclusione e la disumanità”: lo sostiene Giuseppe De Rita in una recentissima intervista a “La Stampa”.
Queste considerazioni tradotte sul piano della funzionalità del sistema politico-istituzionale, ci dicono quanto sia pretestuosa ed illusoria ogni strategia di personalizzazione del potere E’ necessario, al contrario, allargare quanto più possibile, gli spazi ed i luoghi del “pensare politicamente” come insegna Giuseppe Lazzati, uno dei ”padri costituenti”, successivamente Rettore della Cattolica. “Pensare” secondo categorie politiche significa far seguire all’ analisi, in sostanza all’ esame obiettivo di un determinato contesto storico, la capacità di riportare a sintesi i dati che si sono rilevati.
Si tratta di un “pensiero” che precede l’ azione e, nel contempo, la incorpora. Quindi, una modalità di approccio alla realtà del mondo che ci circonda che prende le mosse da un giudizio, dallo sforzo di cogliere la “cifra” di quel particolare momento, ma lo fa in funzione di una responsabilità da assumere in prima persona, per cui non ristagna nel “pre-politico”, ma compie il salto nel bel mezzo di un impegno prettamente politico.
Quello che abbiamo inteso fare con INSIEME, senza minor considerazione né per il lavoro di formazione delle coscienze né per la riflessione pre-politica che impegnano molte forze vive dell’area cattolica. Ma avvertendo anche la parzialità di un simile approccio, a fronte della necessità di giocarsi, con le nostre idee, i nostri valori, i nostri convincimenti, su un crinale tormentano, eppure ricco di opportunità straordinarie, qual è la vicenda storica in cui siamo oggi immersi.
Domenico Galbiati