All’alba del 2023, due grandi monarchie “scricchiolano”. Da una parte, il Papato e, dall’altro, il Trono britannico sembrano accomunati, fatte le dovute distinzioni, in uno strano destino. Entrambi fanno i conti con la morte di un punto di riferimento (Benedetto XVI ed Elisabetta II), entrambi vivono una fase interlocutoria pur avendo una guida certa (Papa Francesco e Re Carlo III). Entrambi i “regni” vivono giorni difficili per le rivelazioni distillate sapientemente da due protagonisti: l’arcivescovo Georg Gaenswein che ha accompagnato in vita, e sino all’incontro con la morte, Joseph Ratzinger; il duca di Sussex, Harry, figlio di Diana Spencer e di Carlo, oggi sovrano d’Inghilterra. Entrambi ispiratori, con i loro racconti e con le loro rivelazioni, di due libri che fanno discutere. Nel caso di padre Georg, affiancato da Saverio Gaeta, c’è l’ambizione (tradita dallo stesso titolo del libro “Nient’altro che la verità. La mia vita al fianco di Benedetto XVI”) di raccontare tutto quello che non è stato svelato nei lunghi dieci anni di esilio volontario di Ratzinger nel monastero all’interno del Vaticano, dopo le sue inaspettate dimissioni nel lontano 2013. Quello di Harry, coadiuvato nella stesura da un premio Pulitzer come J. R. Moehringer, è una vera e propria resa dei conti con la famiglia reale.
In ogni caso, pur nell’assoluta necessità di distinguere due storie e due destini totalmente differenti (il Papato rappresenta il segno di unità di una religione rivelata come il cristianesimo, mentre il Regno Unito appartiene alla storia dell’umanità), sta di fatto che le due vicende, i personaggi coinvolti e i giudizi espressi non possono lasciare indifferenti. Se in entrambe le Corti (in fondo lo è anche quella vaticana) prevalgono i silenzi prudenti, se gli analisti si inerpicano nelle ricostruzioni più fantasiose, e qualcuno si spinge nei giudizi più spericolati, sta di fatto che in entrambi i mondi ci si interroga su cosa debba inevitabilmente cambiare perché le due realtà sopravvivano a questa fase di disequilibrio e di incertezze.
Se nel Regno Unito non ci si nasconde l’eventualità di un forte ridimensionamento del peso della Corona e della stessa Camera dei Lord, retaggio di un sistema monarchico forse non più al passo con la modernità, nella Chiesa cattolica si parla apertamente dell’inizio della “fase due” del Papato di Francesco. Con un grande interrogativo, già riproposto da tanti osservatori, sulla nuova stagione dei rapporti fra il fronte progressista cha attornia Bergoglio e l’ala conservatrice che, come è stato già osservato, è stata depotenziata e frenata dai silenzi dello stesso Ratzinger che mai ne ha rivendicato la guida.
Sta di fatto che se nel Regno Unito appaiono inevitabili riforme incisive che toccheranno il ruolo, il peso e la centralità della monarchia, sia pure dentro una cornice democratica, in Vaticano le cose appaiono più confuse e complesse. Una domanda su tutte, infatti, si impone. Cosa resta della dialettica fra continuità e rottura nell’interpretazione del Concilio Vaticano II, di cui sono stati rispettivamente testimoni e artefici Benedetto e Francesco? Se il primo sembra essere oramai destinato al congelamento nella galleria dei grandi teologi (c’è chi lo vorrebbe da subito a fianco dei Padri della Chiesa) dal secondo cosa dovranno attendersi i credenti di tutto il mondo?
Per paradosso, la risposta la dà uno dei grandi detrattori di Ratzinger, il teologo Vito Mancuso che su “La Stampa” del 5 gennaio rende l’onore delle armi a un Papa da lui non amato: “…riconosco di aver spesso avvertito che egli aveva il grande merito di richiamare con chiarezza i temi fondamentali della fede. Quali sono? Non i migranti, non l’ecologia, non la sessualità, non l’omosessualità, non la bioetica, non il celibato ecclesiastico, non il sacerdozio femminile, non in genere tutti i temi per così dire orizzontali che riguardano il nostro essere parte del mondo, compreso quel particolare pezzo di mondo che è la Chiesa cattolica. Non che essi non siano importanti. Lo sono eccome. Tuttavia non sono essenziali, non rappresentano cioè l’essenza specifica che fa esistere la peculiare disposizione della mente e del cuore che si chiama ‘fede’; anzi fede in ‘Dio’ in quanto intelligenza creatrice, causa e finalità dell’essere, alfa e omega…”.
Ecco, se questo era Ratzinger, cioè il Papa della “dimensione verticale”, cosa è oggi Francesco, considerato che si occupa incessantemente di tutti i temi “orizzontali”? Per i credenti e per la Chiesa intera non è un interrogativo secondario. Cioè per chi ogni giorno deve affrontare la sfida di un mondo che sembra di aver scelto di vivere “come se Dio non ci fosse”. E se non c’è un Papa a confortarlo sull’esistenza di una dimensione “verticale” è davvero dura… Anzi, durissima!
Domenico Delle Foglie