Aiutati dalle ore sul divano causa epidemia di coronavirus, e sollecitati da una serie di imbecillità lette ed ascoltate (tra queste l’idea di un ministro olandese di sottoporre a inchiesta i paesi che chiedono aiuti all’Ue per fronteggiare il
morbo), abbiamo oziosamente pensato ad un paio di cose che sarebbe bene fare, quando potremo uscire di casa e torneremo a vedere la luce del sole. In attesa che questo accada, e che si possa finalmente fuggire da questo buio della ragione che genera mostri, ci permettiamo di elencare queste considerazioni oziose di un ozioso.
Chissà: ne potrebbe nascere un bel dibattito. Il tempo non ci manca. Ecco l’elenco, ma prima di leggerlo si sappia che l’ordine di esposizione non corrisponde necessariamente a quello dell’importanza. Ognuno le disponga nel disegno
espositivo che ritiene più consono.
Primo: la revisione radicale dei trattati internazionali che regolano il funzionamento dell’Ue, inserendo il principio del voto ponderato nelle decisioni del Consiglio.
Secondo: riforme costituzionali volte a rinsaldare la democrazia contro i populismi, e cioè: a) inserimento di norme generali che impediscano la concentrazione in poche mani di media e social media; b) inserimento nel testo costituzionale di una legge elettorale proporzionale.
Terzo: una legislazione fiscale per a) una tassazione autenticamente progressiva in relazione al reddito; b) l’introduzione del quoziente familiare.
Quarto: ristrutturazione del Sistema Sanitario Nazionale, togliendolo alle regioni che lo hanno smembrato privatizzandolo ed a quelle che ne hanno succhiato le risorse economiche.
Quinto: il controllo della comunità nazionale sulle imprese di valore e importanza strategica.
Sesto: la reintroduzione di norme di tutela del lavoro, del reddito e della dignità del lavoratore.
Settimo: un piano di sviluppo pubblico delle energie rinnovabili, a tutela dell’ambiente e per trasformare il nostro Paese da consumatore-importatore a produttore-esportatore di energia.
Ottavo: rafforzamento del Terzo Settore come creatore di posti di lavoro, di civiltà e di ricchezza generale.
Finito lo spazio, non aggiungiamo altro. Ci limitiamo a dire: è economia sociale di mercato? Non è una vergogna, anzi. È troppo generico? Lenin prese il potere con un programma ancora più vago: la terra ai contadini e tutto il potere ai soviet. Basta poco per cambiare radicalmente le cose.
Nicola Graziani
Pubblicato su Il Centro di Livorno ( CLICCA QUI )