Giovedì 18 luglio, poco più di un mese dopo l’esito delle elezioni europee, il Parlamento Europeo si riunisce per votare la conferma della candidata alla presidenza della commissione, Ursula von der Leyen, designata dal Consiglio Europeo.

Qualcosa di strano? No, quanto si è svolto nei giorni passati e si svolgerà fino a quel momento rispecchia fondamentalmente quanto si svolge nella grandissima parte dei sistemi democratici nazionali dell’Europa, caratterizzati da una forma di governo parlamentare, da elezioni proporzionali e da sistemi di partito pluripartitici. Dove non esiste un partito che abbia da solo la maggioranza in parlamento e possa così proporre da solo il governo (cosa che capita rarissimamente nei paesi europei) la strada da percorrere è quella della costruzione di una coalizione che possa raggiungere quell’obiettivo. Può essere che sia il partito maggiore a esserne il centro, ma quel che conta di più è la “coalizionabilità” tra i partiti, cioè la relativa compatibilità tra i loro programmi che gli elettori hanno sanzionato nelle urne. Le trattative che precedono l’approvazione parlamentare di un nuovo esecutivo servono appunto a verificare questa compatibilità, che possa poi tradursi in un programma (più o meno dettagliato e formalizzato) di governo accettato da un gruppo di partiti tale da assicurare al nuovo esecutivo una maggioranza in parlamento.

A seconda delle loro posizioni politico-programmatiche ci possono essere partiti più o meno coalizionabili. Tipicamente sono poco coalizionabili i partiti anti-sistema presenti in alcuni paesi. Chi si oppone ai valori fondamentali di un sistema politico difficilmente potrà pretendere di essere imbarcato in una coalizione di governo che invece si riconosce in quei valori. Questi partiti sono esclusi, ma dovremmo dire si autoescludono, dai processi di coalizione perché preferiscono coltivare una opposizione distruttiva piuttosto che assumersi le responsabilità di governo.  Se gli altri partiti riescono a superare le loro divergenze programmatiche il governo si forma con il sostegno del parlamento.

Questo modus operandi è da considerare pienamente democratico: gli elettori hanno determinato la configurazione del parlamento conoscendo le posizioni dei partiti (pro-sistema o anti-sistema che siano) e il parlamento trasferisce legittimità democratica al governo che ne ottiene la fiducia. Succede che partiti di stampo populista contestino questa legittimità democratica sostenendo che solo un governo “eletto direttamente dal popolo” sarebbe veramente democratico, ma dimenticano di dire che per avere un simile governo bisogna avere sistemi elettorali fortemente maggioritari, quindi solo parzialmente rappresentativi delle opinioni degli elettori e dunque con un deficit di democraticità non trascurabile.

Il processo sopra delineato è esattamente quello che sta succedendo in questi giorni nell’Unione Europea. Il sistema partitico europeo, basato su sistemi elettorali proporzionali, è chiaramente pluripartitico. Come potremmo d’altra parte aspettarci un quadro diverso vista la complessità e varietà delle società europee a meno di schiacciarle in uno stampo maggioritario forzato fortemente riduttivo? La strada dunque per dare legittimità democratica alla Commissione europea è quella di un processo coalizionale che costruisca una maggioranza possibilmente abbastanza ampia per tenere conto delle diversità politiche e nazionali che esistono nell’Unione.

E’ quello che sta facendo Ursula von der Leyen. Poiché poi esistono partiti dichiaratamente anti-sistema, che vogliono fare arretrare il faticoso processo di integrazione europea che si è sviluppato nel tempo, non ci si deve stupire che gli altri partiti che hanno contribuito a costruire questo processo li escludano dal processo coalizionale. In fondo è questa la posizione che preferiscono: quella della opposizione irresponsabile.

Il vero problema è semmai quello di partiti che hanno una posizione più ambigua tra i due fronti (un buon esempio è quello di Fratelli d’Italia e della sua leader Meloni all’interno del partito europeo dei Conservatori e Riformisti). Se non vogliono essere schiacciati sulla posizione dei partiti anti-sistema e restare fuori quindi dai processi decisionali principali europei con tutte le conseguenze del caso per loro e per il paese che li esprime, devono chiarire la loro posizione. Questo naturalmente non vuol dire che non possano criticare questa o quella politica dell’Unione (lo fanno anche i partiti della coalizione centrale); ma sui valori europei fondamentali bisogna essere chiari.

E’ il sistema parlamentare europeo, Giorgia… e non puoi farci niente! Il premierato non è ancora passato in Europa (e per ora neanche in Italia).

Maurizio Cotta

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