Nei primi mesi del prossimo anno tocca a Lombardia e Lazio, oltre che a parecchi comuni. Ad esempio, sempre in Lombardia, rinnova l’ Amministrazione Comunale di Brescia. Nel 2024 sarà la volta delle Europee e via via voteranno, a seguire nei prossimi anni, altre importanti Regioni. Il quinquennio della legislatura avviata lo scorso 25 settembre si presenta costellato di appuntamenti elettorali rilevanti che, inevitabilmente letti in chiave politica, finiranno per rappresentare una sorta di termometro del filing più o meno rinsaldato o piuttosto allentato tra la destra al governo ed il sentimento degli italiani. Di tutti gli italiani? Anche degli astenuti e di coloro che dovessero continuare a disertare le urne ?

Di questa rilevante quota di italiani ci si dimentica in fretta e volentieri. Gli elettori blanditi fin sulla soglia del seggio, spesso agitando il fantasma del “voto utile”, vengono abbandonati alla loro china scivolosa un attimo dopo il conteggio delle schede. Non fanno parte del bottino e, quindi, si puo’ glissare. In fondo, “mal comune, mezzo gaudio”. L’astensionismo, del resto, viene sostanzialmente lamentato e valutato in ordine al mero dato quantitativo.

Un’analisi qualitativa, alla ricerca delle motivazioni che ampliano talmente il fenomeno viene appena accennata, peraltro con una intonazione che vorrebbe giustificare e consolare. Addirittura si avanza la tesi che il contenimento della partecipazione al voto sarebbe, sulla scorta di quanto avviene in altri paesi, un segno – chissà perché – della crescente maturità civile degli italiani. Senonché il medico pietoso fa la piaga purulente e, pertanto, bisognerebbe affrontare questa autentica patologia del nostro sistema politico-istituzionale con una determinazione di cui non c’è traccia. Eppure converrebbe a tutti poter mettere in campo una facoltà piena di rappresentanza popolare.

La nostra proposta è che vi sia un impegno comune, diretto a riaccendere se non la passione politica, almeno un ragionevole, largo, diffuso coinvolgimento degli italiani nelle scelte politiche che orientano la vita della collettività e, in definitiva, delle stesse singole persone. Ma è possibile e come, un po’ per volta, almeno tendenzialmente riassorbire l’astensionismo ? Cominciando da dove ? Forse dalle cose più semplici ed evidenti che, al di là di sofisticate analisi sociologiche, sicuramente favoriscono quel fastidio, se così si può dire, che rende stridente il rapporto tra rappresentanti e rappresentati.

Abbiamo bisogno di una politica che adotti toni pacati; una politica mite, ragionata e riflessiva, nella quale i vari interlocutori si scambino una reciproca “legittimazione”. Viviamo,al contrario, in una specie di eretismo politico permanente, dominati da una tensione nervosa incessante che spesso offusca il giudizio e torce gli argomenti, sostituiti dall’invettiva. Si alzano i toni dello scontro per nascondere la vaghezza dei contenuti. Si assiste ad esercizi plateali di verbosità erculea che sfiorano il ridicolo. Si trasmette l’ immagine di una inettitudine congenita della politica, come se chi la dovesse accostare rischierebbe di restarne compromesso.

Eppure, non si può rinunciare a risalire la china un po’ per volta, con la pazienza necessaria e la continuità di uno sforzo di chiarificazione. Non è tutto qui ovviamente, ma questo elementare rispetto di sé stessi e dei propri interlocutori che i politici devono adottare come costume quotidiano può rappresentare un buon viatico per ridare respiro ad una partecipazione popolare sempre più flebile. Del resto, le elezioni locali, le tematiche maggiormente connesse alla concreta fisicità di un territorio dovrebbero favorire una postura più prudente, una misura del confronto più oggettiva.

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