La Politica italiana pare ormai connotata da un fenomeno piuttosto insolito. Sul piano economico e finanziario, si vince con il populismo e si governa con il realismo. Come altro definire l’azione del Governo Meloni? Nessuna delle tesi proposte dalla destra in campagna elettorale sta trovando riscontro nei documenti di programmazione finanziaria e nei provvedimenti approvati. Al contrario, la gestione della politica di Bilancio pare ispirata dal rispetto assoluto dell’equilibrio nei conti pubblici. E la stessa posizione in sede comunitaria del Governo non pare proprio dare quei segnali di radicale cambiamento che erano stati rivendicati. Della serie: i voti si prendono con le parole forti e con le proposte più dirompenti, ma poi l’azione di Governo – una volta ottenuti copiosamente i voti – si esercita nel rispetto dei vincoli oggettivi e invalicabili che la situazione italiana ed europea impone.
È la distorsione strutturale di un sistema della rappresentanza che ha perso ormai ogni riferimento alla “moralità politica”. Essa non è, in tal caso, quella del “non rubare”, ma quella del non fare ciò che si era promesso sapendo benissimo di non poterlo mantenere. La crisi della Politica sta in larga parte qui. E ciò spiega anche la durata effimera delle leadership che di volta in volta sembrano imperiture, ma poi franano all’insegna del motto: questa/o ci ha delusi, avanti un altro/a. La Destra sembra consapevole di tutto ciò. Ed infatti, se sul piano della politica economica e finanziaria non si muove di un millimetro dal solco del rigore di Bilancio (quello che contestava agli altri), prova a corrispondere al consenso ricevuto con battaglie di “identità”. Esse non costano nulla in termini di Bilancio. Anche se costano un patrimonio in termini di coesione sociale, di “valori comunitari” ed in prospettiva anche in termini sociali ed economici. Ma si tratta di una contabilità diversa e differita.
Ecco allora che il Governo se la prende via via con il “nemico di turno”. In questi giorni, va di moda prendersela con gli immigrati. Il Ministro Lollobrigida lo ha detto chiaro e tondo: invece che accogliere mano d’opera straniera (che serve in realtà come il pane), meglio che le donne italiane facciano più figli! Così la razza italica sarà garantita. A parte ogni altra considerazione etica (i figli sono un dono per le famiglie e per le comunità, non uno strumento per la difesa della razza), qualsiasi studioso di demografia penso che strabuzzi gli occhi. Sono orgoglioso di aver promosso, durante la mia Presidenza della Provincia Autonoma di Trento, la Legge Provinciale che ha istituito (per prima a livello regionale) l’allora “Agenzia per la Famiglia” (che vedo oggi promossa come una coccarda sul bavero della attuale Giunta in altre Regioni ed in ambito ecclesiale nazionale) e di aver messo in campo molte iniziative a favore della natalità: impegno al quale credo sia come cattolico che come cittadino. Ma mai avrei pensato che questa tematica sarebbe stata evocata un giorno da un membro del Governo del mio Paese per rivendicare un primato razziale contro la temuta “sostituzione” etnica. E proprio nel giorno nel quale il Presidente Mattarella, in Polonia, ha esortato a non dimenticare i drammi che l’istinto razziale ha comportato nella nostra storia.
Se dunque, sul piano finanziario, la Destra al Governo non produce gli annunciati danni perché soggetta ai vincoli invalicabili del sistema, ne produce di ben peggiori su un altro piano: quello dell’anima, della cultura e dei valori condivisi di un popolo che ogni giorno essa sollecita al rancore, alla divisione, all’egoismo, alla paura. Esattamente il contrario della prospettiva di rigenerazione della Democrazia attraverso un “Nuovo Umanesimo” evocata da Papa Francesco e delle esortazioni di pensatori laici, come Edgar Morin, in tema di “crisi di pensiero dell’Occidente”. A questa Destra fa fronte una Sinistra italiana in larga misura prigioniera del primato dei soli “diritti individuali” ed incapace di elaborare una idea solidale, comunitaria e sostenibile di sbocco a questa fase di crisi del capitalismo e della Democrazia Liberale. E per questo poco in sintonia con larghe fasce popolari e non metropolitane. È urgente una rifondazione del pensiero politico democratico e alternativo alla Destra. Ciò può accadere – vista la situazione – a partire dai territori, più che dai Palazzi romani. Ed il contributo dei Popolari, se si tengono alla larga da operazioni di piccolo cabotaggio e pensano al futuro – può essere determinante.
Lorenzo Dellai
Pubblicato su Il Domani d’Italia (CLICCA QUI)