Venerdì 18 settembre al Sacro Convento d’Assisi, in vista della firma di Papa Francesco della sua terza enciclica Fratelli tutti, sulla tomba di San Francesco il prossimo 3 ottobre, è stata inaugurata, con il saluto di Mons. Domenico Sorrentino, vescovo d’Assisi, la mostra Economia fraterna, con la quale si è aperta anche la VI edizione del “Cortile di San Francesco”, dedicato al tema dell’economia. L’opera, che consta di 12 pannelli con i relativi approfondimenti, è stata realizzata dai frati del S. Convento e da due laici (Oreste Bazzichi e Paolo Capitanucci).
Parlare di economia e francescanesimo, può apparire un paradosso, ma, a ben vedere, nella realtà non lo è, perché Francesco era un mercante e quindi ha conosciuto le logiche economiche del suo tempo; esalta le creature concrete nella loro funzione e utilità comunitaria e sociale; abbraccia tutto il creato “cum tucte le creature”, che diventano fratelli e sorelle; sceglie per sé e per i suoi frati la povertà volontaria come segno di libertà dai beni materiali, indicando nella bellezza e fecondità del creato, l’impegno di tutti per la cura della “casa comune”, con uno stile di vita improntato alla responsabilità; fraternizza sia con il Papa che con il Sultano, sia con la gente povera e umile sia con i nobili e i ricchi; respira la festa della libertà creativa del volto di Dio e del volto dell’uomo che lo aiutano a non chiudersi in sé stesso, ma ad aprirsi agli altri.
Nel capitolo 23 della Regola non bollata (1221) c’è un testo essenziale nel quale Francesco mette sullo stesso piano tutti i gruppi del suo tempo senza preoccuparsi se siano socialmente privilegiati o esclusi, favoriti o sfavoriti socialmente. La dinamica della nostra società crea inevitabilmente il nemico necessario, che bisogna eliminare come ostacolo. Francesco si colloca molto oltre le differenze antagoniste e rivali per incontrare l’essenziale dell’uomo e i suoi problemi. Per questo egli fu un profeta della pace, dell’armonia e della fraternità.
Francesco d’Assisi, scegliendo per sé e per i suoi frati la povertà volontaria come segno di libertà dalle cose materiali, ridette senso e direzione ad una società bloccata, dando risposte alle due questioni più delicate e intrecciate: la povertà e lo sviluppo. Toccherà proprio ai francescani del XIII-XV secolo interpretare le res novae – civiltà cittadina e risveglio mercantile – creare la matrice dalla quale sortì il primitivo lessico dell’economia di mercato, dando luogo, da un lato, alla via d’uscita dal persistente divieto del prestito ad interesse (usura) attraverso la felice intuizione dei Monti di Pietà e Monti Frumentari, dall’altro, fornendo alcune basi epistemologiche alla futura scienza economica. I francescani guardarono il capitale e il denaro in analogia con sorella acqua, che è “utile, umile, preziosa e casta” quando è acqua corrente, ma che, se ristagna, imputridisce e puzza. Il capitale è come l’acqua, quando circola è utile al bene comune e proprio qui assistiamo ad un interessante incontro con il modello dell’economia sociale di mercato.
La mostra narra una sintesi documentata per mostrare che Francesco d’Assisi non aveva della povertà una visione pauperistica, né tantomeno una scelta ideologia, ma un approccio realistico della società, offrendo i lemmi di un paradigma fondato sull’ecologia integrale, che ha al centro il principio di fraternità, di relazione, di alterità, di gratuità, di dono, di sobrietà, di condivisione, di solidarietà e di “grazia del lavoro”, eseguito con competenza, collaborazione, dedizione e devozione (Regola bollata, 1223, cap. V).
Il fil rouge che lega il pensiero della mostra è il paradigma della fraternità, parente povero della libertà e dell’uguaglianza, che invece hanno segnato profondamente la storia politica dei popoli. Oggi c’è estremo bisogno che essa sia messa al centro dell’esperienza umana, non solo come valore esistenziale, ma anche come principio politico, economico e culturale.
Flavio Felice
Pubblicato su L’Osservatore Romano ( CLICCA QUI )