Un tempo i “levantini”, che riunivano all’ingrosso gli abitanti della Grecia, della Turchia e delle altre regioni al di là dell’Adriatico e dello Jonio, erano considerati i più grandi “mercanti” del mondo. E facevano a gara con i nostri: i veneziani, gli amalfitani, i genovesi.
Questo carattere sembra essere più che mai attuale. E’ stato infatti dopo mesi e mesi di tira e molla che nelle ultime ore è giunto l’annuncio: Erdogan dà il via libera all’ingresso della Svezia nella Nato; ma in cambio di qualcosa cui Ankara attribuisce grande importanza. Il Presidente turco aveva rilanciato la trattativa subordinando il sì agli svedesi all’accettazione dell’ingresso della Turchia nell’Unione europea. La Svezia, in cambio, s’impegnerà ad accelerare il processo d’adesione turca all’interno della Ue. I tempi e le modalità restano vaghi e incerti. La reazione russa, invece, potrebbe essere immediata.
E’ un po’ quello che sostiene il grande storico Fernand Braudel: “lo scambio significa reciprocità”. Erdogan vuole che finalmente l’Europa l’accolga, dopo decenni e decenni di attesa sull’uscio. La Turchia richiese l’ingresso in quella che allora era solamente la Comunità europea nel 1987. 12 anni dopo venne accettata come paese candidato. Oltre due lustri durante i quali la Francia, in particolare, esprimeva continue contrarietà. Nel 2005 si avviarono i negoziati, ma ad oggi è ancora tutto un niente di fatto. Possibile che in quattro e quattr’otto si riesca a fare quel che non si è concluso in tanto tempo passato? Ed è accettabile che l’ingresso nella UE di un paese con circa cento milioni di abitanti, più di qualsiasi altro membro della UE, e culturalmente assai diverso da loro, venga ammesso nella Unione creata da Adenauer, Schuman e De Gasperi? E per decisione di un’altra organizzazione, un’alleanza militare dominata dagli Stati Uniti e dalla Gran Bretagna, che dalla UE è appena fragorosamente uscita?
In ogni caso, c’è una evidente sovrapposizione dei piani, visto che una completa coincidenza delle due questioni non appare a prima vista plausibile: un conto è la Nato, alleanza difensiva transcontinentale, un altro è l’Europa che guarda ai problemi di un processo unitario che investe aspetti culturali, sociali, ed economici comuni. Anche se non manca chi ritiene che, in realtà, nell’attuale fase, si possa ormai finire per considerare l’Unione europea una sorta di propaggine della Nato.
Nato che sembrava in via di liquidazione. Chi non ricorda a tale proposito le velenose dichiarazioni di Donald Trump? Dopo l’invasione russa dell’Ucraina, però, non solo l’alleanza ha trovato nuovo vigore, si è mossa nella consapevolezza di essere in grado di condurre autonomamente il gioco del proprio allargamento. Quello che ha fatto dire a Papa Francesco che l’Alleanza dell’Atlantico settentrionale si era “messa ad abbaiare” sempre più in prossimità della Russia. Quasi fosse un’entità autonoma e al di sopra dei singoli stati nazionali che ne fanno parte e che vi aderiscono convinti che essa sia al loro servizio e non viceversa.
Gli sviluppi del vertice di Vilnus ci diranno se taluni processi si saranno realmente semplificati, anche se oscure ancora restano le conseguenze. E se questa sovrapposizione con la Nato non complicherà il percorso europeo.
In ogni caso, se Braudel fosse ancora vivo dedicherebbe sicuramente un paragrafo a Erdogan, ma anche ad alcuni degli altri degli attori della vicenda russo-ucraina, nel suo eccezione lavoro enciclopedico su ” I giochi dello scambio”.