Che i fenomeni migratori mal controllati e peggio gestiti costituiscano un problema serio per le democrazie dovrebbe essere ben presente a tutti. Pongono infatti ai governi dilemmi di non facile soluzione tra l’esigenza di restare fedeli ai principi umanitari che questi regimi sottoscrivono e la non facile salvaguardia dell’identità e della coesione nazionali in società sempre più multietniche Questi dilemmi si fanno tanto più spinosi quanto più l’opinione pubblica tende ad avere una percezione distorta della entità dei fenomeni (tutti i sondaggi mostrano che i numeri di migranti percepiti sono abbondantemente superiori a quelli reali), soprattutto quando forze politiche estremiste giocano sulle paure della gente per accrescere il proprio seguito. I regimi non democratici hanno gioco più facile potendo utilizzare ampiamente la censura sulle notizie e la repressione nei confronti dei migranti oppure usandoli come strumenti di ricatto verso altri paesi (vedi l’esempio della Turchia).
Per i paesi democratici dell’Unione Europea, legati tra loro da molteplici vincoli e parte di uno spazio di movimento delle persone aperto, si aggiungono altri problemi. Le politiche scelte o subite da un paese possono rapidamente ripercuotersi su altri paesi, se i migranti arrivati in un paese “filtrano” verso un altro. In una comunità aperta le scelte di un paese sono sempre rilevanti anche per gli altri. Quanto più non sono coordinate tra loro e armonizzate entro un comune cornice europea tanto più sono suscettibili di generare contese anche piuttosto aspre tra i diversi membri dell’Unione e di minacciare il funzionamento dello spazio comune di libera circolazione.
Questi problemi sempre rilevanti si acuiscono nel momento in cui le tornate elettorali portano il tema della gestione dei migranti al centro della competizione elettorale e sono presenti forze politiche che di questo tema si impadroniscono. E’ quello che sta succedendo in questo momento, quando, oltre ad una serie di elezioni nazionali (Slovacchia, Polonia, Paesi Bassi) si avvicinano le elezioni europee che coinvolgeranno tutti i paesi dell’Unione. Queste elezioni, vista la grande debolezza dei partiti europei, sono ancora in misura preponderante elezioni nazionali che in ogni paese si combattono tra i partiti locali.
Il tema dei migranti, soprattutto in alcuni paesi, assume una rilevanza particolare nelle dinamiche competitive di questi partiti. Nello stesso tempo però quello che succede a livello nazionale non è isolato dal contesto europeo dal quale si aspettano soluzioni per i problemi che i governi nazionali faticano a risolvere da soli (come appunto il problema della gestione e accoglienza dei migranti). La possibilità che dinamiche competitive esasperate a livello nazionale rendano più difficile trovare soluzioni (di compromesso) a livello europeo si accrescono. Per semplificare è facile osservare che il di per sé non facile raggiungimento di soluzioni soddisfacenti sia per i diversi interessi nazionali che per la tenuta dello spazio europeo è fortemente ostacolato se i governi nazionali devono difendersi in casa dagli attacchi di forze politiche che gridano al tradimento dell’interesse nazionale e accusano i governi stranieri di congiurare contro il paese.
In questa congiuntura i governi dei tre paesi più grandi dell’Unione, Francia, Germania e Italia, senza una convergenza tra i quali è difficile trovare una soluzione europea soddisfacente, si trovano tutti e tre ad affrontare una competizione interna particolarmente insidiosa. In Francia e Germania Macron e Scholz hanno a che fare rispettivamente con il Rassemblement National e con Alleanza per la Germania, due forze esasperatamente nazionaliste che i sondaggi danno oggi in netto vantaggio rispetto al principale partito di governo. In Italia la situazione è più strana perché la spinta più estremista in materia di migrazioni e sovranismo viene addirittura da dentro al governo, cioè dalla Lega! Anche se la Lega non appare al momento un competitore così temibile del partito del capo dell’esecutivo sul piano quantitativo come nei casi francesi e tedesco, il suo controcanto rappresenta una indubbia spina per il governo e ne rende più confusa l’azione.
C’è una alternativa a questo stato delle cose? o la situazione è destinata a peggiorare con una rincorsa nazionale a posizioni intransigenti che accrescono le tensioni tra gli stati e affossano ogni accordo europeo? La strada c’è anche se è difficile e richiederebbe un forte senso di responsabilità dei governi. Alla base deve esserci il chiaro riconoscimento che soluzioni nazionali (compatibili con i principi umanitari e democratici) ai problemi delle migrazioni irregolari non ci sono. Solo una soluzione collaborativa europea che contemperi risposte a breve e risposte a più lungo termine e che uniscano la dimensione europea interna e quella esterna (con un robusto programma di cooperazione con i paesi africani) stemperando le tensioni tra gli stati può consentire di gestire un fenomeno che non è passeggero. Per aprire questa strada un esplicito accordo tra i tre grandi paesi tale da marginalizzare le spinte estremiste, togliere vento alle loro ali e mostrare all’opinione pubblica che ci sono soluzioni ragionevoli è indispensabile. Sapranno Macron, Meloni e Scholz con l’appoggio delle istituzioni europee perseguire con responsabilità e determinazione questa strada ed essere all’altezza di questa sfida? Se la risposta fosse positiva il senso di questa campagna elettorale per il Parlamento europeo potrebbe cambiare decisamente in meglio. E il gioco distruttivo degli estremismi potrebbe essere tenuto in scacco. E’ una illusione sperarlo?
Maurizio Cotta