A pochi giorni dalle elezioni  europee, mi è venuto spontaneo azzardare un paragone. Tra i grandi statisti di allora che costruirono l’Europa e i “piccoli statisti” di oggi, i quali, non sapendo cosa inventarsi,  continuano a blaterare  di sovranismo nazionale. Poveretti.  Non hanno imparato nulla dalla Storia. E soprattutto  non hanno capito un fico secco di questo nuovo scenario geopolitico in cui siamo precipitati. Tra i grandi costruttori dell’Europa, il ricordo non può  che andare  a Emilio Colombo. La sua visione e la sua azione politica sono state profondamente segnate dall’Europeismo. Una bussola, potremmo definirla così, che  ha caratterizzato ogni fase della sua carriera politica. Colombo intuì subito che la Nuova Europa sarebbe nata come risposta ai due conflitti che lacerarono il nostro vecchio Continente.  In quel contesto devastato del secondo dopoguerra,Lui, giovane esponente della Democrazia Cristiana, vide nell’integrazione europea una via per garantire pace e prosperità. Partecipò attivamente ai primi passi dell’integrazione europea, come membro dell’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa e, successivamente, del Parlamento Europeo.  Abbracciò con convinzione il progetto europeista, vedendo nella cooperazione tra nazioni un antidoto ai nazionalismi che avevano condotto alla guerra.

Durante gli anni  del Centro-Sinistra,  Colombo sostenne  L’Europa come Strumento di modernizzazione. In  quegli anni, infatti, ricoprì diversi incarichi ministeriali, tra cui quello di Ministro del Tesoro. In questa fase, l’Europa non era solo una promessa di pace, ma anche un’opportunità di modernizzazione economica e sociale. Ecco perché Colombo sostenne la necessità di integrazioni economiche più strette, vedendo nella Comunità Economica Europea (CEE) un catalizzatore per le riforme economiche e sociali necessarie all’Italia. La sua azione politica mirava a integrare l’Italia nel processo di costruzione europea, promuovendo politiche economiche che potessero allineare il Paese agli standard europei.

Da Ministro degli Esteri cercò di trasformare  L’Europa in  un soggetto protagonista nel consesso internazionale.  Si impegnò infatti per rafforzare la posizione internazionale della CEE, promuovendo una politica estera comune tra i Paesi membri. Sostenne il ruolo dell’Europa come mediatore di conflitti internazionali e nella promozione dei diritti umani. Seppe vedere nella coesione europea una forza capace di influire positivamente sulla scena globale. E soprattutto  favorì il dialogo e la cooperazione con altre nazioni, rafforzando i legami tra Europa e il resto del mondo.

Quando, infine, nel 2003, fu nominato senatore a Vita  indicò spesso l’Europa unita  come Idea di Futuro.

Continuò a promuovere l’ideale europeista fino alla fine dei suoi giorni. In Senato, divenne una voce autorevole a favore dell’integrazione europea. Sostenne l’importanza di un’Europa unita per affrontare le sfide del nuovo millennio, come la globalizzazione, le migrazioni e il cambiamento climatico. Da grande statista,  vide nella costruzione europea un progetto in continua evoluzione, capace di adattarsi e rispondere alle esigenze dei tempi , anche di quelli convulsi  che ora stiamo attraversando.  Il suo Europeismo rappresentò un filo conduttore che caratterizzò tutta la sua carriera politica. Nell’ unità europea vide  non solo una necessità storica ma anche un’opportunità per costruire un futuro di pace, prosperità e giustizia. La sua azione ha contribuito in modo significativo a rafforzare il legame dell’Italia con il progetto europeo e ha lasciato a noi tutti un’eredità importante . Un monito e al tempo stesso una promessa per  costruire un’Europa più forte e più  solidale.  Per far fronte ai pericoli che, dopo ottant’anni di pace, tornano di nuovo a minacciarla nella sua prosperità , nella sua sicurezza e soprattutto nella sua libertà .

Michele Rutigliano

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