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Enrico Letta tra compensanzioni psicologiche e ritorno all’antico – di Giancarlo Infante

Se Enrico Letta voleva lasciare perplessi sull’avvio della sua Segreteria c’è riuscito molto bene. Prima, l’intervento fatto per cambiare la guida dei gruppi parlamentari utilizzando a tappeto il concetto delle “quote rosa”, questione su cui già è intervenuta la nostra Zebretta ( CLICCA QUI ) facendo notare che dietro quella delle gonnelle c’è sempre la spartizione correntizia.

Poi, il Segretario del Pd ci fa sapere che ha avviato le consultazioni con la cosiddetta società civile. Ci saremmo aspettati che convocasse scienziati, amministratori di società e manager, sindacalisti, rappresentanti delle categorie economiche, esperti di digitale, d’internazionalizzazione, di statistica e di varia umanità. Invece, veniamo a sapere che è partito dalle Sardine. Bene, se sarà solo un inizio per avviare il confronto con quella complessità che caratterizza lo società contemporanea.

E’ quindi seguita la “perla” di auspicare che Matteo Salvini e la Lega entrino del Partito Popolare europeo. Prendendosi una risposta risentita dal “Capitano” che, del resto l’ha già detto chiaro e tondo: ha altre idee riguardo alla sua collocazione europea. C’è da chiedersi se questa storia di Salvini riconosciuto tout court quale rappresentante di una visione popolare, cosa che francamente fa scompisciare dal ridere, non serva in realtà a compensare il ritrovarsi in un partito che ha finito, grazie alla brillante intuizione di Matteo Renzi, per essere parte del Partito socialista europeo.

Ci dev’essere di qualcosa di ancestrale e di subliminale. Un dubbio che assale nel momento in cui  vado a rovistare nella biografia di Enrico Letta e mi ricordo che egli, nella prima metà degli anni ’90, è stato Presidente dei Giovani Democristiani Europei. Visto che considero Enrico Letta una persona intellettualmente onesta non posso che pensare ad una compensazione psicologica in atto che lo aiuti a conciliare la sua storia con le contingenze poste dal tempo e dalla situazione che gli sono dati da vivere nel concreto

Andrebbe anche in questo caso tutto bene se Letta non desse chiaramente a vedere, come del resto esplicitamente dichiarato, che continua a circoscrivere la dialettica politica italiana in due schieramenti contrapposti.

Politicamente diventato adulto nel corso della stagione del bipolarismo, dopo aver mosso i primi passi in quella Dc che ha sempre mantenuto una convinta e ferma fede nel sistema proporzionale, egli sembra abbastanza refrattario a prendere atto di come sia finito in pezzi il sistema bipolare. Non vede una vera polverizzazione che dilata il numero delle voci presenti nelle due coalizioni solo formalmente costituite, cui si aggiunge quella dei 5 Stelle?  Inoltre, la volatizzazione va a permeare tutti i partiti trasformati, in realtà, in una sommatoria di gruppi e gruppetti di cui è difficile capire la ragion d’essere: rappresentano spezzoni confusi, spesso intercambiabili, d’interessi esterni alla politica e una forma di autodifesa da parte di parlamentari il cui problema è principalmente quello di arrivare indenni alla fine della legislatura.

Che poi manchi del tutto un quadro logico e gestibile, come bene ogni giorno ci fa vedere l’inadeguatezza della politica di fronte alla pandemia, questo non conta oggi. Lo conterà domani. Ma questo lo si vedrà! Tutti, infatti sono consapevoli che il vecchio sistema è finito. Peccato che ci si fermi a questa comune constatazione e non si faccia molto per creare il nuovo.

O meglio. Le prime uscite di Letta fanno intravedere la possibilità che qualcuno, lui sembra essere tra questi, creda possibile un accordo con la destra di Salvini e della Meloni per ricomporre un quadro di riferimento più gestibile e logico, ma sostanzialmente ritornando all’antico, cioè ad un sistema maggioritario che ci farebbe ripiombare nel bipolarismo che ha dominato, e rovinato, l’Italia negli ultimi 27 anni.

Giancarlo Infante

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