Arriva in libreria la nuova edizione del libro “Il disobbediente” di Andrea Franzoso. E’ la terza: la prima uscita quattro anni fa, seguita da un’edizione per ragazzi. Adesso questa edita da Bur-Rizzoli. Eppure questo libro è completamente diverso dal precedente sia pure basato sulla stessa storia. La prima differenza emerge già dal sottotitolo: da “C’è un prezzo da pagare se non vi vuole avere un prezzo” si è passati a “Trovare il coraggio di denunciare quando tutti vogliono il silenzio”. La differenza sostanziale sta nel fatto che si passa da una vicenda strettamente personale a una presa di coscienza pubblica. Infatti tra un’edizione e l’altra è successo qualcosa di significativo nella storia politica e culturale nazionale: sull’eco mediatica suscitata dal libro si è arrivati, dopo anni in cui la bozza era dispersa in una “selva oscura”, all’approvazione della prima legge italiana a tutela del “whistleblower”, alla lettera il soffiatore di fischietto. Un brutto quanto inutile anglicismo tradotto spregiativamente in spione, ovvero quello che fa la soffiata, per poi essere nobilitato come colui che non accetta e non si rassegna all’omertà. In qualsiasi contesto della convivenza civile. Soprattutto quando si trova di fronte a spreco di denaro pubblico per fini personali. Malaffare perseguito senza pudore, quasi sbandierato con quella sfacciataggine di chi si sente non solo un privilegiato, ma un intoccabile.
Questa è la storia nella quale si trova coinvolto Andrea Franzoso in un’importante azienda pubblica lombarda. E denuncia il malaffare mostrando la propria faccia, senza nascondersi dietro l’anonimato come la legge consentirebbe. Andrea non ha il dente avvelenato con nessuno; Andrea non maschera la propria denuncia dietro un sopruso subìto; Andrea non cerca una scorciatoia per far carriera. Succede esattamente il contrario perché alla fine con «educatissimo cinismo» scrive Gian Antonio Stella nella prefazione, i nuovi vertici dell’azienda pubblica chiamati «a garantire maggiore semplificazione e trasparenza (…) per prima cosa provvederanno non alla rimozione dei tanti che sapevano e non hanno visto, ma alla rimozione di chi ha denunciato». E aggiunge: «Un “segnale” molto esplicito al sistema». Quel sistema che si vorrebbe se non proprio abbattere, almeno correggere con la cosiddetta legge del “whistleblower”. L’editorialista del “Corriere della sera” aveva firmato la prefazione nella prima edizione, ma qui l’ha completamente rifatta. Così pure Raffaele Cantone, ex presidente dell’Anac, Agenzia nazionale antimafia, ora procuratore della Repubblica a Perugia, ha scritto la post fazione nella prima edizione, ma adesso ha aggiunto un’approfondita riflessione sulla legge che ha mosso i primi passi. Questi due interventi, insieme a quello del presidente del Senato Pietro Grasso a Palazzo Madama il 12 ottobre 2017 per la presentazione del libro, evidenziano il cambio di prospettiva del libro: non più, non soltanto un fatto di cronaca sfociato in vicenda giudiziaria, ma un fatto politico nel senso più autentico del termine.
Quando la politica è autenticamente finalizzata non a perseguire interessi di parte, ma il bene pubblico, quella Res Pubblica che ha fatto grande Roma ed è la più importante eredità politico/morale che ha lasciato al mondo civile. Ovvero quella cosa che è di tutti ma di nessuno, quella cosa di cui tutti possono godere ma nessuno può far propria, quella cosa che apparentemente non si vede ma di fatto è il cemento di una comunità. Ma non ci saranno mai leggi a sufficienza né preventive né punitive fino a quando l’illegalità fa parte del costume di un popolo.
Diceva Indro Montanelli che la “propensione degli italiani per la dittatura altro non è che la loro inclinazione per il servilismo”. Allora si può aggiungere che la passiva sottomissione all’omertà altro non è che radicata mancanza di senso dello Stato. Il libro di Franzoso non incita ad essere cittadini coraggiosi, ma semplicemente autentici cittadini.
Luigi Ingegneri