La prima parte di questo intervento è stata pubblicata ieri (CLICCA QUI)
2. Elezioni europee: quale Europa vogliono i partiti italiani al governo?
Le elezioni europee sono anche l’occasione per capire meglio come le forze di governo del nostro paese si pongono di fronte alle tre grandi sfide che l’Unione Europea si trova ad affrontare in questo momento (la guerra e la pace, le politiche del cambiamento climatico, lo sviluppo economico) e quale messaggio trasmettono al proprio elettorato. Qualcuno naturalmente dirà che quello che si dice in campagna elettorale non viene poi necessariamente applicato una volta che le urne sono state rimesse negli armadi e vien il momento delle azioni concrete.
C’è sicuramente della verità in questo, ma non dobbiamo dimenticare che i politici con il loro discorso pubblico contribuiscono a educare/diseducare l’opinione pubblica e poi per retroazione ne vengono influenzati. Se per esempio si continua dire che l’Unione europea è causa dei nostri mali come si fa poi a convincere gli elettori che
si debbono accettare le decisioni prese a Bruxelles? Per il buon funzionamento della democrazia quello che vien detto nelle campagne elettorali non è dunque da sottovalutare.
Vediamo dunque che cosa dicono i partiti della attuale coalizione di governo che poi, attraverso la presenza della premier nel Consiglio Europeo, istituzione cruciale della UE, avranno un peso rilevante nelle scelte europee. Esaminando i programmi dei tre partiti – Lega, Fratelli d’Itala e Forza Italia – si resta innanzitutto colpiti dalla divergenza dei titoli di testa: “Più Italia meno Europa” della Lega, “l’Italia cambia l’Europa” di Fratelli d’Italia e “Con
noi al centro dell’Europa” di Forza Italia.
Da un’Europa che viene considerata un danno da ridurre per il paese, a un’Europa che stenta ad avere la sufficienza (ed avrebbe bisogno dell’Italia per superare la soglia) a un’Europa che invece ha un’immagine più positiva. I contenuti dei programmi confermano poi la sintesi dei titoli. Nel programma della Lega viene contestata la deriva accentratrice dell’Unione, si difende il voto all’unanimità e l’accento è messo prevalentemente su un roll back delle principali politiche europee degli ultimi anni nei settori della sostenibilità ambientale, delle regolazioni del mercato, delle politiche finanziarie, viste essenzialmente come ostacoli alla crescita e alle politiche nazionali (italiane). La Lega si oppone anche allo sviluppo di un esercito europeo. Poiché però il programma chiede più aiuti per tecnologie innovative, agricoltura, pesca, difesa dei confini ed altri settori ci si chiede come questo sia possibile con meno Europa e senza dire nulla sul bilancio europeo.
Se passiamo a Fratelli d’Italia, cioè il partito più importante della coalizione, dopo l’affermazione di volere un’Europa “gigante politico con un ruolo da protagonista sullo scenario internazionale” si indica il “modello confederale” come quello da seguire. Un interessante ossimoro perché nessun modello confederale ha mai prodotto un gigante politico.
Cosa comporti veramente questa affermazione apre più di una perplessità, ulteriormente accresciuta nel momento in cui subito dopo si parla di “alleanza tra nazioni sovrane”. Poiché l’Unione Europea è ormai andata ben oltre questi modelli ci si chiede quale marcia indietro si intenda compiere. Per esempio, quando si parla delle competenze che
dovrebbero essere proprie di questa “alleanza” si inseriscono la difesa dei confini e la politica migratoria ma si dimenticano per strada la politica monetaria, la politica industriale (che tutti oggi auspicano), la politica della transizione ambientale, dell’innovazione tecnologica e digitale.
Se poi però si va avanti nel programma si trova che in tanti settori (industria, agricoltura, sanità, famiglia e natalità, crescita economica, indipendenza industriale, intelligenza artificiale, protezione dei confini, capacità di difesa, priorità all’Africa, fonti energetiche) si richiedono risorse europee. Anche qui nulla viene detto su come reperire
questi fondi: il tema del rafforzamento del bilancio europeo rimane del tutto assente.
Sbadatezza, incoerenza? O forse il piede in due staffe: la bandiera della confederazione e della lotta al super-stato per non perdere la patente di partito critico dell’Europa attuale, e poi il realismo (da non sbandierare troppo per non scoprirsi a destra) di chi sa che per affrontare i problemi maggiori del proprio paese la sovranità nazionale ha le gambe corte e si deve ricorrere alla solidarietà europea.
Forza Italia è l’unico dei tre partiti che rivendica con un certo orgoglio quello che è stato fatto finora dall’Unione, in quanto guidata dal Partito Popolare Europeo. E il programma punta al rafforzamento delle politiche europee in molti
settori, dalla politica estera e di sicurezza, alle politiche industriali, energetiche, della ricerca, familiari, sanitarie, agricole, di cooperazione con l’Africa.
Si ripete però ancora una volta il silenzio completo su come le risorse per queste attività possano essere sostenute: nuove risorse fiscali europee, debito comune? Nulla su questo. Si propone però l’introduzione del voto a maggioranza qualificata (siccome questo esiste già da tempo per molti ambiti dipolitiche – ma forse FI non lo sa – si dovrebbe parlare di estensione!) e poi il “premierato europeo”, cioè l’elezione popolare diretta di un Presidente dell’Unione che sostituisca il Presidente della Commissione e il Presidente del Consiglio Europeo.
I tre cavalli della troika governativa italiana tirano dunque in diverse direzioni sulle questioni europee fondamentali anche se magari vanno d’accordo nella difesa dei concessionari balneari dalle ingerenze europee. Nel Parlamento Europeo si divideranno, meno chiaro è quale sarà la posizione che l’Italia terrà nelle scelte importanti che si faranno nel Consiglio Europeo, dove Meloni dovrà fare una sintesi tra le posizioni dei partiti che la sostengono e
confrontarsi con gli altri capi di governo.
Maurizio Cotta