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L’Unione Europea
Il vincolo associazione che caratterizzava il Medioevo, in grado di conciliare mirabilmente unità e pluralità in una sorta di protofederalismo merita oggi di essere riscoperto e applicato nel funzionamento della società globale e dell’Unione Europea e che può costituire, di fronte all’odierna crisi, un’ancora di salvezza. Occorre riscoprire un’alternativa alla dinamica degli stati nazionali che sembrano aver fatto il loro tempo dinanzi ad un mondo sempre più vasto ed aperto al cambiamento nel quale la logica politica non è più quella dello stato sovrano; tale logica piuttosto sembra sostituita da quella paritaria del confronto e dell’alternativa che è insita nell’idea federale anch’essa, guarda caso, risalente nelle sue forme arcaiche alla realtà protofederale del Medioevo.
Si tratta di mettere in pratica quell’idea che, saggiamente, i nostri Padri costituenti avevano inserito nei principi fondamentali della Carta, in quelli cioè che raccolgono lo spirito più autentico , formatosi nel tempo e nella storia, della nostra realtà sociale e nazionale.
È un principio che ispira la nascita e l’evoluzione dell’Unione Europea, ma che non trova ancora piena attuazione. Esso risale ad Altusio, giurista medioevale il cui pensiero appare di grande interesse per capire il ruolo, l’importanza e la dinamica feconda che può oggi essere costituita dalla comunità locale.
Il principio di cooperazione e quello di sussidiarietà, principi di antica derivazione, sui quali lo stesso Althusio aveva costruito la sua organizzazione politica, ispirata alla simbiosi tra le consociazioni, nello studioso calvinista permettono di risalire in perfetta armonia dalla più piccola forma associativa al più grande aggregato politico, in una fitta rete di interrelazioni tra le varie comunità e corporazioni – ciascuna portatrice delle proprie istanze e depositaria delle sue competenze..
Oggi tutte le forme di organizzazione politica federale, compresa l’Unione Europea, si fondano sul basilare fattore della cooperazione. La rilevanza essenziale della persona e il valore della solidarietà conducono a forme di interazione, nella quali i gruppi coordinano i loro sforzi, in un progetto articolato per raggiungere comuni obiettivi. Il principio di cooperazione non può non basarsi, come già illustrato, sull’uguaglianza dei diritti e sulla pacifica risoluzione delle controversie; la composizione dei conflitti si raggiunge tramite l’accordo delle parti, scongiurando così il pericolo dell’imposizione della volontà del più forte. L’attuale ordinamento istituzionale della Repubblica Elvetica è considerato un esempio di tal genere[1] perché sostituisce alla sovrapposizione gerarchica dei livelli un sistema di coordinamento flessibile di rapporti; quest’ultimo, all’interno della concertazione multidimensionale, riesce a combinare efficacemente le due forme cooperative, quella orizzontale e quella verticale, rispettivamente concernenti la materia di competenza cantonale e quella di competenza confederativa.
Il federalismo cooperativo non può in ogni caso prescindere dal principio di sussidiarietà, caldeggiato ed incarnato, a livello locale, proprio da quell’associazionismo di cui parlavo nella descrizione dell’esperienza avuta con ‘Fare rete per il bene comune’; la sussidiarietà consente quindi l’attribuzione di competenze a livello superiore se e solo nella misura in cui l’organo inferiore non adempia alle sue funzioni.
Tale principio affonda nell’antichità le sue radici. Esso, prima ancora che un elemento organizzativo del potere, è principio antropologico perché esprime una basilare concezione dell’uomo e della società; in tale concezione l’individuo nella sua umanità – sia come singolo che nel contesto interrelazione – diviene il fulcro dell’ordinamento giuridico.
Oltre al primato della persona rinveniamo alla base del principio di sussidiarietà la tutela del valore della libertà individuale e del principio del libero mercato; si tratta di concezioni di tradizione liberale, cui si associano i valori tipici degli assetti federali fondati sulla democrazia, sul principio di tutela delle minoranze e sul riconoscimento di autonomia alle stesse; l’idea federale pone il pluralismo all’interno di una visione globale dei rapporti politici che tende a limitare l’intervento dello Stato, rispettando le sfere privatistiche e l’iniziativa individuale. Possiamo pertanto ipotizzare che la tutela di tali valori abbia effettiva garanzia solo in un ordinamento politico costruito intorno all’idea ‘personalista’, cioè attorno al rispetto della dignità e della libertà individuale; si tratta di un ordinamento in cui lo Stato, in quanto organizzazione politica, è al servizio della persona, sia nella sua sfera singolare che nell’ambito interrelazione. Si delinea in queste pagine l’immagine di un ente pubblico servitore della collettività, che si spoglia della sua veste di accentratore per dar spazio alla iniziativa libera del singolo e di quelle associazioni, di quei gruppi sociali che sono portatori di interessi diffusi.
Sussidiarietà verticale e orizzontale
Fornendo una prima applicazione a livello istituzionale del principio di sussidiarietà, Althusio distingue, con considerazioni sorprendentemente vicine a quelle che ispirano oggi le nostre organizzazioni federali e sopranazionali, tra sussidiarietà verticale e orizzontale. Troviamo attualmente diversi concreti esempi del funzionamento e dell’applicazione dei suddetti criteri, a partire dalla Confederazione Elvetica, attraverso gli Stati Uniti d’America, fino all’Unione Europea a agli organismi di estensione mondiale ( ONU, NATO etc).
Oggi, nell’attuale processo dell’integrazione europea, il federalismo rappresenta una questione centrale nel dibattito giuridico-politico sul futuro assetto e sul concreto funzionamento dell’Unione. Il principio di sussidiarietà ha trovato sanzione solenne all’interno del diritto comunitario con l’art. 3 B del trattato di Maastricht; esso costituisce elemento regolatore di due pieni reciprocamente intersecatisi e suscettibili di armonizzazione; si tratta del coordinamento tra le funzioni attribuite, a vari livelli, agli organi della Comunità con i compiti adempiuti dagli stati membri e dai poteri locali dei singoli paesi. Il criterio in questione è connesso all’efficacia prodotta dall’azione intrapresa: in base alla valutazione di tale efficacia l’azione comunitaria si rende necessaria quando risulta proficua a fronte di un’attività carente o inadeguata da parte del Paese membro. La sua introduzione discende dalla profonda esigenza di produrre mediazione rispetto a “quello che a molti pare come qualcosa d’inconciliabile: l’emergere dell’Europa unita e la fedeltà alla nostra nazione, alla nostra patria; la necessità di un potere europeo, all’altezza del nostro tempo, e l’imperativo vitale di conservare le nostre nazioni e le nostre regioni come luogo di radicamento” [2]
E’ con il trattato di Maastricht che la concreta attuazione, l’operatività effettiva di questo principio trova conferma e fondamento sul piano della costituzione materiale; si pongono così le basi affinché esso permei i futuri sviluppi dell’integrazione europea, alla stregua di vero e proprio principio fondamentale, di elemento costitutivo attorno al quale si struttura l’intera organizzazione dell’Unione Europea.
Già nel penultimo punto del preambolo al Trattato, gli stati membri si manifestano “decisi a portare avanti il processo di creazione di un’Unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa in cui le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini conformemente al principio di sussidiarietà”. Peraltro, secondo l’orientamento di parte consistente della dottrina, tale disposizione delinea i criteri interpretativi in base ai quali va letto l’art. A (ora art. 1 Trattato U.E..) secondo comma, che afferma: “il presente Trattato segna una nuova tappa nel processo di creazione di un’unione sempre più stretta fra i popoli dell’Europa, in cui le decisioni siano prese nel modo più trasparente possibile e il più vicino possibile ai cittadini”.
Gli esempi appena citati mostrano con certezza che nella normativa comunitaria non mancano riferimenti autorevoli al principio di sussidiarietà; esso viene esplicitamente consacrato dal secondo comma dell’art. 3 B (poi art. 5 Trattato C.E., ora art. 5 Trattato sull’Unione Europea) che così recita: “la Comunità interviene, secondo il principio di sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli stati membri e possono, dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere realizzati al meglio a livello comunitario”.
Vincolo associazionale e sussidiarietà nella Costituzione della Repubblica italiana
All’interno della Costituzione della Repubblica il principio di sussidiarietà, riconosciuto dalla riforma del titolo V con legge n. 3 del 18 febbraio 2001, ispira i rapporti e la ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni, Enti territoriali e locali E ‘opportuno rilevare l’importanza di tale principio in relazione alla edificazione di un sistema statuale ispirato alla cooperazione e fondato sulla centralità del vincolo associazionale.
Come già detto il principio di sussidiarietà riguarda, in generale, i rapporti tra i diversi livelli territoriali di potere e comporta quindi che l’attività pubblica sia attuata dagli enti operanti sul territorio più vicino al cittadino che meglio dovrebbe conoscere e più efficacemente agire in suo favore; d’altro canto le funzioni vengono attratte dal livello territorialmente superiore solo qualora questo sia in grado di svolgerle meglio di quello inferiore.
E’ questo il principio della sussidiarietà verticale introdotto insieme a quello di differenziazione e di adeguatezza con la citata riforma costituzionale n. 3/ 2001 . L’art. 118 così recita: “ Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. . . . Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà”.
Ma l’aspetto che più ci interessa, in relazione all’importanza delle forme associazionali nella realizzazione di un organismo politico-sociale di carattere autenticamente plurale e pluralista, è il comma 4 che introduce un principio di sussidiarietà in senso orizzontale ovvero riguardante i rapporti tra lo Stato – inteso come insieme dei pubblici poteri – e le formazioni sociali di cui al citato art. 2 Cost.
L’applicazione di tale principio ha valenza rivoluzionaria nel momento in cui riconosce l’importanza cardinale dei privati, singoli o associati, nella promozione e nello svolgimento di attività di interesse generale, conferendo loro ampia autonomia nella realizzazione di progetti così orientati. L’intervento degli Enti pubblici, dunque, si pone in secondo piano, si ritrae in favore dell’iniziativa dei cittadini che divengono protagonisti dell’articolazione di una comunità consapevole, a misura dei propri bisogni. Tale previsione costituzionale incoraggia perciò il vincolo associazionale, la costruzione di nuove alleanze libere e creative, il cooperativismo. Esso è preceduto dall’art. 4, comma 3, lett. a) della legge Bassanini n. 59/1997 che prevede già il principio di sussidiarietà favorendo l’assolvimento di funzioni e compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità.
Naturalmente l’att. 118 va inteso in sintonia con lo spirito della riforma costituzionale e, dunque, senza che sia necessario un atto normativo di autorizzazione da parte dei pubblici poteri più vicini al cittadino, per consentire l’iniziativa autonoma dei privati.
In questo senso intendiamo l’autonomia come principio organizzativo generale, come regola dei rapporti tra tutti i poteri pubblici e fra questi e la società civile, fondata sull’iniziativa dei singoli cittadini, gruppi o associazioni che la compongono. Si consolida così l’autonomia relazionale in base a cui tutti i soggetti che formano i nodi della rete di rapporti sono da considerare come portatori di risorse, ognuno secondo le proprie capacità e possibilità.
L’attivarsi di cittadini singoli e associati per realizzare l’interesse generale configura un’assunzione di oneri e responsabilità per fini non solo egoistici; in altri termini così come accade per l’esercizio dei ‘nuovi diritti’, così definiti, (diritto all’efficienza ed efficacia dell’azione amministrativa pubblica) anche nella realizzazione del criterio di sussidiarietà orizzontale i cittadini mirano a realizzare un interesse che è, al contempo, di carattere personale e di carattere solidale
Sul piano giuridico la portata radicalmente innovativa di tale disposizione comporta che un atteggiamento ostile o anche solo attendista da parte dei pubblici poteri nei confronti dell’iniziativa civica integra violazione di un principio costituzionale ormai chiaramente sancito dall’art, 118. Sul piano dell’efficacia e dell’efficienza dell’azione è evidente come l’iniziativa di singoli, associazioni o gruppi costituisca una risorsa preziosa ed insostituibile per la realizzazione, mediante la collaborazione con gli Enti preposti, di un interesse collettivo, sempre più commisurato ed adattato alle effettive esigenze locali.
Annarita Innocenzi
[1]cfr. S. Imhoof, ‘Rèflexions su le fèdèralisme suisse’, in Supplèment de << Eef>>, n. 6 1979, pgg. 43-64)
[2]Delors J. , ‘Riconciliare l’ideale e la necessità’, in ‘Il nuovo concerto europeo’, Milano1993, pg.297