L’esperienza vissuta attraverso il contatto con l’Associazione “FareRete Innovazione Bene Comune APS” ha avuto per me un significato speciale. Ho infatti potuto constatare, devo dire con un certo stupore, che l’attività di tale associazione si propone e si impegna proprio nella realizzazione pratica di quelle finalità che io ho sempre caldeggiato nei miei scritti e nella mia attività di docente ma di cui in realtà non avevo mai avuto occasione di fare sperimentazione sul campo. In altri termini le mie teorie e, conseguentemente, i miei scritti si sono in sostanza allineate su quella che è una concezione antropologica, o meglio una sorta di nuovo umanesimo, all’interno del quale ho promosso le teorie personaliste denunciando l’individualismo delle società odierne e la sua perniciosa tendenza al nichilismo: ciò in un aggregato che ha inteso la globalizzazione piuttosto come appiattimento che arricchimento di valori e culture diverse e che si è allontanato dall’alveo della comunità, dimenticando la sua valenza molteplice dal piano psicologico a quello sociale, economico e politico.
Incontrare con l’Associazione “FareRete Innovazione Bene Comune APS, è stata una di quelle sorprese, di quei doni che la vita a volte ti riserva, magari proprio quando meno te lo aspetti. Così ho potuto confrontarmi con qualcuno che, pur con formazione ed esperienze diverse, condivideva le mie idee e la mia visione del mondo, non solo, ma aveva avuto l’ardire di provare a metterle in pratica, a tradurle in termini operativi. Sostenitrice come sono delle idee di quel grande filosofo dell’Età scolastica, Tommaso d’Aquino, che propugnava il bonum commune, tanto da erigerlo a pietra fondante dello Stato da lui voluto, padre del primo costituzionalismo della storia, fecondo pensatore dalle cui riflessioni sarebbe emerso un giusnaturalismo destinato a giungere, attraverso i secoli fino ad oggi, ritengo che occorre sostenere la centralità dell’uomo e della sua dignità in un assetto politico ove giustizia e valori umani siano essenziali.
Certamente la società di oggi è complessa, fatta di una fitta rete di interrelazioni, aperta al confronto tra culture diverse, destinata a rapportarsi con una modalità competitiva che spesso mercifica e aliena l’individuo, annichilendone la dimensione umana: Il fine del profitto in un assetto sempre meno cooperativo e solidale sembra aver sposato il motto hobbesiano ‘homo homini lupus’ e propone anche l’uomo come merce di scambio.
E’ veramente causa di stupore e di apprezzamento il fatto che, per caso, per una di quelle opportunità che non cerchi, non ti aspetti – ma che ti vengono offerte dalla vita – incontri qualcuno che non solo la pensa come te, ma che ne fa il proprio scopo di impegno sociale ed imprenditoriale.
Man mano vengo così a contatto con un’associazione che vuole incarnare, nel mondo di oggi, quel fine già propugnato dal grande filosofo Tommaso d’Aquino nel lontano Medioevo e confermatosi come criterio equo ed ordinatore della società fino ai nostri tempi: si tratta del ‘bonum commune’ allora, ‘bene comune’ oggi. Ma oggi è più difficile di allora perché l’uomo di oggi è disperatamente solo pur nella quantità notevole di contatti cui può accedere, contatti però che mancano dell’autenticità della relazione, privi di quella modalità comunicativa che non può limitarsi al mondo virtuale e che non si appaga nemmeno della parola, del semplice linguaggio ma che necessità di un rapporto più profondo: esso affonda le sue radici in quel senso della comunità che era ben noto e vissuto concretamente nel Medioevo, pur nei limiti di una società senza Stato e senza primato del diritto positivo.
L’individuo di oggi è esposto ad un differimento di senso, ad uno smarrimento della propria dimensione relazionale, è, in realtà, solo pur in un mondo molto popolato e non riluttante ad una molteplicità di contatti, seppur spesso superficiali e inappaganti.
L’associazione “FareRete Innovazione Bene Comune APS” si propone dunque di sviluppare quella dimensione associativa che conduce al bene comune che raccoglie i bisogni del territorio e li traduce in proposta operativa, si fa portavoce di necessità spesso inespresse ma non per questo meno intense. Essa dà voce a chi non la ha perché non sa dire, oppure non conosce, non è pratico della rete dei servizi sul territorio, ignora la distribuzione delle competenze degli enti pubblici.
Molte sono le attività dell’associazione in questione ma soprattutto vivo è il suo entusiasmo per quello che considera un fine prioritario e per la cui realizzazione è disposta ad impegni spesso onerosi eppur gratuiti.
L’associazione è fonte di frequenti nuove proposte orientate al fine prescelto, organizza convegni, incontri, attività apprezzabili
L’esperienza con i percettori di reddito
Recentemente ho avuto esperienza di partecipazione al progetto realizzato per i percettori di reddito di cittadinanza che è stato scelto tra tanti presentati nel Comune di Roma al fine di svolgere un’attività di formazione a favore dei percettori – Progetti utili per la collettività PUC per beneficiari RDC del Municipio XIII di Roma, I edizione giugno-dicembre 2021 ma ancora in corso -con il rinnovo gennaio – maggio 2022.
È stata un’esperienza estremamente formativa, inattesa, soprattutto per me che, avendo dedicata la vita alla docenza pensavo di avere ormai un vissuto abbastanza ricco, tale da non poter essere più stupita dall’incontro con persone in formazione.
Invece. . . Come ho già avuto modo di osservare in un mio recente scritto “il mio incontro con i percettori di reddito ha costituito per me un’esperienza unica. Docente da vari decenni, così segnata dalla deformazione professionale che le persone che mi incontrano, per la prima volta, indovinano immediatamente quale sia il mio mestiere, abituata da quando avevo 15 anni, a relazionarmi con bambini, ragazzi ed adulti, nella veste di formatrice, per la prima volta mi sono sentita spiazzata davanti ai miei ascoltatori.
Ciò mi ha stupito. Perché tutto questo? Me lo sono chiesto e ho cercato una risposta. No, non è perché non mi sentivo all’altezza del compito affidatomi.
Mi piace il mio mestiere, l’ho scelto per vocazione e l’ho sempre fatto con piacere e con la soddisfazione di confrontarmi con un’umanità diversa, giovane, sempre affascinante nella sua varietà. Ho imparato molto dai miei studenti e spero di essere stata utile alla loro formazione. Eppure, stavolta provo sensazioni nuove, stavolta è diverso.
Le attività associative
Sempre più mi affascina l’attività di questa associazione che davvero si impegna a promuovere il bene comune con interventi diversi, con proposte creative. La necessità di crea un Centro Studi, un incentivo volto ad orientare e supportare il sistema e le imprese oltre a voler sviluppare idee e progetti necessari ai processi di evoluzione e sviluppo a livello nazionale.
Un Centro studi – Osservatorio, con l’intento di contribuire a creare una risposta efficace alla sfida delle complessità, muovendosi nella consapevolezza che viviamo in sistemi aperti nell’ambito della globalizzazione economica e finanziaria con le emergenti situazioni della comunicazione multimediale, dell’immigrazione, delle interrelazioni sociali e culturali tra etnie, territori, comunità locali. Un Centro che si propone di raccogliere e integrare le diversità, affrontare e risolvere i problemi locali in chiave progettuale piuttosto che episodica e frammentaria.
L’attività dell’Associazione parte dalla constatazione del dinamismo con cui evolvono i bisogni dei cittadini, sempre più articolati e complessi, il che rende più complessa la gestione stessa delle cose. Ritiene però che la complessità possa anche ritenersi un fattore di qualità della composizione sociale, una ricchezza in termini di opportunità di scambio e di relazione tra cittadini, dentro e fuori la comunità locale
L’Associazione “FareRete Innovazione BeneComune APS” si confronta con la realtà sociale proponendo con un Centro studi l’osservazione diretta dei fenomeni socio-politico- economici provenienti da operatori qualificati nel settore sociale – sociologi, assistenti sociali, operatori di associazioni di volontariato, esponenti di comitati di quartiere etc. – e di testimonianze dirette comunque ricevute insieme a rilevazioni di particolari criticità.
Propone di avviare uno sportello di ascolto aperto ai cittadini per offrire loro l’opportunità di segnalare tempestivamente questioni emergenti di rilievo collettivo. Promuove dibattiti su temi di attualità politico-economico-sociale, mediante la costituzione di appositi tavoli di confronto. Si pensa all’ istituzione di corsi di promozione della cittadinanza attiva volti a stimolare la partecipazione consapevole dei cittadini alla valorizzazione del bene comune. Ad esempio i percettori prima dell’esperienza con l’Associazione ‘FareRete’ non avevano avuto l’opportunità di godere di una formazione adeguata, che sappia unire teoria e pratica, in un impegno indirizzato verso una professionalità più ampia e valida, non avevano usufruito di una formazione capace di dare spazio a quelle buone pratiche di civiltà che costituiscono una cittadinanza attiva e responsabile, che sanno indirizzare verso l’idea di bene comune: tale idea dovrebbe essere patrimonio condiviso della società e rappresentare anche il benessere di ciascuno.
Superato il disorientamento e l’individualismo iniziale, grazie alla formazione, i percettori sono divenuti consapevoli della centralità della comunità e della relazione nell’approccio sociale, politico, economico
Pluralismo e comunità
Proprio la centralità della comunità si conferma nell’importanza che il principio del pluralismo assume nella nostra Costituzione tanto da essere elevato a principio fondamentale : “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come singolo sia nelle formazioni i sociali ove si svolge la sua personalità e richiede l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale” Il principio enunciato tra quelli fondamentali della nostra Carta costituzionale ci riporta prepotentemente all’essenza del nostro essere uomini, all’insopprimibile riconoscimento di diritti inviolabili che costituiscono e tutelano le innumerevoli possibili manifestazioni della personalità.
Nessuna distinzione traccia l’art. 2 tra uomo e cittadino, come poi farà invece l’art.3 nell’attribuzione della pari dignità e dei pari diritti, articolo dove l’applicazione del principio è limitato ai cittadini e non si estende all’intera genia umana. L’uomo, in quanto tale, per sua stessa natura, gode dell’ineliminabile diritto alla vita, all’onore e alla dignità, alla tutela della propria integrità fisica e psichica, alle mille possibili applicazioni del diritto di libertà che verranno enunciate nei successivi articoli. dal 13 al 21 con riferimento alla libertà personale, all’inviolabilità del domicilio, alla segretezza della corrispondenza, alla libertà di circolazione, riunione, associazione, alla libertà religiosa, alla libera manifestazione del pensiero.
Ma l’uomo tratteggiato dall’art. 2 gode anche del riconoscimento del ‘diritto al pluralismo’, un diritto spesso oggi ignorato o sminuito in un’epoca in cui l’omologazione voluta da modelli imposti in una società globale appiattita e non di rado disumanizzata e mercificata ignora le diversità e lo spirito sociale dell’uomo. Lo spirito sociale di cui parlo è quello di antica memoria, quello aristotelico o tomistico, che consentiva il perfezionamento e la realizzazione umana all’interno dell’associazione di appartenenza.
Non mi riferisco dunque a un semplice inserimento dell’individuo nel gruppo, inserimento che spesso categorizza il soggetto e sacrifica le diversità e la varietà delle attitudini individuali in nome di una limitante omologazione, impedendo di fatto l’esplicazione piena delle doti e caratteristiche individuali, penalizzate dal profitto o dell’accettazione del gruppo. Lo spirito autentico dell’art. 2 è quello che emerge dall’esame letterale delle parole usate dai Padri costituenti: la tutela, cioè, dell’individuo sia come singolo sia nelle formazioni sociali in cui ‘si svolge la sua personalità.’
Quella frase, ‘si svolge la personalità’, la dice lunga sul senso pieno dei termini usati, sulla rivalutazione di quella forza associazionale che è la molla del progresso sociale e, allo stesso tempo, il riconoscimento dell’insopprimibile natura dell’individuo, volta alla socialità e incline a manifestarsi pienamente e al meglio delle proprie attitudini in un contesto relazionale. Dopo il mortificante periodo della dittatura, quando all’uomo era negato il riconoscimento della libera manifestazione del pensiero e la libertà associazionale, riconosciuta solo all’interno delle istituzioni corporative, la Carta fondamentale dello Stato ha voluto elevare un inno al principio associazionale e a quello, subito dopo enunciato nello stesso articolo della ‘solidarietà economica, politica e sociale’.
Purtroppo, l’odierna società sembra aver ignorato o quantomeno trascurato tale invito in nome di una mortificante omologazione dei modelli umani, di una sorta di ‘nuclearizzazione’ dell’uomo e della famiglia posti dinanzi ad una drammatica alternativa: la solitudine e l’isolamento o l’inserimento a fortiori in uno schema sociale ‘preconfezionato’ e spesso ispirato purtroppo dal principio di accumulazione del profitto e di mercificazione umana. Il numero elevato di suicidi, i casi di violenza individuale e collettiva sono certamente favoriti dal mancato riconoscimento dell’individuo all’interno di una comunità che sappia accoglierlo.
La nostra interpretazione dell’epoca della globalizzazione va dunque rivisitata se vogliamo una società organizzata in vista dell’uomo e non un uomo asservito al Dio del lucro. Non possiamo intendere l’epoca in questione come un fatto meramente economico, caratterizzato dallo spietato principio della concorrenza che mette individui e Stati l’uno contro l’altro, che ci espone drammaticamente alla concorrenza dei paesi del terzo mondo, che permette ad uomini e donne in nome di un falso benessere di lasciare la propria terra e la propria famiglia e comunità di appartenenza. per rincorrere l’illusione di un falso miglioramento delle proprie condizioni. La possibilità di garantire un esito positivo alla globalizzazione a al futuro della stessa Unione Europea passa per la riscoperta della fecondità del vincolo associazionale e del principio di sussidiarietà che è alla base della costituita e costituenda Unione Europea e che risale al Medioevo, a S. Tommaso, al medioevale Altusio, che appartiene alla risalente dottrina sociale della Chiesa e che, oggi, nella drammaticità della crisi attuale, non siamo stati capaci di riscoprire.
Un ammaestramento grande ci viene dunque dal passato ed in particolare proprio da quel Medioevo che è stato a lungo relegato nel dimenticatoio e considerato un’epoca oscurantista, in cui la natura dell’uomo veniva avvilita da paure e superstizioni. Solo i tempi più recenti hanno reso giustizia a tale epoca, bollata come età transitoria, appunto Medioevo, confinata tra gli splendori dell’antica Roma e la fioritura di studi classici e di arti ripresa nel Rinascimento. (Segue)
Annarita Innocenzi