Il Presidente del Forum delle associazioni familiari, Adriano Bordignon, ha scritto la seguente lettera ai ministri Giorgetti e Roccella per lamentare lo scarso impatto della manovra varata dal Governo per quanto riguarda le politiche a favore delle famiglie
Gent.mo Ministro dell’Economia e delle Finanze,
il Forum delle associazioni familiari come di consueto segue con particolare attenzione la sessione di bilancio, data la fondamentale importanza della manovra finanziaria per le famiglie italiane.
Negli ultimi mesi abbiamo apprezzato lo sforzo di Governo e Parlamento per intervenire a favore delle famiglie e della natalità, ci riferiamo ad esempio alla riforma fiscale in via di definizione e ad altri provvedimenti di impatto per le famiglie. Dello stesso segno positivo sono numerose dichiarazioni di esponenti della maggioranza di Governo e di membri del Governo stesso sulla necessità di incidere sulla qualità della vita delle famiglie italiane, che sono a tutti gli effetti il pilastro su cui si reggono lo sviluppo umano, la coesione sociale, lo sviluppo economico e ogni opportunità di crescita del sistema Paese.
Tuttavia, anche tenendo conto della situazione di sostanziale stallo dell’economia nell’eurozona e dell’elevata pressione finanziaria indotta dall’aumento del tasso di inflazione, che ha pesanti ricadute sui conti dei Paesi UE, dobbiamo registrare uno scarso impatto delle disposizioni di politica familiare inserite nel disegno di legge di bilancio attualmente in esame presso il Senato della Repubblica.
È certamente apprezzabile l’incremento dell’aiuto alle famiglie per il pagamento delle rette per gli asili nido, in linea anche con gli ‘obiettivi di Barcellona’, confermati dal Consiglio europeo nel novembre 2022. Altresì è un ottimo segnale l’innalzamento del limite Isee per poter beneficiare della misura.
Va però sottolineato come le politiche familiari debbano essere innanzitutto universali, per cui qualsiasi limite (di reddito, di struttura familiare etc.) ancorché generoso sia da ritenersi problematico. Inoltre, esse devono essere strutturali e – trattandosi di investimento sul futuro del Paese – ampie e munifiche.
È dunque nostra convinzione che la norma di cui all’art. 35 del disegno di legge n. 926 atti Senato meriti di essere resa davvero universale, anche nel rispetto dei limiti di bilancio stabiliti. Auspichiamo, su questo, anche un incremento delle risorse, perché il costo medio del nido sugli 11 mesi è spesso significativamente superiore a 3600 euro.
Altrettanto apprezzabile è la disposizione relativa ai congedi parentali di cui all’art. 36. Si tratta di un doveroso passo verso una maggiore corresponsabilità genitoriale, cui va però affiancato un percorso di diffusione della cultura dell’armonizzazione tra vita lavorativa e vita familiare ad oggi assente nella maggior parte del tessuto produttivo nazionale, anche con riferimento alla piena parità tra genitori lavoratori.
Quello della conciliazione è un tema di grande attualità che dovrà necessariamente essere affrontato in tempi brevi con adeguate misure, anche di carattere legislativo e fiscale e con adeguato finanziamento. Il rilancio della natalità in Italia non può infatti prescindere da un nuovo equilibrio tra tempi di lavoro, tempi delle città, e dovere costituzionale dei genitori di educare e istruire i propri figli. Si può dire che accanto all’aspetto fiscale/economico quello della conciliazione e della condivisione dei compiti di cura è l’altro grande pilastro su cui rilanciare la natalità.
Un’interessante novità è data dall’art. 37 relativo alla decontribuzione delle lavoratrici con figli. È una delle poche volte in cui con una disposizione normativa si riconosce il ruolo specifico della madre lavoratrice e l’alto rilievo sociale della maternità. Va però evidenziato che – come già osservato in precedenza – in tema di politiche familiari, come quello in oggetto, gli interventi devono essere universali strutturali e generosi affinché la norma possa perseguire appieno la finalità per cui è stata creata. Nel caso in questione purtroppo sono assenti sia il requisito dell’universalità sia della strutturalità. La riduzione temporale della sperimentazione al solo 2024 ne riduce essenzialmente la qualità e la portata.
Le modifiche sopraggiunte negli ultimi giorni non vanno certamente nella direzione auspicata, così come anche l’esclusione dalla misura delle lavoratrici autonome e precarie. Segnaliamo che l’equiparazione tra lavoratori dipendenti e autonomi è stata già introdotta con riferimento alla disciplina dell’assegno unico universale: per una sorta di analogia e coerenza anche in sede di manovra finanziaria 2024 si sarebbe dovuto e potuto procedere in questa direzione.
Infine, proprio riguardo all’Assegno Unico Universale dobbiamo purtroppo registrare un passo indietro rispetto ai segnali positivi e incoraggianti che abbiamo apprezzato negli scorsi mesi, con l’approvazione di misure migliorative ancorché limitate a determinati aspetti: il decreto-legge n. 145/2023, nell’ambito delle coperture finanziarie di cui all’art. 23, al comma 7 lett. b) stabilisce che: “b) quanto a 350 milioni di euro per l’anno 2023, mediante corrispondente riduzione, in relazione alle risultanze emerse dall’attività di monitoraggio a tutto il 30 settembre
2023, delle risorse finanziarie iscritte in bilancio ai sensi dell’articolo 6, comma 8, del decreto legislativo 29 dicembre 2021, n. 230” confluiranno in un fondo destinato all’attuazione della manovra di bilancio 2024-2026.
La destinazione dei c.d. ‘avanzi di gestione’ dell’Assegno Unico a finalità diverse da quelle sue proprie non è affatto in linea con l’obiettivo di rilanciare la natalità in Italia. Tali somme avrebbero potuto essere utilizzate per aumentare gli importi dell’Assegno o, in via eventuale, per migliorarne alcuni parametri, quali ad esempio la misura minima oggi ferma a 54 euro.
È dunque urgente che sia apportata una modifica in tal senso al decreto-legge in oggetto ed eventualmente sia introdotta in legge di bilancio una norma volta ad incrementare l’Assegno Unico, come già fatto in precedenza dall’attuale Governo. Sempre in tema di Assegno Unico non riteniamo appropriata la scelta di escludere i Btp
dal calcolo dell’Isee che ridurrà il peso della parte patrimoniale, ma solo per chi acquisti i Buoni del Tesoro. Questo stride con le esigenze reali delle famiglie perché si tratta di una rendita immediatamente vendibile in caso di difficoltà, a differenza di altri patrimoni sostanzialmente intangibili. Molto meglio sarebbe stato escludere da Isee la prima casa, che non è immediatamente vendibile. Questa scelta renderà ancora più ingiusta l’Isee che già tutte le forze parlamentari hanno riconosciuto come inadeguata. Costringerà i cittadini a rifare la dichiarazione sostitutiva e sarà un ulteriore elemento di confusione perché di fatto introdurrà una franchigia a vantaggio solo dei più benestanti che aumenterà le disuguaglianze. Restando a disposizione per un proficuo confronto, cogliamo l’occasione per porgere i nostri più cordiali saluti.
Adriano Bordignon