In politica si deve ragionare con tutti, su tutto. Ma ovviamente è importante il metodo che si segue. Oltre che sapere che gli interlocutori non sono tutti uguali. In alcuni casi, è necessario valutare la provenienza e il filone di pensiero di riferimento, oltre che la capacità progettuale e la sincerità degli intendimenti. Altrimenti, dov’è il discernimento necessario? Il generico ” noi parliamo con tutti” facilmente non diventa opportunismo o mancanza d’intelligenza politica?
Su Il Corriere della sera Antonio Tajani fa alcune precisazioni sui rapporti con Matteo Salvini e tira in ballo anche il Ppe ( CLICCA QUI ). L’intervista s’inserisce in una fase calante dei rapporti tra Forza Italia e il capo della Lega, dopo che per settimane era sembrato essere prossimi a giungere alla creazione di quella che Salvini chiama federazione e Berlusconi partito unico. Intanto, Salvini scippa a Forza Italia pezzi interi di partito, facendo ricordare le grida accorate contro i cambi di casacca …
In ogni caso, quel che accade nella Lega non è ancora chiaro tra possibili “rivolte” da parte degli altri personaggi più eminenti del partito e un Matteo Salvini che sta vivendo una fase davvero particolare. Lo si può definire “in mezzo al guado”. La nascita della “maggioranza Ursula” a Bruxelles, l’arrivo della pandemia e, soprattutto, il Recovery plan hanno mandato a rotoli piani e strategie studiate a lungo in un periodo che sembra già lontano anni luce.
La premessa si costituì quando Salvini andò in Parlamento per bastonare Conte e ne uscì bastonato. Poi, il guizzo con l’entrata al Governo con Mario Draghi, ma soffrendo per il trovarsi di fronte a un bivio dove ancora resta indeciso e in dubbio. Da una parte, la vecchia linea di opposizione che lo ha portato nei pressi del 30% dei sondaggi, la vicinanza a Vladimir Putin, il pieno inserimento nella destra; dall’altra, la possibilità di diventare un qualcosa di diverso che, però, al momento nessuno sa come potrebbe delinearsi.
La Lega, anche con Salvini, resta un partito in qualche modo “anomalo”. Nel senso che è sfuggita, e ancora sfugge, alla logica delle forze politiche italiani tradizionali. Intanto, per la sua impronta fortemente localistica, ma limitata al solo Nord. Non ha alcun retroterra storico e culturale e le sue pulsioni originarie sono solamente quelle del porsi in contrapposizione ad un assetto nazionale cui, inevitabilmente, non può essere chiesto di limitarsi, però, a farsi carico dei problemi di una sola parte del Paese. Questa contraddizione poté essere parzialmente risolta ai tempi dei governi Berlusconi riuscito nell’impresa di mettere insieme Bossi al Nord e Fini al Sud, ma con quel grosso collante rappresentato dalla sua persona e da una straripante Forza Italia. Allora, fu Berlusconi che provava a soffiar via parti della Lega a Bossi.
In ogni caso, oggi si è nella condizione di misurare il sostanziale fallimento dell’ipotesi salviniana di dare vita ad un partito di caratura nazionale, elemento ridotto alla mera presentazione di liste anche al Centro e al Sud, ma spesso non andando troppo per il sottile nella scelta della gente imbarcata. Non c’è un progetto leghista sull’Italia. Neppure una postura che indichi il superamento di quel modo molto approssimativo di fare politica che portò Silvio Berlusconi a definire Matteo Salvini “un ruspante”. Il suo rischio è quello di restare sempre e solo un comprimario.
Perché questa lunga digressione dopo essere partito dalla citazione dell’intervista di Tajani al Corriere della sera? Perché questa è l’ennesima dimostrazione che esiste la necessità nel centrodestra-destra di fare chiarezza e, soprattutto da parte di Forza Italia, decidere quale sia il senso della propria proposta politica e del ruolo che essa intende svolgere in Italia e in Europa.
Sono d’accordo con la dichiarazione di Tajani che il Ppe non è un “hotel a porte girevoli”. Proprio per questo l’ipotesi che la Lega possa avvicinarsi o, addirittura, entrare a far parte del Partito popolare europeo non si può trattare come se fosse cosa che riguardi solamente Forza Italia che non è l’unica componente italiana dei popolari del Vecchio continente.
Tajani precisa che il ragionamento “presuppone scelte chiare su contenuti e valori”, a partire da europeismo e atlantismo. Fa bene, visto che non risulta che la Lega di Salvini si sia ancora sciolta dal patto concluso con il partito di Putin qualche tempo fa. Ma oltre questo vi è la storia e l’attitudine della Lega su cui non mi pare ci sia alcuna revisione. Attenzione, dunque, che nel centrodestra non si finisca per commettere un errore simile e speculare a quello a suo tempo fatto dagli epigoni del Pci, finiti per illudersi che con una “fusione a freddo” con alcuni ex democristiani fosse possibile risolvesse i problemi legati al loro fallimento politico e storico. Né può bastare il portamento “governativo” di alcuni leghisti consapevoli del fatto che non si può proprio fare a meno di partecipare ad un governo cui spetta il compito di gestire miliardi e miliardi di euro, la maggior parte dei quali finirà alle regioni del Nord.
Quando Tajani dice che egli e gli altri di Forza Italia hanno la stessa visione di Salvini sul fisco, burocrazia e la giustizia ci rendiamo conto, appunto, di quanto sia necessario un chiarimento sulla coerenza con la partecipazione a quel percorso popolare che è, invece, da avviare in Italia e destinato a ricevere più spinta nel Ppe e in Europa. Poi un ragionamento andrebbe fatto sulla solidarietà, economica, sociale e geografica. Questioni come quelle del Mezzogiorno, delle autonomie locali e degli immigrati incalzano e non si possono dimenticare.
Giancarlo Infante