Che il Ministro Giorgetti sia soddisfatto del via libera europeo alla fusione Ita Lufthansa, in realtà una svendita vera e proprio, è più che comprensibile e condivisibile. Almeno, gli italiani non dovranno più mettere mano al portafoglio per ripianare i continui debiti della vecchia Alitalia di cui Ita è la continuatrice.
Però, è francamente eccessivo, come ha fatto il Ministro, parlare di un successo. È solo l’ultimo sigillo ad una orrenda vicenda che, in qualche modo, ci dice dell’incapacità di una intera classe politica e di una parte d’imprenditoria, quella dei cosiddetti “capitani coraggiosi” capaci solo di privatizzare i profitti e pubblicizzare i debiti. Sì, questa è la cruda realtà dell’ultimo trentennio. Grazie ad un sistema politico, ed elettorale, che ha consentito una “politica assistenziale” che c’è costata molto, ma molto di più del Reddito di cittadinanza il quale, almeno, è servito per poco tempo ad alleviare le condizioni di milioni di famiglie.
Quanti i miliardi spesi per tenere in piedi una compagnia di bandiera che ha perso l’appuntamento con la stagione del “low cost”, non ha saputo adeguatamente rispondere alla vocazione turistica italiana, ha avviato fusioni e contro fusioni, volute o sabotate, dagli interessi dei diversi politici e dai loro collegamenti internazionali?
Sotto sotto, lo scontro è stato tra chi guardava alle relazioni con la Francia e chi a quelle con la Germania. Alla fine ha prevalso quest’ultima. E la progressiva vendita a Lufthansa di Ita dev’essere considerata un ulteriore tassello di un’integrazione economica, in particolare di Lombardia e Veneto, con l’oltralpe teutonico. E’ possibile dire che, oggi, a cose fatte dopo aver distrutto la nostra compagnia di bandiera, tra le due scelte possibili questa può essere considerata la più funzionale. Ma confermando un altissimo tasso di dipendenza di cui noi dobbiamo amaramente prendere atto. E, sotto questo aspetto, da lui non citato, l’entusiasmo del leghista Giorgetti è più che comprensibile guardando agli interessi del Nord.
Comunque, altro che “Italia first”. Chiacchiere retoriche che nascondono una responsabilità diffusa, di destra, di centro e di sinistra. Con il costo totale che qualcuno ha quantificato in 13 miliardi di lire nell’arco degli ultimi 50 anni, di cui una buona parte nell’ultimo trentennio. Sì, la storia viene da lontano, ma con la Seconda repubblica ci avevano raccontato che l’Italia sarebbe cambiata. Non è stato così, in generale, per l’intero Paese e, in particolare, a maggior ragione per Alitalia- Ita. E non bisogna certo dimenticare le responsabilità del mondo sindacale che ha portato, sin dalla fine degli anni ’70, tante fascine al falò del fallimento. Pertanto, contenti di non dover più inutilmente continuare con la retorica della compagnia nazionale e dei costi conseguenti, si rifletta sul fatto che l’Italia ha bisogno di una profonda trasformazione che non può non partire dalle sue classi dirigenti, politiche, imprenditoriali e sindacali.