L’indiscutibile successo elettorale di FdI è essenzialmente, unanimemente visto e riconosciuto come un’affermazione personale della leadership di una donna che ha fatto la “gavetta”. Che non è mai inciampata nei due precedenti incarichi istituzionali, ricoperti quale esponente, “finiana”,  di An, ove era responsabile giovanile– arrivò alla Vicepresidenza della Camera giovanissima ed a seguire Ministro della Gioventù, senza peraltro brillare in alcun modo. Tutto ciò è una certezza che durerà almeno per la corrente legislatura.

Ripartendo da zero o poco più, avvalendosi soprattutto del sostegno di La Russa, Crosetto e Fazzolari, è stata indubbiamente capace e abile nel promettere (senza, finora, mantenere) cose molto popolari come l’abolizione delle accise dal prezzo finale dei carburanti o proclamare principi astratti come il triduo Dio, patria e famiglia (tutt’altro che perseguibile in concreto, data la situazione diffusa di unioni di fatto non conciliabili con i dettami della Chiesa cattolica). Secondariamente, una volta al governo ha tirato dal cappello a cilindro l’idea riformista della Costituzione sia per quanto riguarda la forma di Stato che per quella di Governo, oltre al sistema giudiziario: essa si fonda su un Premierato, unico in assoluto nello scenario europeo, che sbilancerebbe l’equilibrio tra i tre poteri dello Stato, oltre che a depotenziare sensibilmente la figura costituzionale del Capo dello Stato, relegandolo a nobile notaio della nazione.

Nel contempo, “Giorgia” ha dovuto opportunisticamente mangiare la foglia leghista, facendo buon viso a cattivo giuoco, e accettando il Ddl Calderoli che introdurrà l’autonomia differenziata o rafforzata, tanto contestata da sindaci e costituzionalisti perché il futuro impatto normativo a livello territoriale indebolirà le regioni meno evolute – dicasi Mezzogiorno e isole – ove non è affatto scontato che si riusciranno a garantire i LEP, livelli essenziali delle prestazioni, specialmente nel campo sanitario e dell’assistenza sociale.

Ora che è salita sugli altari della politica internazionale, vieppiù accompagnata dialetticamente da Papa Francesco, la multiforme e plurifunzionale Presidente del Consiglio, a capo del partito di maggioranza relativa, indiscussa a livello europeo, si troverà inevitabilmente ad un bivio: se restare fedele ai vecchi slogan e superati ideali dell’MSI, quindi anche a ciò che significa la fiamma nel simbolo del partito; oppure, se aprire l’orizzonte di FdI a valori e ideali liberaldemocratici, a finalità socio-economiche meno conservatrici, disponendosi a favore dell’adozione di politiche ambientaliste e di sostenibilità energetica, di sanità pubblica e di welfare state, queste ultime già presenti nel programma della Destra sociale di Alemanno e Storace.

Ora che è stato superato, direi abbastanza brillantemente, l’esame complessivo del G7, è auspicabile che “il Presidente” (ma superi questo tabù e si faccia chiamare tranquillamente la Presidente!) si richiami all’esempio, evocato da ogni parte in modo positivo, e al magistero sia politico che umano lasciato prematuramente da Pinuccio Tatarella il “ministro dell’armonia” che sdoganò la Destra con l’invenzione della proposta “Oltre il Polo”; riesca ad elevare e sviluppare la politica economica avviata da Mario Draghi; e si liberi di zavorre come il ministro del Turismo o quel sottosegretario alla Giustizia che è andato a finire sotto processo per violazione del segreto d’ufficio, dato che oscurano la luce dell’esecutivo!

Infine, dia una svolta alla linea di partito, orientandolo verso un modello di destra più liberale e meno sovranista, moderatamente nazionalista senza nostalgie revansciste, condannando e superando nei fatti e nei programmi tutto ciò che non è democratico, ma nostalgico e insostenibile sì da poter illuminare le menti e le prospettive dei giovani senza minimamente illudersi di un ritorno al passato, anacronistico e persino grottesco.

Potremo, così, constatare che tanto l’attività governativa e amministrativa, quanto la comunicazione istituzionale sono rivolte non più e non soltanto al proprio mondo elettorale – e con maggior attenzione ai più bisognosi, in particolare i giovani (under 35 hanno dato scarsi consensi); bensì a tutta la popolazione, senza alcuna spaccatura o discriminazione tra categorie socio-economiche, razziali o religiose. Si potrà, allora, rafforzare l’espletamento del diritto/dovere di voto, le cui percentuali non sono altro che un fallimento della democrazia, dando un giusto valore all’unità nazionale da Paese evoluto, realmente degno di far parte del G7 e quindi di una considerazione adeguata in campo internazionale al di là dei momentanei elogi per l’accoglienza e la bellezza della Puglia.

Michele Marino

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