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Giorgia Meloni e il giro del mondo

Giorgia Meloni è stata straordinariamente attiva, in questi primi mesi della sua esperienza di governo, sul piano internazionale. E questo è sicuramente un bene per il nostro Paese.

Si è accreditata come un leader autorevole ed è parsa garantire, ai suoi interlocutori, la credibilità dell’Italia, sul piano delle relazioni internazionali. Il che, va riconosciuto, non è poca cosa in un momento come l’attuale, con una guerra ferocemente combattuta a due passi da casa.

Dopo di che, il suo giro del mondo è approdato la scorsa settimana a Varsavia dove ha rinsaldato i rapporti con il premier polacco Morawiecki, capofila dei paesi dichiaratamente sovranisti. Lo stesso Morawiecki che, pochi giorni prima, a Bruxelles, con Orban, si era espressamente rifiutato di aderire a qualunque intesa sulla redistribuzione dei migranti. Intesa che la Meloni ha rivendicato come uno straordinario successo della sua iniziativa diplomatica, per quanto, fattasi carico di una mediazione con i paesi sovranisti, non avesse cavato un ragno dal buco. Ciò non di meno è corsa a stringere la mano esattamente a chi ha sabotato la sua iniziativa. E questo in vista del comune impegno a rafforzare la presenza del gruppo dei “conservatori” nel prossimo Parlamento Europeo.

Insomma, la Meloni fa l’ “europeista” a Roma e a Bruxelles e presiede la galassia dei “conservatori” cui concorrono i paesi sovranisti che, tutt’al più, concepiscono l’Europa come un possibile complemento dei loro interessi nazionali, in nessun modo come un soggetto politico titolare di proprie effettive sovranità. In altri termini, la Presidente del Consiglio – a suo dire espressamente neo-europeista – si concepisce e si muove in funzione di quell’interesse nazionale che pur rivendica e non può non corrispondere ad un rafforzamento dell’ iniziativa europea in ogni campo?

Oppure, quando parla di “interesse nazionale” sostanzialmente lo intende anche lei in chiave sovranista? In tal caso, non rischia di finalizzate l’iniziativa istituzionale che le compete in funzione di un dato di equilibrio politico che la riguarda come capo-partito piuttosto che come premier italiano?

Insomma, nell’ europeismo della Meloni persiste un lato che oscuro che il tempo si incaricherà di chiarire.

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